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Malaedilizia, 52enne prosciolto dal reato di usura

L'imputato era accusato di sottopagare i propri operai, ma è stato assolto per via di un errore formale

L’imputato non era presente al dibattimento
(Ti-Press)
16 dicembre 2024
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Tutto lasciava presagire che l’imprenditore italiano, accusato di malaedilizia per aver fatto lavorare i suoi operai con uno stipendio dimezzato, sarebbe stato condannato per usura. Questo perché, prima del dibattimento che si è tenuto quest’oggi alle Assise criminali di Lugano, accusa e difesa avevano trovato un accordo, che prevedeva appunto il riconoscimento dell’imputazione di usura aggravata – con una pena sospesa di 18 mesi ed espulsione dalla Svizzera –, senza ‘in cambio’ dover risarcire i suddetti operai, costituitisi accusatori privati.

La Corte, presieduta dal giudice Marco Villa, ha però deciso altrimenti: il 52enne è stato prosciolto dall'accusa di truffa per via di un errore formale, ossia gli interrogatori agli operai che si sono svolti in assenza dell'avvocato difensore Massimiliano Schiavi e non sarebbero per tanto utilizzabili. Ed è probabilmente per questo che dagli atti non emerge la prova che l’imputato sapesse di sfruttare lo stato di bisogno e l’inesperienza degli operai, senza la quale non ci può essere reato di usura. Di conseguenza, niente da fare nemmeno per i risarcimenti. È stato in compenso condannato a 12 mesi, sospesi per due anni, per amministrazione infedele e falsità in documenti. È facile presumere che gli accusatori privati, parte di essi rappresentati in aula da Davide Ceroni, vorranno presentare ricorso. Il 52enne, per altro assente giustificato al dibattimento, è stato inoltre prosciolto dalle imputazioni di infrazione alla Legge federale sull’assicurazione per la vecchiaia e di infrazione alla Legge federale sulla previdenza professionale, a causa di avvenuta prescrizione.

Lavoro svizzero, paga italiana

I fatti sono avvenuti tra il 2014 e il 2017 (con buona pace del principio di celerità), quando l’imprenditore, che conduceva un’azienda specializzata nella posa del ferro, avrebbe versato a 12 operai poco più della metà della paga prevista dal contratto nazionale mantello per l’edilizia, di fatto versando loro uno ‘stipendio italiano’ e trattenendo per sé la differenza, per un totale di 103mila franchi. L’atto d’accusa stilato dal procuratore pubblico Daniele Galliano (il terzo a occuparsi dell’incarto), riporta di un sistema messo a punto dall’imputato, che prevedeva un doppio contratto di lavoro per gli operai. Un contratto sottoscritto oltre confine dalla ditta italiana del 52enne, e un altro stipulato con agenzie interinali svizzere, alle quali veniva notificato un monte ore “nettamente inferiore rispetto alla prestazione lavorativa effettivamente svolta”. Un sistema ideato perché “il salario minimo obbligatorio previsto dal contratto collettivo era troppo alto per partecipare alle gare di appalto in Svizzera e conseguire un margine di ricavo”.