La mozione dei Verdi divide. Discrimine è l’opportunità, o meno, di costruire là dove si abbatterà il palazzo ex Jelmoli. Parola ora al legislativo
Occhi puntati sull’ex Jelmoli, sono in diversi oggi a Mendrisio ad aver fatto scattare (per davvero) il conto alla rovescia verso la demolizione del palazzo. L’8 ottobre, infatti, si avvicina. Ma se è ormai una certezza che la trasformazione di piazza del Ponte passerà (in prima battuta) per una sistemazione provvisoria, non è altrettanto sicura la rotta che si terrà nella pianificazione del comparto. L’impressione, insomma, è che nell’aula del legislativo, una volta di più, non mancherà il confronto dialettico, anche vivace. Non a caso sui contenuti della piazza nel 2016 si è lanciato (e vinto) un referendum, alle spalle una petizione con oltre 3mila firme, che ha sancito la volontà popolare: riqualificare il comparto nel rispetto del contesto storico e architettonico circostante e non sostituire lo stabile Jelmoli con altre edificazioni. E qui sta il motivo del contendere, oltre al timore che la nuova pianificazione lasci, appunto, un margine alla possibilità di intervenire non solo con le ruspe ma pure con le gru. La decisione del Consiglio comunale autunnale sulla mozione oggi sul tavolo – quella firmata nel 2016 dai Verdi – potrebbe, quindi, già dare un’idea sull’orientamento comunale. La proposta del gruppo è decisa, in effetti, a mettere a Piano regolatore precise condizioni. L’obiettivo, come detto, è evidente: impedire che in piazza si vada a costruire là dove oggi si abbatte. E farlo rafforzando la tutela della valenza storica e pubblica del ‘cuore’ del Borgo. Questa linea, però, non ha conquistato appieno la Commissione della pianificazione. Tant’è che solo una minoranza, guidata dal consigliere dei Verdi Tiziano Fontana (con lui Grazia Bianchi, di Insieme a Sinistra, e Nadir Sutter, Lega-UdcInd.), perora la causa. Sul fronte della maggioranza, i rappresentanti di Ppd e Plr – relatore il consigliere liberale radicale Cesare Sisini – sono disposti, sì, a condividere la mozione in alcuni punti (e principi), ma per finire seguono il Municipio nel suo approccio. A fare da spartiacque c’è il rischio di ostacolare, di fatto, la possibilità di realizzare un intervento pubblico, e in un’area che “in passato ha sempre avuto una presenza edificata”. A questo punto, rilanciano, è importante “chiarire il contesto urbano della piazza, e attendono, a breve, “un approfondimento urbanistico e/o una variante pianificatoria che correggano le situazioni attuali, troppo invasive rispetto al nucleo del Borgo di Mendrisio”. Anche il Municipio, dal canto suo, considera “validi” i principi della mozione. Puntualizzando, però, che “la loro attuazione debba inderogabilmente passare attraverso un serio approfondimento di tutti gli aspetti urbanistici, architettonici e storici con l’ausilio di specialisti, come avvenuto per l’elaborazione dello stesso Piano di Protezione del Centro Storico”. Detta altrimenti, prima di mettere le basi per disegnare il profilo definitivo della piazza, occorre avere gli strumenti per determinare i contenuti. I commissari della minoranza, invece, difendono le posizioni, convinti che una maggiore tutela non pregiudicherà né limiterà “il futuro concorso pubblico per la sistemazione della piazza”. Semmai, si restituirà “coerenza urbanistica” al comparto. I consiglieri accetteranno o meno di inserire undici fondi nel Piano particolareggiato, togliendoli da una zona R5? Tanto più che un eventuale indennizzo sarebbe, si stima, esiguo. E soprattutto si destineranno sei aree di proprietà comunale – inclusa la piazza con il monumento al Lavizzari e il parco pubblico – ad attrezzature pubbliche? Per cominciare, giù l’ex Jelmoli, resterà il ‘vuoto’, seppur provvisorio. A ‘riempirlo’, per ora, l’idea dell’architetto Otto Krausbeck.