Dalla Globus al Palace, l'ex sindaco Giudici e l'architetto Camponovo gli attribuiscono il merito di aver fatto crescere la città e il cantone
È morto all’età di 95 anni Geo Mantegazza, un personaggio che ha fatto la storia e ha contribuito alla crescita di Lugano e di tutto il Ticino. Era persona molto discreta, le sue apparizioni pubbliche si limitavano agli spalti della Resega quando assisteva alle partite della sua squadra del cuore, della quale fu presidente dalla fine degli anni Settanta all’inizio dei Novanta. Lo ricordano con affetto e tanto dispiacere, l’ex sindaco di Lugano Giorgio Giudici e l’architetto Giampiero Camponovo. Entrambi lo tratteggiano come un signore, un uomo semplice e riservato, intellettualmente onesto, un grande imprenditore e una persona valida, cosa per nulla scontata.
Geo Mantegazza nacque a Lugano nel 1928, figlio di Angela Ribolzi, insegnante, e di Antonio, imprenditore. Suo fratello Sergio era del 1927 ed è deceduto nel febbraio di quest’anno. Assieme hanno costruito un impero. La famiglia è miliardaria e possiede centinaia tra appartamenti e stabili. Geo ottenne la maturità al liceo di Lugano e nel 1948 si iscrisse al Politecnico federale di Zurigo, dove quattro anni dopo conseguì la laurea in ingegneria civile. Nel 1954 fondò un proprio studio di ingegneria, il Mantegazza & Cattaneo, che ha assunto importanti incarichi nell’ambito dell’edilizia (pubblica e privata) e che dal 1968 si è specializzato nella tecnica di trattamento delle acque. Fu lui a progettare e dirigere gli interventi che durarono decenni e resero più pulite le acque del lago Lugano, attraverso la posa di canalizzazioni e impianti di depurazione. Fu attivo anche in politica, per tre legislature nel Consiglio comunale della sua città, nelle file del Partito liberale radicale ed è stato tra gli imprenditori immobiliari più rilevanti del cantone. Il nome della sua famiglia è pure legato alla Globus, fondata dal papà Antonio in Riva Vincenzo Vela a Lugano. La società, dopo la Seconda Guerra Mondiale rivoluzionò il settore delle vacanze e del tempo libero, con i tour in pullman, offrendo viaggi dai dintorni di Lugano alla Costa Azzurra e all’Italia. Oggi il gruppo impiega circa 5mila dipendenti e serve mezzo milione di passeggeri all’anno.
Geo fu anche vittima di una brutta storia: venne rapito e sequestrato il 18 dicembre del 1995 e liberato il giorno dopo dietro il pagamento di un riscatto milionario da parte della famiglia. Né lui né la sua famiglia vollero mai parlare pubblicamente di quanto era capitato. Nemmeno i nostri interlocutori vogliono ricordare questa vicenda, nel rispetto del riserbo, che ha sempre voluto mantenere la famiglia. Come riportò laRegione Ticino, il rapimento avvenne alle 12.10 una settimana prima di Natale di 29 anni fa. Tre uomini lo prelevarono dal garage sotterraneo del palazzo di Riva Paradiso. Geo Mantegazza venne narcotizzato e trasportato altrove con un’auto. I rapinatori si misero in contatto con la famiglia per chiedere il riscatto, in ben quattro occasioni. All’ultima chiamata, rispose il fratello Sergio. Geo venne liberato il giorno successivo, martedì, alle 19.40, nei pressi di Vaduz, nel Liechtenstein. Dopo alcuni mesi, da un’inchiesta della polizia zurighese emerse che il riscatto versato era stato di sei milioni di franchi e venne pagato nei sotterranei della clinica universitaria di Zurigo.
Un ricordo di Geo Mantegazza ce lo traccia l’architetto Giampiero Camponovo. Tra loro, non c’era solo un intenso rapporto professionale, ma anche un profondo legame di amicizia: «Ho avuto occasione di stare con lui da un paio di decenni. Abbiamo costruito molto insieme, poi trascorrevamo anche le vacanze assieme». Com’era la vostra relazione di lavoro? «Dal profilo professionale, non solo come ingegnere, Geo Mantegazza era un committente illuminato – risponde Camponovo –. Nel senso che era competente, non soltanto nel suo campo dell’ingegneria, ma anche sulle necessità residenziali della costruzione. Aveva una grande visione. Collaborare con lui e realizzare per lui non era un peso, come può capitare con altri committenti che non sono del mestiere». Quali sono le principali costruzioni che avete edificato assieme? «Beh, il Palazzo Mantegazza di Paradiso, per il quale l’investimento ha superato di gran lunga i cento milioni di franchi. Lui è stato sempre presente a tutte le riunioni di progettazione e di direzione lavori. Quando prendeva la parola, interveniva a ragion veduta. Era un piacere lavorare assieme a lui. Abbiamo edificato anche il Palace, per la parte di residenze private. Inoltre, ho ristrutturato prima la villa di suo fratello Sergio, poi la sua a Morcote. Mi sono sempre trovato bene con lui».
Geo Mantegazza, prosegue Camponovo, era una persona di «un’onestà intellettuale e di una signorilità uniche, accompagnate da una semplicità esemplare e consapevole che, francamente, per un uomo nella sua posizione non è così facile da trovare». Detto altrimenti, era uno che avrebbe potuto tranquillamente tirarsela. «Invece no, lui era veramente una persona a modo, anche quando trascorrevamo le vacanze estive insieme sulla sua barca. Era un uomo di tante doti e aveva un suo modo di essere, una persona squisita. Aveva un’innata generosità, era di cuore e nella sua vita ha fatto molto. Assieme abbiamo costruito a Cornaredo la casetta gialla, dove per anni sono stati distribuiti i pasti ai poveri a mezzogiorno dall’associazione di Fra Martino». Di rientro dalle ultime vacanze passate lo scorso agosto sul mar Mediterraneo, la sua salute era peggiorata. «Sua moglie Liliana gli è sempre stata vicina e l’ha sostenuto», ci confida Camponovo, che sentirà la mancanza di Geo Mantegazza.
Anche Giorgio Giudici preferisce non parlare del rapimento di Geo Mantegazza, avvenuto quando era in carica come sindaco di Lugano. Giudici lo ricorda come «una persona generosa, che amava la città e che ha saputo dare tanto a Lugano. Era un gran signore, ho avuto il piacere di lavorare assieme a lui quando realizzammo l’ampliamento dell’impianto di depurazione delle acque di Lugano e dintorni. È sempre stato pronto a dare una mano. Ha contribuito, assieme ad altri privati, a garantire la continuità di Lugano Festival. Senza di lui l’hockey a Lugano non sarebbe esistito. Mancherà molto alla città di Lugano».
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