Sei mesi di detenzione (sospesi per un trattamento stazionario) a una 35enne che ha ferito un altro ospite dell’alloggio protetto
«Ha colpito volontariamente alle spalle con un coltello» un altro ospite dell’alloggio protetto dell’Osc di Mendrisio dove entrambi risiedono. «Ma ha voluto unicamente ferirlo, senza provocargli lesioni gravi». È questa la conclusione a cui è arrivata la Corte delle Assise correzionali di Mendrisio presieduta dal giudice Amos Pagnamenta, chiamata a giudicare il fatto di sangue avvenuto il 7 gennaio di quest’anno all’Osc. Alla sbarra è comparsa una 35enne domiciliata nel Mendrisiotto, riconosciuta colpevole di lesioni semplici qualificate (e non di tentate lesioni gravi come ipotizzato in via principale dalla procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis) e ripetuto furto (in parte di lieve entità) e condannata a 6 mesi di detenzione. La pena è stata sospesa per permettere alla donna di seguire un trattamento stazionario. Per la Corte «cercare una logica di quanto accaduto sarebbe un’impresa ardua». Imputata e vittima soffrono infatti di problemi psichici: il ferito non ha saputo fornire la sua versione dei fatti, mentre la 35enne, alla quale è stata riconosciuta una scemata imputabilità di grado medio per la sua dipendenza da steroidi anabolizzanti legata al suo passato da bodybuilder, ha sempre sostenuto che si è trattato di «un incidente».
I fatti risalgono al primo pomeriggio del 7 gennaio di quest’anno. Come riportato nell’atto d’accusa, la donna è rientrata all’alloggio di malumore dopo una riunione per un trattamento medico coatto a cui si sarebbe dovuta sottoporre. Nel corridoio ha incontrato l’uomo, disabile, ha raggiunto la sua camera e ne è uscita poco dopo con un coltello da cucina con lama liscia della lunghezza di circa 12 centimetri, che ha usato per colpirlo alla schiena, procurandogli un taglio interscapolare della lunghezza di 3 centimetri che, oltre ad avergli fatto perdere sangue, ha necessitato di un intervento medico e punti di sutura. Dopo il ferimento, la 35enne non ha chiamato i soccorsi ed è tornata nella sua camera, dove è stata trovata mentre guardava il tablet, ha pulito il coltello e si è cambiata la maglietta sporca di sangue. Cos’è, quindi, successo? «Mi è venuta fame – ha raccontato –. Ho preso il coltello, un kiwi e volevo andare in cucina per un caffè». Lungo il corridoio «ho fatto la modella, camminando incrociando le gambe, ma siccome sono ingrassata e le mie gambe sono grosse, sono inciampata e l’ho colpito accidentalmente. Non ho assolutamente voluto ferirlo: mi è dispiaciuto tanto per l’accaduto». A domanda diretta del giudice, l’imputata ha risposto di «non essere arrabbiata» con l’uomo. Mentre dalle testimonianze raccolte durante l’inchiesta è emerso che nell’ultimo periodo tra i due non correva buon sangue.
L’accusa ha proposto una condanna a 16 mesi di detenzione per tentate lesioni gravi, senza opporsi a una sospensione per consentire una misura terapeutica, considerato l’alto rischio di recidiva stabilito dalla perizia psichiatrica a cui l’imputata è stata sottoposta. «Anche se la vittima ha riportato solo lesioni semplici qualificate che hanno necessitato un intervento medico – ha sottolineato Canonica Alexakis –, quanto messo in atto è indicativo di ben altre intenzioni». La difesa, rappresentata dall’avvocato Fiammetta Marcellini, si è invece battuta per una pena contenuta in 8 mesi. «Non abbiamo testimoni ma abbiamo la scienza – sono state le parole della legale –. Scienza che ha stabilito che il colpo è stato inferto con forza moderata, difficilmente idonea a cagionare lesioni gravi».