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La truffa è milionaria: il legale non può più esercitare

La commissione per l'avvocatura sospende un condannato in prima e seconda istanza a tre anni e mezzo di carcere e all'espulsione dal Paese per otto

Il nome del legale non figura più nell’Albo pubblico degli avvocati degli Stati membri dell’Ue o dell’Aels
(Ti-Press/Archivio)
27 giugno 2024
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“Il numero da lei desiderato non è valido”, recita così la voce registrata quando digitiamo le cifre per chiamare l’avvocato cinquantenne di nazionalità italiana, con indirizzo professionale a Paradiso. Si chiama Antonio Trifone, il suo nome è comparso in una recente pubblicazione del Foglio ufficiale, nella quale la Commissione per l’avvocatura ha annunciato la sua sospensione, a titolo cautelare, dall’esercizio della professione di avvocato con effetto a decorrere dal 20 giugno scorso. Una sospensione che si presume sia stata dettata da una sentenza del Tribunale federale, che ha respinto il suo ricorso, confermando la condanna, per truffa per mestiere, inflittagli in prima e seconda istanza, dalla Corte delle assise Criminali di Lugano e dalla Corte di appello e di revisione penale (Carp).

L’arresto risale all’ottobre 2021

L’avvocato operava in Ticino da diversi anni nel suo studio legale di Paradiso e più recentemente ne aveva aperto un altro a Manno. Venne arrestato nell’ottobre del 2021 per il suo coinvolgimento in una truffa ‘transoceanica’ quantificata in una ventina di milioni di franchi. L’avvocato, allora 48enne, ha sempre respinto le accuse. Nel processo celebrato il 2 giugno del 2022, la procuratrice Chiara Borelli, nei confronti dell’uomo, aveva richiesto una pena di sei anni di reclusione. Lo ha ritenuto responsabile di un raggiro messo in atto con la complicità di un altro italiano. Entrambi, talvolta sotto mentite spoglie, promettevano l’incasso di ingenti eredità a facoltosi clienti stranieri, a condizione che coprissero le spese generate dalla procedura. Compreso l’acquisto a prezzi esorbitanti (tra i 300’000 e i 400’000 franchi) delle società con sede in Ticino, che il legale luganese cedeva, ricevendo in cambio un lauto mandato per amministrarle. Il raggiro è avvenuto fra il 2015 e il 2020, ai danni in particolare di cinque vittime, facoltosi clienti americani e canadesi, finiti nella rete, dopo essere stati agganciati via email o telefonicamente, grazie a un raffinato meccanismo di menzogne e documentazione falsa da parte di istituti fiduciari fittizi e banche che comunicavano loro di essere i beneficiari di importanti eredità.

Un fantomatico ‘signor Rossi’

Nell’atto d’accusa allestito dalla pp Borelli, compare anche un misterioso “signor Rossi”, che, nel 2013, si sarebbe presentato a Trifone. Un personaggio, allora, latitante e ricercato e considerato correo dell’avvocato. Il "signor Rossi”, per adescare le vittime, si faceva accompagnare da un sedicente nipote del presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi. In questa maniera avvicinava le vittime, convincendole a farsi consegnare complessivamente 20 milioni. Trifone, invece, aveva il ruolo di mettere a disposizione delle vittime le sue società “dormienti”, a prezzi esorbitanti, intascando complessivamente 800mila franchi e convincendole che queste erano indispensabili per il trasferimento degli ingenti patrimoni. Cosicché le vittime, che volevano ottenere le fantomatiche eredità, nell’arco di cinque anni hanno girato complessivamente 20 milioni, effettivamente giunti a Lugano, ma l’inchiesta è riuscita anche a tracciarne la sparizione: sarebbero infatti stati spesi dall’organizzazione criminale. L’avvocato è stato riconosciuto colpevole anche di truffa per mestiere, per una serie di crediti Covid, che ha ottenuto allestendo carte false: le società dormienti usate da Trifone non necessitavano di alcun credito straordinario per superare la crisi pandemica per la quale sono stati creati gli aiuti della Confederazione.

Già dietro le sbarre anche in Italia

Accertata la truffa per mestiere, Amos Pagnamenta, presidente della Corte delle assise Criminali di Lugano ha condannato Trifone a tre anni e mezzo di carcere e a otto anni di espulsione dalla Svizzera. L’avvocato, al termine del processo, ha presentato un memoriale in tre faldoni per sostanziare la sua innocenza e ha ribadito la proprie estraneità ai fatti dichiarando di essere stato un capro espiatorio in questa vicenda: «Mai ho mentito e mai ho presentato persone inesistenti». La sentenza di primo grado è stata confermata dalla Carp. L’avvocato era peraltro finito due volte in carcere in Italia nel 2014 e nel 2015, perché sospettato di appartenere a un’organizzazione transnazionale dedita al riciclaggio e alla frode fiscale che, attraverso fatturazioni fittizie, operava dalla Piana di Gioia Tauro, in Calabria, fino a Paesi come l’Estonia, l’Olanda e la Svizzera.

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