Risposta del governo alle domande sulla effettiva residenza dell'imprenditore
Nessuna informazione specifica sulla effettiva residenza di Giancarlo Devasini, patron di Tether, partner della Città di Lugano nel campo delle criptovalute, il famoso ‘Piano B’. Il governo, rispondendo a una interrogazione del deputato Plr Matteo Quadranti, inoltrata alla luce di un articolo del Corriere del Ticino che evidenziava i precedenti penali maturati in Italia, e la difficoltà di rintracciare il domicilio di questa persona, si richiama alla prassi vigente in materia.
Il Consiglio di Stato si appella a “ragioni di segreto d’ufficio e di protezione dei dati” per non svelare se la situazione di Devasini sia stata indagata o meno, ed eventualmente con quali risultati. La risposta governativa lascia però intendere che le questioni citate difficilmente possono condurre a una revoca del permesso di soggiorno. Evocando la giurisprudenza, il governo scrive che “la sola esistenza di condanne penali non legittima, automaticamente, l’UM (Ufficio della migrazione ndr) all'adozione di provvedimenti che limitano la libera circolazione, quali il mancato rilascio o rinnovo di un permesso. In altre parole, occorre che il reato commesso sia di una certa gravità e che i fatti delittuosi non siano lontani nel tempo”; inoltre “il Tribunale federale ha osservato che, salvo alcune eccezioni, la libera circolazione delle persone garantita dall’ALC non può essere limitata per motivi attinenti a debiti, e ciò indipendentemente dall’ammontare complessivo di questi ultimi”.
Quanto all'effettiva presenza fisica sul territorio svizzero della persona, il governo annota che “nel corso del 2020 il Tribunale federale ha rivisto i principi giurisprudenziali in quest’ambito”. In particolare, “rilevante è che l’interessato abbia trascorso sei mesi consecutivi all’estero. La Massima istanza federale ha altresì precisato che brevi rientri a scopo di visita, turismo o affari in Svizzera non interrompono la decorrenza del termine di sei mesi”.