Alle Assise criminali di Lugano il caso di un uomo accusato di violenze fisiche, parzialmente ammesse, e sessuali, negate, nei confronti della moglie
C’è un tradimento all’origine di una serie di violenze fisiche e sessuali delle quali è accusato un 52enne, a processo alle Assise criminali di Lugano. La vittima è la moglie e la lista di violenze che la donna avrebbe subito è lunga: dagli schiaffi ai pugni, dai calci ai colpi con un manganello, dagli abusi sessuali alle minacce. Tanta violenza e concentrata in circa un mese orribile, settembre 2023, terminato con la fuga di lei dalla casa di famiglia nel Luganese e con l’arresto di lui. Fatti che l’imputato parzialmente contesta, ammettendo solo una parte delle aggressioni fisiche e nulla di quelle carnali.
Quello discusso in aula penale è dunque un caso di violenza domestica, particolarmente brutale secondo la ricostruzione effettuata dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo. Durante la prima giornata processuale si è svolto prevalentemente l’interrogatorio dell’accusato, pertanto non tutto è ancora emerso. Tuttavia, dalle prime ricostruzioni appare chiaro che la scintilla che ha scatenato gli episodi – seppur a scoppio un po’ ritardato – sia stata, un paio di mesi prima dei fatti, la scoperta del tradimento da parte della moglie. Non una prima: era già capitato una quindicina di anni fa, ma senza conseguenze. Il 52enne infatti non ha precedenti penali di alcun genere. Stavolta, purtroppo, le cose sono andate diversamente.
Le angherie sono iniziate a fine agosto. Secondo la pp, l’uomo avrebbe più volte picchiato la donna prevalentemente alla testa con schiaffi, pugni e colpi di vario genere, stritolandole anche il collo fino a farla diventare viola in volto; le avrebbe sbattuto la testa contro i mobili della cucina; l’avrebbe colpita col manico di un martello sulla schiena e sulle gambe; l’avrebbe afferrata violentemente per i capelli più volte fino a strappargliene una quantità considerevole. Un episodio particolarmente grave sarebbe poi stato quando l’avrebbe gettata di peso contro uno specchio facendola cadere e svenire. Per risvegliarla le avrebbe poi rovesciato una bottiglia d’acqua addosso, trascinandola quindi per i capelli e picchiandola con calci e con un rotolo di carta d’alluminio in testa e sull’addome all’altezza delle costole.
Il clou delle violenze è stato raggiunto la sera prima che la donna riuscisse a scappare dall’abitazione con la figlia minorenne, successivamente ospitate in una casa protetta. Dopo averle dato due pugni in testa, il marito l’avrebbe poi colpita con un manganello: sia sul capo, sia sulle braccia, sia sulle gambe. Le sarebbe anche saltato addosso con le ginocchia, colpendola con le mani e le nocche sulla testa e sul corpo, tirandola e trascinandola nuovamente per i capelli a terra. Una brutalità che si sarebbe sommata a diverse minacce di morte, propria e della donna ma anche dei figli, e a un generale atteggiamento oppressivo. In un’occasione l’avrebbe rincorsa in casa con un coltello da cucina; per una settimane le avrebbe sequestrato il cellulare cancellando messaggi, contatti e applicazioni; le avrebbe imposto di gettare i vestiti che gli ricordavano il tradimento; le avrebbe mandato via WhatsApp degli articoli di stampa che parlavano di femminicidio e infine l’avrebbe persino spaventata di notte puntandole una pistola alla tempia. Il 52enne è accusato infatti anche di infrazione alla Legge federale sulle armi, in quanto a causa del proprio mestiere – del quale non possiamo riferire trattandosi di un processo a porte chiuse – ha accumulato diverse armi da fuoco, proiettili e il citato manganello.
Risultato: la vittima è arrivata a vivere in un contesto di grande paura, in condizioni psico-fisiche tali da necessitare una presa a carico psicoterapeutica tuttora in corso. A quanto detto sin qui, si aggiungono poi gli abusi sessuali, sia orali che penetrativi, che secondo la pp sarebbero stati almeno 17 nel corso di un solo mese e che sarebbero stati estorti tramite pressioni psicologiche, minacce e violenze fisiche. Una versione dei fatti che l’imputato in larga parte nega. A cominciare dalle violenze carnali: «È vero, eravamo in crisi a causa del tradimento e di comune accordo abbiamo deciso di provare a salvare il nostro lungo matrimonio facendo sesso – ha spiegato in aula –, oltre che con uscite e vacanze. Lei era consenziente, non ho mai usato né violenza né minaccia per avere rapporti e lei non ha mai detto di no». «Ma esprimeva il suo dissenso piangendo» ha tuttavia sottolineato Lanzillo. «Se i rapporti erano consenzienti, perché lei poi l’ha denunciata?» gli ha invece chiesto il presidente della Corte Marco Villa. «Non lo so, forse perché era stanca della situazione», la risposta.
Il 52enne, difeso dall’avvocato David Simoni, ha in ogni caso negato anche la maggior parte delle violenze fisiche, ammettendo soltanto gli schiaffi e alcuni colpi di manganello, come pure le minacce («l’ho solo insultata»). Ha smentito altrettanto di averle puntato una pistola contro e di averla rincorsa con un coltello, ammettendo al massimo di averle tolto il telefono «perché avevo paura che potesse sentirsi con il suo ex». Pur confessando di vergognarsi per quanto commesso e di «essere stato un mostro a settembre», ha anche detto di non riconoscere i fatti così come descritti: «Se io avessi usato una tale violenza, mia moglie sarebbe uscita distrutta». Per il resto, l’interrogatorio è stato caratterizzato da numerosi «non lo so» e «non me lo ricordo». E in effetti l’uomo ha fatto credere alla moglie, per giustificare i maltrattamenti, di avere tre personalità: una buona, una disorientata e una cattiva.
«Lei non è portatore di una sindrome di personalità multiple» ha però rimarcato Villa, citando la perizia psichiatrica. Quest’ultima esclude anche un’amnesia dissociativa, «quindi i suoi ‘non ricordo’ sono più legati a una forma di autodifesa processuale che a un disturbo». «Non sono d’accordo – la replica dell’imputato –, la scoperta del tradimento per me è stata scioccante. Ho smesso di mangiare e bere regolarmente, in due mesi e mezzo ho perso 18 chili. Non davo importanza ai singoli dettagli ma solo alle cose grosse, per questo molto non lo ricordo». La perizia ha altrettanto stabilito la necessità per l’uomo di proseguire una terapia psicoterapeutica ambulatoriale, che sta affrontando da un anno in carcere.
Il processo proseguirà domani con la requisitoria, l’intervento dell’avvocata Benedetta Noli in rappresentanza della moglie (costituitasi accusatrice privata) e l’arringa difensiva. La sentenza non è attesa prima di venerdì.