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Ma quale PalaRaiffeisen: è ricorso al Consiglio di Stato

Contestato il contratto siglato dal Municipio di Lugano e dalla banca per il nome e il logo del Palazzetto dello sport. Consiglio comunale mai coinvolto

In sintesi:
  • Nel mirino finisce pure l'assenza di un concorso pubblico prima della firma dei due partner
  • ‘Non sussisterebbe un interesse pubblico per cui l’istituto debba beneficiare di una privativa’
23 ottobre 2024
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Potrebbe apparire come un’entrata a gamba tesa, o meglio un fallo antisportivo, da meritare l’espulsione diretta. Invece no. Il cittadino che ha firmato il ricorso al Consiglio di Stato ritiene che siano stati decisi in maniera irregolare il logo e l’attribuzione del nome del Palazzetto dello sport. Per l’occasione, lo ricordiamo, il Municipio di Lugano aveva indetto una conferenza stampa per la posa della prima pietra dell’edificio che dovrebbe venir inaugurato nel novembre del 2026, esattamente un anno dopo l’avvio dei lavori per l’arena sportiva. Però, il Consiglio comunale non ha mai autorizzato l’uso del Palazzetto dello sport nel senso deciso dall’Esecutivo (a maggioranza).

L’Esecutivo sarebbe andato lungo

Il ricorso contesta la validità della risoluzione municipale, che parla di un contratto di naming. Un contratto non disciplinato in alcun modo. Secondo il ricorrente, “l’abuso di anglicismi o di neologismi non può essere il pretesto di erigere una cortina fumogena”. Pertanto, occorre “valutare il contenuto materiale dello stesso: in cambio verosimilmente di denaro, Raiffeisen può a titolo esclusivo dare la propria ragione sociale a uno stabile comunale. Evidentemente saranno affisse le insegne sulle pareti, rispettivamente all’interno saranno adottati accorgimenti visivi. Raiffeisen occuperà anche degli spazi o vi saranno magari posati bancomat. Il fatto che in passato si sia già proceduto in tal senso (Cornèr Arena per la Resega) e che tali disposizioni non siano state impugnate, non significa che ripetere tale procedere sia corretto. Né se ne può dedurre una prassi costante o consolidata”.

Nelle quindici pagine del ricorso, l’autore richiama l’articolo 167 della Legge organica comunale (Loc), in base al quale “alienazioni, affitti e locazioni di beni mobili e immobili devono essere fatte per pubblico concorso (cpv. 1). Il concorso deve essere annunciato all’albo almeno sette giorni prima della scadenza e aperto a ogni interessato (cpv. 2). In casi eccezionali, quando al Comune non ne può derivare danno o quando l’interesse generale lo giustifica, il Legislativo può autorizzare il Municipio a procedere per licitazione privata oppure per trattative dirette (cpv. 3). Sono riservate disposizioni di leggi speciali (cpv. 4)”. Il ricorrente sottolinea che il Municipio di Lugano sia andato oltre la delega di competenza, visto che la procedura di concorso non è stata osservata. Ma non si oppone a una eventuale futura ratifica dell’accordo da parte del Consiglio comunale, perché la stessa Loc prevede l’eccezione del concorso che va sottoposta al Legislativo. Pertanto, il ricorso è stato inviato in copia alla commissione della Gestione.

La finalità è ‘a scopo di lucro’

C’è di più. L’articolo successivo della Loc, il 168, chiarisce che “i beni comunali non possono essere impiegati in operazioni speculative”. Per speculazione si intende “l’impiego dei beni in operazioni prettamente commerciali, comportanti di regola un rischio economico e rivolte prevalentemente al conseguimento di un lucro nell’ambito dell’economia di mercato”. In altre parole, in questo caso, si parla di divieto di speculazione. Per rispettare tale disposto, scrive il ricorrente, “la motivazione d’interesse pubblico dell’operazione dev’essere preponderante rispetto al mero fine economico. Se lo scopo ricercato è tutto o in prevalenza volto al conseguimento di un lucro, cioè equivalente a quello coltivato da un operatore commerciale privato, l’utilizzo del bene comunale deve ritenersi colpito dal divieto posto”. Nel caso in questione, si evidenzia che “l’uso dei beni comunali sia più che mai per uno scopo speculativo. Non c’è alcun interesse pubblico per cui Raiffeisen debba beneficiare di una privativa su uno stabile comunale. La finalità è puramente per scopo di lucro alla stessa stregua di un privato”.

Disattesa la Legge sul mercato interno

Il ricorrente evidenzia come la procedura scelta dal Municipio sia pure in contrasto con la Legge federale sul mercato interno. In particolare, violerebbe l’articolo 2 (cpv. 7), il quale “precisa espressamente che il trasferimento a privati di attività rientranti in monopoli cantonali o comunali si svolge su concorso e non deve discriminare le persone con domicilio o sede in Svizzera. Nel caso specifico, l’Esecutivo ha disatteso il disposto di legge perché “ha trasferito a un privato lo spazio di uno stabile comunale senza alcun concorso”. Viene richiamato anche il diritto della pianificazione che prevede il principio del coordinamento delle procedure. Una procedura edilizia deve necessariamente essere coordinata con quella di uso del suolo pubblico, come prescritto dalla Legge sul coordinamento delle procedure. Le insegne devono perciò rispettare la Legge cantonale sulle strade e le relative norme di applicazione. Secondo il ricorrente, “la sottoscrizione di impegni senza prima aver valutato l’effettiva implementazione lede chiaramente il diritto edilizio, pianificatorio e di coordinamento delle procedure”.

Chiesti lumi sulla ‘sepoltura’

D’altra parte, al ricorrente non risultano decisioni adottate da Raiffeisen, in merito al contratto con il Municipio di Lugano, nelle assemblee, tantomeno queste sono state pubblicizzate prima del 24 settembre: “Una sponsorizzazione di tale portata avrebbe certamente rinforzato la buona immagine dell’istituto e nella massima trasparenza a beneficio di tutti, dei soci in particolare. Dall’estratto della risoluzione municipale emerge che la municipale di Lugano Karin Valenzano Rossi (presidente del CdA di Raiffeisen) non abbia partecipato alla deliberazione”. Tuttavia, il ricorrente sostiene che la questione sia da approfondire per accertare se la municipale sia stata coinvolta nella procedura che ha portato al contratto: “La vicinanza è talmente palese che molti cittadini hanno pensato che la presenza della municipale (senza casco protettivo) alla cerimonia del 24 settembre fosse in rappresentanza del Municipio...”. Viene contestata anche la “sepoltura” di una “sorta di capsula del tempo/urna cineraria metallica”, mentre ci si aspettava la posa della prima pietra, lo scorso 24 settembre. Una sepoltura per la quale, nel ricorso, si chiede il parere della Sezione della protezione dell’aria, dell’acqua e del suolo “affinché sia chiarito il materiale di tale oggetto e del suo contenuto nel dettaglio (oggetti, liquidi, colle ecc.)”.

La contestazione cita pure l’articolo 47 cpv. 6 della Legge sulla procedura amministrativa, in base al quale, agli enti pubblici e agli organismi incaricati di compiti di diritto pubblico non vengono addossate spese processuali. Rimangono riservate le procedure in cui agiscono a tutela dei loro interessi pecuniari. Nella fattispecie, l’interesse pecuniario del Comune è in gioco. Dato che i fautori di questo procedere sono il vicesindaco Roberto Badaracco e il direttore della Divisione sport Roberto Mazza, non sarebbe corretto che i cittadini debbano sobbarcarsi le spese per gli errori altrui. Conviene quindi applicare direttamente le spese a questi ultimi”. Il ricorrente si dice dispiaciuto che, ancora una volta, il Municipio di Lugano abbia perso l’occasione per essere trasparente e chiaro, preferendo una gestione del potere opaca e alla stregua di una società privata”.

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