Mendrisiotto

Delitto di via Valdani, a processo 5 anni dopo

Rinviati a giudizio padre e figlio, accusati dell'assassinio di un 73enne in un parcheggio sotterraneo di Chiasso

Era la sera del 27 novembre 2015 (archivio Ti-Press)
29 ottobre 2020
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Sono ormai passati cinque anni – era la sera del 27 novembre 2015 – dal delitto di via Valdani, a Chiasso. Dopo un serie di perizie e controperizie e la chiusura dell'inchiesta (annunciata nel mese di maggio), la Procuratrice pubblica Marisa Alfier ha rinviato a giudizio i presunti autori del delitto dell'allora 73enne Angelo Falconi, ucciso per motivi economici. Davanti alla Corte delle Assise criminali, dove rischiano più di 5 anni di carcere, compariranno Pasquale e Mirko Ignorato, padre e figlio di 56 e 28 anni, per rispondere di assassinio, subordinatamente omicidio intenzionale, e aggressione. Sull'atto d'accusa figureranno anche alcuni reati finanziari. Pasquale Ignorato, difeso dall'avvocato Marco Bertoli, è reo confesso e si trova in carcere, in regime di espiazione anticipata della pena. Il figlio, che si è da subito professato innocente e sostiene di avere unicamente assistito alla scena, è stato scarcerato nel maggio del 2017 ed è difeso dall'avvocato Elio Brunetti. La famiglia della vittima è invece rappresentata dall'avvocato Stefano Ferrari. Nel comunicare la notizia del rinvio a giudizio, il Ministero pubblico non rilascia ulteriori informazioni. Ripercorriamo le tappe salienti dell'inchiesta, caratterizzata da numerose perizie e controperizie commissionate per stabilire la dinamica dell’uccisione di Falconi, i ruoli avuti dai due presunti responsabili e le armi utilizzate.

La scoperta del delitto

Il delitto di via Valdani è stato scoperto intorno alle 19 di venerdì 27 novembre 2015 da un'inquilina dello stabile che ha allertato i soccorsi dopo aver trovato il corpo di un uomo al secondo piano interrato della rimessa di via Valdani, in centro a Chiasso, a pochi metri dal Municipio. La vittima, poi identificata nell'ex imprenditore e fiduciario commercialista Angelo Falconi, era stata colpita con più oggetti contundenti e taglienti alla testa. Ferite risultate mortali. Nessuna traccia, per contro, dei suoi aggressori. Le ricerche della Polizia sono state da subito minuziose e la sera stessa, con l'ausilio dei cani molecolari, sono stati cercati indizi utili a ricostruire quanto successo. 

Il fermo a Ercolano

La Magistratura ha spiccato un mandato di cattura internazionale. I due presunti autori del delitto, Pasquale e Mirko Ignorato, sono stati rintracciati dopo pochi giorni, il 1° dicembre, ad Ercolano, paese natale del capofamiglia, nell'abitazione di alcuni parenti. Dopo il loro fermo, sono stati trasferiti nel carcere di Poggioreale, a Napoli, dove sono rimasti fino a metà febbraio 2016, quando sono stati estradati in Ticino. L'inchiesta coordinata dalla Procuratrice Marisa Alfier non si è mai fermata e ha interessato anche alcuni familiari dei due uomini. Gli inquirenti hanno inoltre rinvenuto l'auto utilizzata da padre e figlio per raggiungere via Valdani: la vettura era posteggiata proprio nel sotterraneo. Nel maggio del 2016, in un'aiuola poco distante dal luogo del delitto, è invece stata ritrovata la spranga che sarebbe stata utilizzata per colpire il 73enne. Sulla stessa sono state trovate le impronte di Pasquale Ignorato.

Ammissioni e perizie

Nel suo primo interrogatorio in carcere, Pasquale Ignorato ha fornito le prime ammissioni: l'incontro con Falconi in via Valdani sarebbe stato casuale, ma a causa di una faccenda di pigioni arretrate e affitti scoperti sarebbe subito sfociato in un diverbio con esito drammatico. Per ricostruire i momenti precedenti l'omicidio, nel maggio 2016 padre e figlio sono stati riportati nella rimessa sotterranea. Vero punto cardine dell'inchiesta, come detto, sono state le perizie volute per stabilire, in particolare, le responsabilità di Mirko Ignorato. Stando alla tesi accusatoria, Pasquale Ignorato colpì Falconi con una spranga, mentre il figlio partecipò all'agguato impugnando un coltello, con il quale avrebbe inferto almeno due ferite da taglio. La seconda perizia, allestita dal professor Tony Fracasso dell'Ospedale Universitario di Ginevra, ha però fatto emergere la compatibilità delle ferite con l’utilizzo di un solo strumento atto a offendere: la citata spranga ritrovata diversi mesi dopo il delitto. Dalla terza perizia, commissionata dalla procuratrice pubblica, non esclude che sulla scena del delitto, possa esserci stata una seconda arma, in questo caso da taglio. Un coltello, si sospetta, mai ritrovato dagli inquirenti. L'esperto romano Enrico Bottone ha stabilito che due delle ferite trovate sulla vittima non sarebbero state prodotte dalla sbarra di ferro, bensì da un oggetto tagliente. I periti si cono confrontati, mantenendo le rispettive posizioni, lo scorso ottobre davanti alla procuratrice pubblica.

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