L'uomo, colpevole di truffa e riciclaggio, non si è presentato al dibattimento, vantando una presunta immunità diplomatica
Essendo il console di Guinea-Bissau nella Repubblica di San Marino, non può essere processato in virtù dell’immunità diplomatica concessa dal suo ruolo istituzionale. Questo almeno è quanto sostiene l’imputato che quest’oggi ha deciso di non presentarsi in aula – per la seconda volta –, al processo per truffa e riciclaggio di denaro. Il primo processo, che si è svolto lo scorso 6 giugno, era stato annullato appunto per verificare la veridicità di quanto affermato dal 57enne. Le verifiche, senza sorprese, hanno dato esito negativo. «Al Dipartimento federale degli affari esteri – ha detto il giudice Siro Quadri – non risulta come console, la Repubblica di San Marino non ha questo ruolo, e nemmeno a Roma sanno chi sia». L’uomo è stato dunque, non solo processato, ma anche condannato a una pena di 20 mesi sospesi per due anni, in linea con la richiesta della pubblica accusa. Dovrà inoltre rimborsare il maltolto.
L’uomo, cittadino italiano che, secondo quanto asserisce, dovrebbe vivere in Guinea-Bissau, era accusato di aver truffato tre persone e una società sudafricana tra il 2015 e il 2017, tramite fumosi giri di denaro compiuti usando un istituto finanziario. Il maltolto ammontava a un totale di 250mila euro, di cui 30mila sono già stati recuperati. Tutte le vittime si sono costituite accusatrici private. La seconda imputazione si è pure svolta in una fattispecie fumosa e quantomeno bizzarra. Il 57enne, rappresentato dall’avvocato Marco Masoni, avrebbe ricevuto per errore sul suo conto 280mila franchi, proventi di un attacco hacker. L’uomo avrebbe poi utilizzato i soldi per le proprie spese, giustificandosi, per dirla con il procuratore pubblico Daniele Galliano, con «spiegazioni fantascientifiche». Durante la requisitoria, il pp riporta di un uomo senza dubbio intelligente, che utilizza il suo trascorso nel mondo finanziario per gettare fumo e dare spiegazioni complicate per giustificare il suo lavoro, con un'insalata di parole a base di termini tecnici e gergo bancario. «La sua colpa è oggettivamente grave – ha detto Galliano –, considerata la lesione del patrimonio e considerando che di fatto non aveva necessità finanziarie per commettere questi reati».
Anche lo stesso avvocato difensore ha ammesso di faticare a comprendere le spiegazioni date dal suo assistito, che respinge al mittente tutte le accuse. La tesi dell’imputato, riportata da Masoni, è che i soldi ricevuti dalla truffa sarebbero in realtà proventi legittimi del suo lavoro di intermediario finanziario, mentre quelli ricevuti sul suo conto sarebbero stati consegnati a un criminale italiano.