Moto di solidarietà a Chiasso. Il proprietario ha condotto operazioni simili Oltregottardo. L'Associazione inquilini: 'Prassi note anche in Ticino'
Il ‘diktat’ del Municipio di Chiasso sembra proprio aver sortito i primi effetti (cfr. ‘laRegione’ di ieri). Ieri mattina l’ascensore del Palazzo Carpano in piazza Boffalora aveva ripreso a funzionare. Ciò non sana (ancora) tutti i disservizi patiti in questi mesi dagli inquilini dello stabile – e soprattutto non consola dallo sfratto –, ma è già un passo avanti. Certo, la prudenza non è mai troppa. Così qualcuno ha esposto dei cartelli, consigliando a chi prende il lift di tenere a portata di mano il cellulare e indicando pure un numero utile a cui rivolgersi in caso di guasto. Non si sa mai. Del resto, la lettera di disdetta recapitata il giugno scorso a sedici famiglie dalla G. B. Carpano Ag è arrivata come una pugnalata al cuore; in particolare per quegli affittuari che tra quelle mura hanno trascorso un’intera esistenza. Senza saperlo sono finiti da un giorno all’altro sulla lista di quegli inquilini che in Ticino, come nel resto della Svizzera, si sono ritrovati senza casa per... ristrutturazione, ‘vittime’ di una operazione immobiliare per lo meno ‘disinvolta’. A rincuorare la gente del Carpano, agitata da sentimenti fra timore per il futuro e tristezza, ci sono volute l’azione del Municipio – che ha fatto la voce grossa con la società di Zugo – e la solidarietà di cittadini e di altri proprietari di immobili.
Nella mattinata di ieri è giunta la telefonata della Cassa pensioni di Lugano, ma non è stata la sola. «Anche altri vari privati – almeno 4 o 5, ndr – si sono fatti avanti, mettendo a disposizione dei loro immobili», ci dice Elisa Volonterio, responsabile del progetto ‘Frequenze’ che sta accompagnando gli inquilini nelle loro peripezie. «Il loro intento? Semplicemente quello di aiutare». I locatari, dal canto loro, si sono già dati da fare. «Taluni – conferma – ci hanno contattato e alla fine del mese lasceranno il palazzo». In fondo, era questo l’obiettivo di chi solo da qualche tempo – l’iscrizione a Registro di commercio risale al marzo scorso – ha acquisito la vecchia società e acquistato l’immobile. Non tutti, però, si sono arresi senza lottare: si sono appellati all’Ufficio di conciliazione – è in calendario un incontro il 21 agosto – e all’Associazione svizzera inquilini (Asi). Contro una simile disdetta del contratto di locazione le armi sono spuntate, ma almeno è possibile ottenere una proroga sui tre mesi canonici e far valere il diritto ai servizi comuni di base. Insomma, poter usare l’ascensore, usufruire della pulizia degli spazi comuni e, magari, riuscire a cucinare (un inquilino, ci informano, è senza ‘fuochi’ da tre mesi). Ecco che l’intimazione firmata dal Municipio e inviata alla G. B. Carpano Ag ha avuto un significato importante, come lo ha ora la mobilitazione dei privati. «Se accendere i riflettori risveglia un moto di solidarietà, allora ben venga», commenta a margine Francesca Coda, segretaria cantonale dell’Asi.
Resta la dura realtà di un mercato immobiliare che non ha spazio per i sentimenti. «Lo vediamo nelle grandi città svizzere come Zurigo, Berna o Basilea. Anche se il Ticino non è immune da questo tipo di operazioni», rende attenti la segretaria cantonale dell’Associazione. «Quando abbiamo letto del caso di Chiasso ci è subito venuto alla mente quanto accaduto un paio di anni fa in via Molinazzo a Lugano, dove inquilini anziani erano stati oggetto di una disdetta collettiva – rievoca Francesca Coda –. Del resto, basta vedere cosa capita agli Uffici di conciliazione per rendersi conto di come interi palazzi vengano ‘svuotati’ per ristrutturazione globale e rimessi sul mercato con una pigione raddoppiata». L’unica colpa dei vecchi locatari? Corrispondere un canone d’affitto non al passo con le aspettative dei nuovi proprietari. E lì scatta lo sfratto. Prassi note Oltregottardo sono sbarcate anche in Ticino, quindi. «Purtroppo. Che dietro queste operazioni ci sia un fondo di investimento o un uomo d’affari, il risultato non cambia. E davanti a certi modi d’agire è arduo reggere la pressione». Un copione simile – prima la vendita, poi la disdetta – è andato in scena anche di recente nella zona a nord di Lugano. E pure lì si è finiti davanti all’Ufficio di conciliazione. Perché ai propri diritti, ricorda la segretaria dell’Asi, non bisogna rinunciare.