I fatti avvenuti nel maggio 2019 a Mendrisio. A carico dell'imputato ci sono altri tre casi di coazione sessuale. Cade un tentativo di violenza carnale
Cosa sia successo in quei 5 giorni, ovvero dal 13 al 18 maggio del 2019, nemmeno l’imputato è ancora riuscito a spiegarselo. La coazione e la violenza sessuale che hanno portato alla condanna a 4 anni e 9 mesi del titolare (ormai ex) di un bar del centro di Mendrisio sono stati nuovamente discussi questa mattina davanti alla Corte di Appello e revisione penale presieduta dalla giudice Giovanna Roggero-Will. Alla sbarra è tornato un 37enne cittadino italiano, sposato e padre di tre figli in tenera età (l'ultima è nata durante la carcerazione), che la Corte delle Assise criminali presieduta dal giudice Marco Villa aveva riconosciuto colpevole di ripetuta, tentata è consumata coazione sessuale e violenza carnale con due ragazze, al momento dei fatti minorenni. A chiedere una revisione della condanna sono stati sia il Procuratore pubblico Nicola Respini che l'imputato, rappresentato dall’avvocato Marco Masoni, con un appello incidentale relativo a un singolo episodio. La Corte ha parzialmente accolto le due richieste e condannato l'imputato a 5 anni di detenzione. Come richiesto dalla difesa, il 37enne è stato prosciolto da un tentativo di violenza carnale. A carico dell'imputato sono però stati iscritti altri tre episodi di coazione sessuale. La pena pecuniaria inflitta in primo grado per reati di circolazione stradale, così come l'espulsione dalla Svizzera per 10 anni sono già cresciute in giudicato.
L’imputato dava la possibilità a giovani ragazze di fare delle esperienze lavorative come cameriere. Le ultime sono state una 17enne e una 15enne. Dapprima, con la ‘tecnica’ dell’insegnare a fare il caffè, ha tentato i primi approcci dietro al bancone del locale. Nella cucina del bar ha dapprima tentato di costringere la 17enne, che è riuscita a divincolarsi, ad avere una congiunzione carnale. Intento realizzato il giorno seguente con la più giovane delle ragazze. Fatti che l’imputato ha inizialmente negato – «è stata un’iniziativa della ragazza» – ma che ha successivamente ammesso. Fatta eccezione per l’accusa della giovane che sostiene che, dopo il rapporto consumato, il suo datore di lavoro avrebbe cercato di farsi fare un rapporto orale. «Cos’è successo in quella settimana? – è stata la domanda della giudice –. Colpisce un po’ che tutto si sia svolto in pochi giorni». Il 37enne ha risposto che «non so cosa dirle. Non so nemmeno io cosa mi sia passato per la testa. Non sono una persona così, ma sta di fatto che l’ho fatto». L'uomo ha dato la disponibilità a risarcire le ragazze. «Questo non cancellerà il male che ho creato, ma almeno avranno un aiuto economico per il loro futuro».
La Corte delle Assise criminali aveva riconosciuto cinque episodi (su 8) riportati nell’atto d’accusa del Procuratore Nicola Respini, il quale questa mattina ha chiesto la conferma integrale delle accuse e riproposto una condanna a 6 anni e 3 mesi. «La prima corte ha definito l’imputato come un predatore sessuale – ha affermato il pp –. Una definizione forte ma non sbagliata visto il crescendo di aggressività nei confronti delle donne e delle ragazze passate dal suo bar: con più erano giovani, con più aumentava il desiderio nei loro confronti». Respini ha ricordato come alcune clienti ascoltate abbiano definito il 37enne «un piacione che fa commenti, battute e che stuzzica». Quando ha avuto a che fare con ragazze più giovani, però, «non ha più capito nulla. Fa specie che in una settimana abbia perso completamente il controllo della situazione» facendo diventare «ogni occasione buona per commettere qualcosa di sessuale. È un padre di famiglia con figli piccoli, ma lo ha dimenticato per sfogare i suoi istinti». Il Procuratore è tornato sul già citato episodio contestato dall'imputato. «Nella sentenza di primo grado la Corte ha definito credibile la ragazza, ma ha dimenticato che è stata la stessa a indicare quello che è stato il gesto dell'imputato di metterle la mano sulla testa... Se è credibile, deve esserlo fino in fondo» quindi «anche questo episodio deve essere giudicato come tentata coazione sessuale».
L'unico fatto contestato dalla difesa è la tentata violenza carnale sulla 17enne, per la quale l'avvocato Marco Masoni ha chiesto il proscioglimento accolto, come visto in apertura, dalla Corte. In quell'occasione «ha approfittato del suo ruolo professionale ma non ha usato violenza né fisica né psicologica – ha motivato il legale –. Ha ammesso di essere attratto dalla ragazza, ma è bastato un suo gesto per non andare oltre e lasciarla andare». Anche la difesa ha messo l'accento sul periodo in cui sono stati commessi i fatti. «Fatti che non hanno scusante» avvenuti «in un clima di eccitamento sessuale vieppiù incontrollato». Quanto commesso, ha aggiunto l'avvocato, «stride con i valori che hanno accompagnato il 37enne nella vita». In questi mesi di carcere – da notare che l'imputato ha trascorso 17 dei 22 mesi di carcere attualmente scontati alla Farera perché alla Stampa era detenuto anche il padre di una delle due vittime – «ha avuto modo di elaborare il suo comportamento indegno: si vergogna e si è detto sinceramente pentito per il grave danno causato alle ragazze. Quando ne avrà la possibilità cercherà una spiegazione per quanto successo». L'avvocato si è battuto per una pena parzialmente sospesa e una parte da scontare di 22 mesi.