In campo con i proprietari della frazione in Valle di Muggio c'è il centro di accoglienza di Casa Astra
In forma stabile non ci vive più nessuno da una trentina d'anni a questa parte. Casiroli, una piccola frazione di Roncapiano aggrappata con tenacia al versante est del Monte Generoso, sopravvive grazie alla memoria della Valle di Muggio e all'attaccamento dei proprietari di quel grumo di edifici in pietra. Il rischio che si sgretoli sotto il peso del tempo c'è ed è reale. Alcune persone che lì hanno vissuto dei momenti della loro infanzia non intendono, però, arrendersi all'abbandono; e oggi hanno trovato un prezioso alleato in Casa Astra. Al centro di accoglienza del 'Movimento dei Senza voce' a Mendrisio (l'ex Osteria del Ponte) sono pronti a rimboccarsi le maniche e a dare una mano in nome del recupero di quel nucleo in cima alla valle. Una esperienza che, nell'animo dei promotori, oltre a far rinascere Casiroli dà modo di offrire una seconda possibilità (di lavoro e di vita) a chi passa da Casa Astra, in grado di ospitare fino a 23 persone. Il Movimento ci mette le idee e la buona volontà, i proprietari (poco meno di una decina) offrono la disponibilità delle mura e degli spazi, che potranno essere condivisi in futuro.
"Questo sarà un progetto collettivo - chiarisce subito Donato Di Blasi, direttore della struttura di via Rinaldi -. Che unisce Casa Astra, i proprietari, enti e privati e chiunque vorrà essere parte di questa iniziativa". Niente a che vedere, insomma, con le operazioni di ristrutturazione chiavi in mano. In questa strana estate che ha fatto riscoprire piccoli borghi e rustici, la 'ricostruzione' di Casiroli imbocca un'altra strada. "In effetti - fa presente ancora Di Blasi - direi che è un percorso da affrontare in gruppo. Non ci interessano i classici interventi di riattazione al solo scopo turistico. Non è così che ci si riappropria delle storie e dei luoghi".
Nelle aspirazioni dei fautori non si esclude di offrire anche alloggio, ma c'è molto di più. Non a caso non ci si è dati una scadenza, né si sa quanto si potrà investire nell'azione di recupero. "Per cominciare - spiega a 'laRegione' il direttore -, faremo da noi: lavori di pulizia e manutenzione, il ripristino del sentiero, opere che contribuiranno a ridare forma alla frazione. Se poi dovessero arrivare dei fondi per la ristrutturazione dei primi edifici, ciò darà stabilità al progetto". Si affronterà la 'missione' un passo alla volta, insomma. Infatti, al primo punto delle tappe di intervento messe nero su bianco sin qui si trova la 'frequentazione di Casiroli'. "Dobbiamo iniziare a conoscerlo, passarci del tempo e capire cosa fare, rifletterci su. Di tempo ne abbiamo, ma anche di lavoro ce n'è parecchio. È tutto molto aperto".
Del resto, è già da qualche anno che si sta facendo strada l'idea di valorizzare la piccola frazione. Il primo contatto fra Casa Astra e uno dei proprietari, Reto Rossinelli, ci racconta Dotato di Blasi, risale al 2016 o giù di lì. Da quel momento si è ragionato sulla possibilità di "creare una rete di interessi", a cui ha dato forza il workshop organizzato dalla Supsi nel luglio del 2018, che ha visto sul campo studenti di architettura di varie nazionalità e che ha prodotto una consistente documentazione. Un punto di partenza per i promotori che, ieri, alla Cantina Cavallini a Cabbio, hanno presentato per la prima volta il progetto.
In questi ultimi due anni, nel frattempo, si sono affacciate altre figure ed enti incuriositi dalla proposta. È il caso del Museo etnografico della Valle di Muggio. Museo, fa sapere il direttore di Casa Astra, che ha dichiarato il suo interesse di principio. Una collaborazione, conferma, che apre al coinvolgimento delle scuole e dei più giovani, senza trascurare l'opportunità di fare dell'esperienza l'occasione per una indagine storica su Casiroli e i suoi abitanti. Nella frazione sono presenti testimonianze della tradizione come le cisterne per raccogliere l'acqua piovana, le gràa utilizzate per far essiccare le castagne, il forno per la cottura del pane o le cantinette.
Qualche intuizione a Casa Astra, d'altra parte, l'hanno già avuta, qualche visione pure, abituati come sono a "escogitare dei modi d'azione distinti" per i loro ospiti - ciascuno la sua storia - con l'obiettivo di re-integrare queste persone a livello lavorativo, formativo e relazionale. Accanto agli edifici, a Casiroli ci sono otto terrazzamenti e prati da recuperare alle attività agro-pastorali. "Pensando all'economia di sussistenza che caratterizzava questa regione (come altre del Ticino), tra l'altro con problemi di approvvigionamento idrico, non si può dimenticare come in passato ci si approfittasse di ciò che la natura offre, come le erbe selvatiche. Ecco perché abbiamo immaginato un orto-giardino etnobotanico nel segno altresì della tutela della biodiversità". Un approccio che favorirà, al contempo, la collaborazione con gli agricoltori e i produttori locali.
Non si lascerà da parte, come detto, neppure l'eventualità di pensare a un turismo montano e sostenibile ('in sinergia con la 'messa in scena del Monte Generoso', si è rivisto di recente il Puc, il Piano cantonale di utilizzazione). Si tratterà, come si precisa nel 'piano d'azione', di una offerta ricettiva minima, con 'altre piccole attività seminariali, formative, in loco e nei dintorni'.
D'altro canto, alla struttura d'accoglienza non si perde di vista la propria vocazione: rivitalizzare Casiroli rende possibile cercare risposte concrete ai nuovi bisogni. E questo con l'intento di 'rigenerare la socialità, in collaborazione con l’amministrazione e il territorio inteso come Comuni, aziende, associazioni e cittadini', superando quindi, si esorta, 'i luoghi comuni, l’assistenzialismo e gli atteggiamenti paternalisti e giudicatori'.
Casiroli si lascia avvicinare solo da chi è disposto a camminare un po. Il villaggio, infatti, è raggiungibile solo a piedi: poco dopo Scudellate, al bivio, ci vogliono dieci minuti. Sul posto ci si ritrova a tu per tu con un pezzo del passato della valle e della regione del Mendrisiotto: una dozzina di edifici corrotti dal tempo, fra cui una manciata a scopo abitativo, con la stalla vicina per gli animali. Un insediamento compatto, in pietra (come i caratteristici muretti a secco), che con tenacia difende la storia delle persone che vi hanno vissuto, coltivando orzo e patate, ma anche canapa e lino e alberi da frutta. Se ne sono resi conto pure gli studenti del workshop della Supsi che oltre le mura hanno ritrovato le tracce della quotidianità che fu.