Da settembre ad accettare la sfida sarà Andrea Stella. Da governare alle Gole della Breggia un'area riscoperta dalla popolazione con la pandemia
Si può dire che Andrea Stella respiri questo territorio da quando è nato (nel 1979 per la cronaca). Lanciarsi nell'avventura professionale di dirigere il Parco delle Gole della Breggia, quindi, ha rappresentato uno stimolo in più. Le radici della sua famiglia infatti sono ad Arogno, in Val Mara e la sua quotidianità è quella di Novazzano; dal primo settembre poi farà il pendolare fra casa e l'ufficio ricavato fra le mura del Mulino del Ghitello. Già non vede l'ora, lui geologo con alle spalle 14 anni di lavoro in tre studi ticinesi, di raccogliere una sfida che si annuncia senz'altro impegnativa. Le idee, però, le ha chiare sul ruolo e l'importanza di questo parco periurbano: si tratta letteralmente di un'oasi ritagliata da un territorio ormai molto antropizzato e chi si dibatte sempre di più fra traffico e cemento. Inutile dire che anche le aspettative dei vertici della Fondazione, guidata da Fabio Bianchi, sono elevate. In effetti, Andrea Stella è il primo direttore che si occuperà del Parco a tempo pieno (o quasi). Raccoglie il testimone da Marco Torriani, che ha lasciato l'incarico a febbraio dopo cinque anni.
Fabio Bianchi non nasconde che si tratta di una svolta importante. Grazie al maggior finanziamento incassato da quest'anno con il contributo del Cantone, dei Comuni - che sostengono l'esperienza anche al di fuori dei confini del Puc, del Piano di utilizzazione cantonale, che fa da bussola fin dall'inizio - ma pure con una parte di autofinanziamento, si potrà contare su una figura a tutto tondo. Negli anni, del resto, questo Parco, che di fatto appartiene all'intero Basso Mendrisiotto - come tiene a sottolineare Bianchi -, ha saputo farsi un nome, dentro e fuori i confini cantonali proprio per le sue peculiarità. Percorrere i suoi sentieri significa iniziare un viaggio attraverso la storia della Terra, ma anche nella natura e fra le attività dell'uomo - con il Percorso del cemento - o semplicemente concedersi una pausa nel verde, anche solo per qualche ora. Ecco che sarà strategica l'impronta che il nuovo direttore intende imprimere. Lui che sinora ha vissuto di geologia e natura, sarà qui, anticipa, per «cercare di proteggere e valorizzare il Parco e la sua natura, proponendolo in maniera sostenibile». Come dire che ci si può ricreare e rigenerare rispettando ambiente e habitat locali.
La Fondazione segue, dunque, linee guida ben definite, soprattutto ora che con la pandemia da Covid- 19 anche le Gole della Breggia sono state scoperte, fa presente Bianchi, dalle popolazioni dei paesi vicini, proprio per la loro prossimità. A questo punto, conferma il presidente, «il compito del direttore sarà quello di coniugare la frequenza dei visitatori - che si auspica elevata - con gli aspetti naturalistici da un lato e turistici dall'altro. Ci proponiamo, infatti, di promuovere il Parco a livello per lo meno cantonale e nazionale». Non a caso, si ribadisce, in questi ultimi tempi si è spinto sull'acceleratore e lavorato su temi chiave, che valgono altrettante esperienza da vivere o condividere; e al contempo si è curata la sentieristica. Fa piacere, insomma, costatare che tra i vacanzieri sulla rotta nord sud c'è chi fa tappa al Parco e che le aree di svago e pic nic sono meta di famiglie, ma rappresentano altresì la pausa pranzo alternativa di chi lavora nei centri.
In questi ultimi anni, magari, si è comunicato poco - «in futuro lo faremo di più», si annuncia -, ma ci si è pure rimboccati le maniche. Accanto alle opere di manutenzione e gestione dell'area, infatti, si sono portati avanti i nuovi itinerari - come il percorso per ipovedenti sul meandro del Ghitello -, si è rafforzata l'identità del parco con una segnaletica uniforme e riconoscibile e si sono attuati i lavori di ristrutturazione nella corte e all'interno del Mulino. Ciò che ha permesso di realizzare una terza sala nel loggiato (che si somma alla sala del Frantoio e alla Torre dei forni). Spazi che oltre ad accogliere due inquilini - Ticinowine con la casa del vino e uno studio di architettura -, a tutto vantaggio dell'autofinanziamento, attirano l'attenzione di associazioni e gruppi. «In effetti - conferma Luigi Rigamonti -, c'è un vivo interesse per gli spazi del Parco. Tant'è che le richieste sono sempre di più».
Un affetto e una attenzione che spronano a coltivare altri progetti. Sul tavolo della Fondazione ce ne sono almeno tre. Il primo, ad esempio, consolida l'intesa con i colleghi della Fondazione che sovraintende al Parco della Valle della Motta: «Ci ripromettiamo - fa sapere Bianchi - di collaborare maggiormente con i nostri vicini». Del resto, si annota, questo è il momento «propizio» per iniziative comuni ed eventi. Nei piani, aggiunge il presidente, c'è anche la «valorizzazione dei ruderi del Castello di Castel San Pietro. Al momento - informa - sono in corso degli studi preliminari: questo è un punto su cui vogliamo insistere nei prossimi anni». Non da ultimo, si sta coltivando l'idea di realizzare, così come suggerito dal Programma di agglomerato di seconda generazione, un collegamento sul fondovalle con la Valle di Muggio. «Il nostro obiettivo - ribadisce Bianchi - è creare una continuità dal Parco verso i sentieri della valle, nel solco del nuovo concetto turistico che si sta sviluppando nell'area del Generoso (si legga, ad esempio, l'albergo diffuso, ndr).
D'altro canto, da queste parti, richiama ancora il presidente, c'è un fine che si intende perseguire con tenacia, nella consapevolezza che le Gole della Breggia, al pari del Penz, della Valle della Motta o del San Giorgio, rappresenta «un polmone vede indispensabile per la biodiversità e lo svago della popolazione in un Distretto sempre più soffocato da traffico e attività industriali».
Certo, maggiore visibilità e più visitatori possono anche avere un risvolto negativo. Insomma, si può anche essere vittime del proprio successo. È quello che sta capitando, a quanto pare, al Parco delle Gole della Breggia. A lanciare quello che è un po' un grido di dolore è Peter Flückiger, memoria storica della Fondazione (di cui è stato il primo presidente) e voce degli Amici del Parco. Associazione, quest'ultima, che ha anche donato tre grill anti-vandali. «Vivendo la realtà del parco - ci racconta -, sono rimasto allibito dal volume di rifiuti lasciato qua e là nel comparto. Settimanalmente si raccolgono dai 15 ai 20 sacchi da 120 litri. Ed è un lavoro estenuante: non possiamo dedicare delle giornate a ripulire l'area; ci sono altre mansioni da svolgere». Cosa si può fare per frenare il fenomeno del 'littering'? «Il visitatore o l'escursionista vanno educati, come in montagna anche chi va alla parco deve portarsi a casa i suoi rifiuti». Quindi la Fondazione è passata all'azione, non solo posando dei contenitori per la raccolta differenziata, ma anche mettendo in campo azioni mirate per sensibilizzare i cittadini attraverso la classica cartellonistica e la rete social.