Per ora ci sono le visioni degli architetti (in mostra da lunedì a 'La Filanda'). Nei prossimi anni la Città avrà un Piano direttore comunale
La selva di gru che oggi ‘occupa’ il territorio del Distretto fa capire che (forse) siamo in ritardo. Più si costruisce, più diventa difficile ripensare la nostra realtà urbana e renderla più vivibile. È tempo di (ri)partire dal paesaggio. Di ribaltare la prospettiva prima di mettersi al tavolo della pianificazione. Mendrisio ha deciso di provarci. Città di dieci quartieri (dieci ex Comuni aggregati) ha scelto di esplorare un cammino che in Ticino, sinora, nessuno ha percorso: darsi un Piano direttore comunale. Uno strumento strategico capace di indicare la via, davanti a sé l’orizzonte temporale del 2030-2040. Sia chiaro, di strada il Comune ne deve percorrere ancora: il Municipio inizierà a metterci mano in modo concreto all’inizio dell’anno prossimo. Le prime schede, chiamate a definire le priorità operative, si inizieranno a vedere, invece, con tutta probabilità nel 2020. La popolazione, però, non dovrà attendere sino ad allora per iniziare a farsi un’idea. Da lunedì (s’inaugura alle 19) e fino al 27 gennaio ‘La Filanda’ farà spazio alle visioni restituite dal lavoro di tre gruppi interdisciplinari di professionisti (provenienti dalle tre regioni linguistiche) e quattro ‘workshop’. Non rimandano ancora all’immagine della Mendrisio che verrà – quella spetterà al Municipio prima, e al Consiglio comunale poi tratteggiarla –, ma sono già dei buoni suggerimenti.
Due anni di lavoro intenso alle spalle, Piermaria Calderari, capo dicastero Pianificazione della Città, si accinge a passare il testimone (dopo aver annunciato le sue dimissioni, cfr. ‘laRegione’ del 7 novembre). In eredità lascia il progetto firmato dal gruppo di architetti e architetti paesaggisti romandi selezionato dal collegio di esperti e ‘premiato’ dall’esecutivo di Mendrisio (vedi a lato). Sarà lui ad accompagnare l’autorità locale nella realizzazione del Piano direttore comunale. Una scelta scaturita dalla procedura dei mandati di studio in parallelo avviata un anno fa. «Per me questa esperienza – ci dice Calderari – è stata entusiasmante. Sono stati due anni durante i quali si è condotta in modo serio e collaborativo una discussione sul futuro della Città. Ciò che consegno oggi ai colleghi è la base da cui partire per concretizzare il Piano direttore comunale». Adesso si guarda avanti, consapevoli di affondare le fondamenta nel ‘Manifesto dei valori’ della Città e negli indirizzi che ci si prefigge di realizzare entro il 2030. Ma senza dimenticare che se oggi ci si accinge a riflettere su come sarà possibile vivere lo spazio urbano e il territorio (soprattutto pubblico) che è rimasto è anche grazie all’intuizione di Mario Ferrari, consigliere comunale di Insieme a Sinistra scomparso di recente. Fu lui nel 2012 a lanciare il sasso nello stagno. Poi il Municipio raccolse la sfida, e il legislativo le diede sostanza, votando nell’ottobre del 2016 i 750mila franchi necessari per cominciare a dare forma al Piano direttore comunale. Quell’aula consiliare che, in ultima analisi, avrà ancora la parola finale. «Il Consiglio comunale – ricorda Calderari – sarà sovrano. E sarà chiamato a discutere e a decidere sulla strategia territoriale da seguire». Il documento, del resto, non potrà non avere anche un riverbero in altri settori della politica locale.
La missione che sottende il Piano direttore comunale, d’altro canto, non sarà solo quella di ricucire il territorio – le periferie per prime –, ma altresì quella di sanare gli errori del passato. E qui il pensiero va ai capannoni di San Martino. «Non bisogna vedere solo quelli – richiama l’architetto Mitka Fontana dell’Ufficio tecnico –. Abbiamo grande qualità nel territorio: Mendrisio e la valle del Laveggio hanno un potenziale che non va perso, a dimostrazione del lavoro fatto». Ciò che conta, rilancia il collega, l’architetto Massimo Carmellini, è «passare dall’idea di progettare sul territorio a un ‘progetto di territorio’, correggendo delle situazioni laddove è possibile». La chiave di volta, quindi, è restituire qualità agli spazi pubblici, ad esempio disegnando una pista ciclabile. Se si cambia visuale, ci fanno capire, anche le aree compromesse potranno essere recuperate. «Nel comparto di San Martino – conclude Calderari – c’è ampio spazio per riqualificare, ma non per ampliare la zona industriale». E chi vuol intendere, intenda.
Anche là in mezzo a Mendrisio c’è un fiume che scorre. Un corso d’acqua che, di fatto, rappresenta la «spina dorsale» del territorio cittadino. Il primo a riconoscerlo è il capo dicastero Pianificazione Piermaria Calderari. Non a caso fra i testi-progetto di riferimento nella marcia di avvicinamento al Piano direttore comunale c’è anche quel ‘Parco del Laveggio’ così fortemente voluto dai ‘Cittadini per il territorio’. E non è neppure casuale che la proposta vincitrice – presentata da LRS architectes e dall’Atelier Descombes Rampini di Ginevra – immagini ‘Una Città in riva al fiume’. A fondamento del progetto, come illustra Calderari, vi è appunto l’acqua. Quella che riconnette Mendrisio al lago, quella che potrà essere riscoperta riqualificando lo spazio di pertinenza del Laveggio e mettendo in relazione le due sponde della valle. È lì nero su bianco nei documenti del Comune: “Il fiume e le sue rive rappresentano il vero e proprio asse verde della Città, e devono (ri)assumere un ruolo cruciale nel disegno e nello sviluppo territoriale, nonché nella valorizzazione delle aree verdi, nel coordinamento dello sviluppo degli insediamenti nel loro immediato intorno e nella messa in rete delle strutture insediative nel fondovalle”.
Il gruppo di professionisti romandi nel suo lavoro di mandato suggerisce altresì di ricostruire i rapporti fra costruito e spazio naturale, frazionato dall’intervento dell’uomo. Architetti e architetti paesaggisti individuano così una ‘Città dell’alto’ e una ‘Città del basso’ proprie alla topografia di Mendrisio. Non di meno i pani ricordano di promuovere una rete di mobilità dolce quale collegamento tra i vari spazi pubblici esistenti. Spazi oggi occupati per lo più dall’auto all’esterno dei nuclei storici. In sostanza, fa capire Calderari, si «dà una indicazione su cosa dovrebbe diventare Mendrisio».
Scegliere in che direzione andare toccherà alla politica. Nel frattempo, la popolazione potrà farsene un’idea, come detto, visitando la mostra multimediale allestita da lunedì a ‘La Filanda’; che andrà oltre i piani a due dimensioni e l’approccio, puramente tecnico.