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Campione d’Italia omaggia don Sandro Vitalini

Al pro-vicario della Diocesi di Lugano, scomparso nel 2020, è stata intitolata Galleria civica dell’enclave, della quale era originario

Zois, di spalle, davanti a un folto pubblico. A sinistra, seduto, don Grampa
(Ti-Press)
19 settembre 2024
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«Mai stanco di predicare e testimoniare che il Vangelo è gioia». Giuseppe Zois lo ha ricordato così, con quella che è forse l’essenza del messaggio che per tutta una vita ha caratterizzato don Sandro Vitalini. L’ex direttore del ‘Giornale del Popolo’ è intervenuto oggi a Campione d’Italia, alla cerimonia di intitolazione della locale Galleria Civica al monsignore, scomparso nel 2020 a causa del Covid, la cui famiglia era originaria dell’enclave.

«Un passo che unisce esperienza, passato e cultura proiettandoli nel domani e rafforzando l’identità di Campione» ha detto Zois. Un omaggio che arriva dopo quello di Melide, dove don Sandro è cresciuto e che gli ha intitolato la piazza centrale. Numerose le cariche ricoperte negli anni. Fra queste: docente di teologia all’Università di Friborgo dal 1968 al 1994 e per due volte decano della Facoltà, responsabile per diversi anni dei seminaristi, diventando una figura centrale per i futuri sacerdoti ticinesi. Una volta rientrato in Ticino diventò pro-vicario generale della Diocesi sotto monsignor Grampa. È stato anche presidente della commissione teologica della Conferenza dei Vescovi Svizzeri.

«Impronte di Vitalini ovunque, in Diocesi, in Svizzera e oltre. Dal religioso alla società civile, dal mondo del lavoro a quello della carità, dal formare nuovi preti agli anziani». Zois ha poi ricordato la sua attenzione ai bisognosi e ai poveri, «peccato che qualcuno che non l’abbia compreso e se ne sia pure distanziato», alludendo al ‘confino’ subito da Vitalini per anni per non essere stato allineato con la parte più conservatrice del mondo cattolico. E d’altra parte, «era anche l’uomo della convivialità, dell’essere prossimità per stare assieme». Ha sofferto di un mondo sempre più individualista, riuscendo tuttavia a «intravedere dovunque un Dio che accoglie».

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