Sentenza di condanna al processo di Lugano; la Corte si interroga sull'adeguatezza delle pene previste dalla legge
Sette anni di abusi e violenze sessuali, compiute e tentate, ai danni di tre bambine: la sorellina, di una amica di lei e di una lontana parente. Dai toccamenti ai rapporti completi, ripetuti e regolari, ottenuti con la forza. È una brutta storia quella dipanatasi tra il 2016 e il 2023, ripercorsa in aula penale, davanti alle Assise criminali di Lugano. L'imputato, un ventenne del Sottoceneri, era ancora minorenne all'epoca dei fatti più gravi, elemento questo che ha influenzato pesantemente la sentenza: due anni e sei mesi di detenzione, pena sospesa a favore di una misura terapeutica, un collocamento in un istituto chiuso, dato il concreto rischio di recidiva. Vi sono poi l’interdizione a vita dallo svolgere attività con minorenni, e il risarcimento per torto morale nei confronti delle principali vittime, rispettivamente 40mila e 20mila franchi, oltre alle spese connesse al procedimento penale.
Il giudice Amos Pagnamenta (a latere Renata Loss Campana ed Emilie Mordasini) nel motivare la sentenza ha ricordato che quanto commesso dopo il raggiungimento della maggiore, età, in particolare dei toccamenti, è di rilievo medio-basso mentre sul piano soggettivo la colpa è più grave. Questi fatti meriterebbero in sé una pena di un anno e mezzo. Per contro i gravi reati commessi da minorenne sono «di gravità estrema» ma il diritto penale minorile contempla una pena massima di un anno. «La Corte non può non esprimere le sue perplessità, ci si deve interrogare sull’inadeguatezza di pene tanto esigue e quasi offensive nei confronti delle vittime» ha detto in aula il giudice Pagnamenta leggendo nell'agire dell'imputato «un primario egoismo volto al soddisfacimento delle sue pulsioni».
Il giovane è stato quindi condannato per tutti i reati descritti dall'atto d'accusa della procuratrice pubblica Margherita Lanzillo: violenza carnale (ripetuta e in parte tentata), coazione sessuale (ripetuta), incesto (ripetuto e in parte tentato) e atti sessuali con fanciulli (ripetuto e in parte tentato). Nell'atto d'accusa anche i reati di pornografia e rappresentazione di atti di cruda violenza (ripetuti).
Durante la fase istruttoria di questo processo l'imputato ha raccontato di aver iniziato ad assoggettare le bambine, con la forza e le minacce, quando lui aveva circa 12 anni. Un impulso sessuale che avvertiva irrefrenabile, e che sarebbe terminato verso i 18 anni, grazie a nuovi interessi nella sua vita, come lo sport e il socializzare con altre persone. Ha ammesso integralmente i fatti. «Mi scuso per tutto il male che ho fatto», sono state le parole del ventenne, che in un futuro dice di voler ricostruire un legame con la sorella per quanto sarà difficile e di volersi impegnare per diventare un uomo migliore.
Resta il fatto che la serie di abusi, iniziati quando l'imputato aveva 12 anni e la sorellina 6, si è interrotta solo alla soglia della maggiore età di lui. «Lui ci diceva che era solo un gioco, ma ogni volta che entravo in quella casa la paura cresceva». Un arco di tempo estremamente lungo, durante il quale evidentemente le vittime non hanno avuto modo di denunciare la situazione, forse perché ridotte al silenzio attraverso le minacce. Le violenze si erano anzi andate intensificandosi, fino a raggiungere il ritmo di una ogni due settimane, mediamente, sempre nelle mura di casa, poco prima che l'autore raggiungesse i 18 anni. Una vicenda simile, ha osservato il giudice, non può che aver leso l'integrità della persona. Nel caso della terza vittima, una lontana parente, i fatti non sono andati oltre la coazione, tra l'estate del 2022 e l'inizio del 2023. Il giovane finì agli arresti nel settembre dell'anno scorso; ha passato circa quattro mesi in carcerazione preventiva e successivamente è rimasto in carcere in esecuzione anticipata della pena. Dei due anni e mezzo, resta perciò da scontare circa un anno e mezzo. Una perizia psichiatrica ha attestato una lieve scemata responsabilità. Al processo davanti alle Assise criminali è stato patrocinato dall'avvocato Sandra Xavier, mentre gli accusatori privati sono stati rappresentati dagli avvocati Letizia Vezzoni e Andrea Cantaluppi.