Mendrisiotto

Canapa nascosta dal figlio, la guardia 'infedele' sapeva

Il Tribunale amministrativo federale respinge il ricorso del capoposto del Mendrisiotto che non aveva denunciato la coltivazione indoor nella propria casa

La Mary (Ti-Press)
12 maggio 2021
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Una lunga carriera in seno all'Amministrazione federale delle dogane: da aspirante a capogruppo. Più di trent'anni ai valichi da dove, spesso, 'la Mary' viaggia, fortunatamente, non sempre indisturbata. E proprio di 'erba' parla la sentenza del Tribunale amministrativo federale che ha respinto il ricorso della guardia di confine, residente nel Mendrisiotto, contro una decisione disciplinare irrogatagli dal Comando Regione IV.

Il tutto era cominciato giusto cinque anni fa quando alcuni agenti della Polizia cantonale si erano recati nella casa dell'uomo per reperire alcuni mezzi di prova per identificare un gruppo di tifosi ultras del Chiasso, a cui sembrava appartenere anche il figlio. Durante la perquisizione il giovane aveva consegnato agli agenti alcuni barattoli di marijuana che teneva nascosti nella sua camera e li aveva accompagnati nella mansarda dove in un box coltivava 5 piccole piante. Il tutto di nascosto dal padre? No, il genitore, come da lui stesso riferito, era a conoscenza dell'hobby del figlio. Il Comando delle guardie di confine, in un primo tempo, si era limitato a un avvertimento, in attesa della procedura penale da parte del Ministero pubblico che si era concluso circa dieci mesi dopo con una condanna per infrazione alla Legge federale sugli stupefacenti e sulle sostanze psicotrope. La Pretura penale però un anno dopo lo proscioglie. Non di questo avviso i suoi superiori che gli intimano una multa disciplinare in quanto "il collaboratore ha inequivocabilmente tollerato e non denunciato alle competenti autorità una situazione non regolare". La guardia a sua volta sostiene che non aveva alcun obbligo legale di denuncia trattandosi di un familiare; afferma comunque di accettare la decisione con l'invito a rivedere il tenore della multa, che il Comando accetta di fissare al ribasso. Ma il tutto non finisce qui, l'uomo ricorre "in quanto non si capirebbe quale atteggiamento egli avrebbe dovuto adottare verso il figlio".

Infranto l'obbligo di fedeltà

A spiegarglielo è appunto il Tribunale amministrativo federale. E la parola che riassume il tutto è 'fedeltà'. "L'impiegato – si legge nella sentenza che ne respinge il ricorso – è tenuto a svolgere con diligenza il lavoro impartito nonché di tutelare gli interessi del suo datore di lavoro. La loro violazione sussiste in particolare in presenza di comportamenti illegali e penalmente reprensibili, ma anche di comportamenti sconvenevoli nei confronti dei superiori o dei colleghi di lavoro". In gioco vi è dunque il concetto di 'doppio obbligo di fedeltà', "nella misura in cui il lavoratore, oltre alla tutela degli interessi pubblici del proprio datore di lavoro, ha parimenti l'obbligo di fedeltà, nella veste di cittadino, nei confronti dello Stato". Non solo, il Tribunale amministrativo va ben più a fondo: "I rappresentanti delle forze dell'ordine di polizia, a cui vanno parificate le guardie di confine, i cui corpi sono chiamati a svolgere compiti di ordine pubblico e di sicurezza, hanno l'obbligo accresciuto, rispetto agli altri funzionari dell'amministrazione, di mantenere, sia durante il servizio sia nel tempo libero, un comportamento impeccabile".

Per il Tribunale, dunque, la guardia di confine "ha tollerato la coltivazione e la detenzione di piante di canapa nella propria abitazione da parte del figlio convivente. Il fatto, come invocato dal ricorrente, che a livello penale, egli non sia stato sottoposto all'obbligo di denunciare suo figlio in quanto famigliare, non significa comunque che la tolleranza della coltivazione di canapa a casa sua non sia da ritenersi come contraria ai suoi doveri professionali. Il ricorrente aveva quindi il dovere di intervenire in modo che non vi sia più niente di reprensibile a casa sua. Sapere se, come denunciato con enfasi, questo significava mettere il figlio fuori da casa, denunciarlo o semplicemente distruggere le piante di cui conosceva la presenza, non compete a questo Tribunale".

Per i giudici 'violazione grave'

Per i giudici la guardia di confine ha così "violato gravemente, almeno per negligenza, i propri doveri professionali di fedeltà e diligenza. Il tollerare la coltivazione di piante di marijuana compromette la fiducia dell'autorità riposta nel collaboratore, ma sono soprattutto l'immagine e la fiducia riposta dal pubblico o altre istituzioni nell'amministrazione ad essere lese. Mal si vede come potrebbe rapportarsi con efficacia e credibilità nei confronti dell'utenza e delle autorità con cui collabora, segnatamente le autorità di polizia". Del resto lui stesso aveva riferito: "Sono consapevole che ho tradito i principi del mio lavoro".