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Piscina di Carona, in venti contestano la variante di Pr

Ricorso al Consiglio di Stato: l’iniziativa ‘privatizza gli spazi oggi pubblici che occuperà’ ed è in contrasto con norme e legislazione superiori

Il centro balneare (sopra), sotto i rendering disegnati dallo studio di architettura
(Ti-Press/www.orsi-arch.ch)
3 maggio 2024
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Viene contestata la variante di Piano regolatore (Pr) di Lugano, sezione di Carona, che apre la strada alla ristrutturazione della piscina e al partenariato pubblico-privato con il Tcs, che inserirebbe, in parte nella zona boschiva, una trentina di casette, per il Glamping. Il ricorso, presentato al Consiglio di Stato, è stato sottoscritto da venti cittadini, tra i quali qualche residente nel quartiere e alcuni membri dell’associazione XCarona. Un ricorso, preparato dallo studio legale Colombo & Mameli, che considera la modifica di Pr in contrasto con norme e legislazione superiori e come un’iniziativa che “privatizza gli spazi oggi pubblici che occuperà”.

‘Favorire l’attrattività del comparto’

Secondo il Municipio e il Consiglio comunale che ne ha ratificato la procedura e l’impostazione, il villaggio Glamping offrirebbe “nuove opportunità di svago e di fruizione di interesse pubblico, complementari a quelle già esistenti, che permettono di favorire l’attrattività dell’intero comparto”, si legge nel Rapporto di pianificazione. Come? Tramite “la sinergia tra questi contenuti (pubblici e privati)”, che sarebbe “inoltre necessaria per garantire la sostenibilità economica dell’intero progetto di valorizzazione”. La superficie destinata al Glamping, nelle intenzioni del Municipio (contratto di intenzioni già approvato dalle parti), verrebbe ceduta con diritto di superficie per un periodo di 40 anni (prorogabile) al Tcs, che costruirebbe, a sue spese, il villaggio con accesso e posteggi autonomi a ovest del comparto.

‘Non risponde all’interesse collettivo’

Tra i problemi sollevati dal ricorso, spicca, si legge, “lo stralcio dell’uso pubblico essenziale per una zona di attrezzature ed edifici pubblici (Ap-Ep)”. Nella variante, ci sono inoltre contenuti turistici non pubblici in contrapposizione con l’utilizzazione attuale. Non solo. La variante, secondo i ricorrenti, “non risponde a nessun interesse pubblico o non è stata effettuata una ponderazione degli interessi contrapposti”. L’operazione pianificatoria è ritenuta “illegittima, perché in contrasto con l’articolo 38a della Legge sulla pianificazione del territorio (Lpt), per come è interpretato dal Piano direttore cantonale (Pd), scheda R6, e con l’articolo 18 della Lpt”. La variante è pure in contrasto con l’articolo 2 della Lpt, ossia ‘l’obbligo di pianificare’ ed è “in contrasto con le leggi federali sulla protezione della natura e del paesaggio (Lpn) e sulle foreste e con la legge cantonale sui campeggi”.

Un atteggiamento di ‘stampo colonialista’

Nel ricorso, la variante di Pr “lascia trasparire un atteggiamento che può essere definito di stampo colonialista, nel senso che la città, prima ancora di comprendere come integrare i villaggi aggregati, quali valori storici e culturali portavano, è stata attratta dall’idea che in quei territori potevano aprirsi grandi opportunità (prevalentemente in senso finanziario) di sviluppo turistico, visti i terreni liberi, che in città, al piano, scarseggiano”. Sì, perché a Carona, si vorrebbe creare “una nuova zona ‘turistico-ricreativa’ da concedere, nei fatti, per un primo periodo di 40 anni al Tcs, per gestirvi un villaggio Glamping, sottraendolo in pratica all’uso pubblico. Il Comune intende così mettere a disposizione un luogo esclusivo per clienti del Tcs offrendogli un’occasione di investimento (oltre 6 milioni di franchi) e garantendogli il rinnovo totale delle vasche e la creazione di altri servizi con un onere di circa 11 milioni di franchi a carico della collettività”.

Centro balneare subordinato ad altro

Nel ricorso viene più volte sottolineata la perdita del carattere preponderante ‘pubblico’ di zona Ap-Ep: “Le vasche e il terreno circostante indicano chiaramente come, nella nuova zona, la parte che dovrebbe essere pubblica è del tutto subordinata e accessoria al Glamping”. Peggio ancora, dal punto di vista dei ricorrenti: “Il Rapporto pianificatorio subordina il mantenimento e la ristrutturazione della piscina, giustificati alla creazione del villaggio. Tuttavia, non indica a quale interesse pubblico e per chi e perché, e come si giustifichi il finanziamento e l’interesse e uso pubblico della piscina. Nei piani, la zona Glamping neppure viene delimitata e si prevede anche un’ulteriore diminuzione per la formazione di posteggi privati e per le strutture di appoggio esclusive del villaggio”. Il ricorso non intravede “motivazione né ponderazione degli interessi contrapposti”. Una valutazione del genere dovrebbe invece rientrare nell’esame complessivo della variante.

‘Contenuti differenti e usi contrapposti’

Secondo i ricorrenti, l’operazione si può assimilare a un’iniziativa che “privatizza gli spazi oggi pubblici che occuperà, come consentirà la concessione in diritto di superficie (anche se non è detto nelle norme, ma già stipulato nella Convenzione di impegno), una struttura ‘che combina la forma di un campeggio classico con le comodità di un hotel’, con una propria entrata separata, con posteggi propri, destinata solo agli ospiti, beneficiando di un proprio spazio privato (giardino), con collegamenti verso la piscina mediante servitù di passo e che risponde evidentemente a criteri alberghieri e di solo reddito. Quella superficie, peraltro non delimitata, nel Pr, costituisce una zona per l’edificazione di abitazioni a tutti gli effetti. È assolutamente irrilevante che tale zona sia inserita in una zona di Pr unica, denominata ‘attrezzature turistico-ricreative’, con due contenuti differenti e destinati a usi contrapposti (pubblico e privato)”.

Una parte di bosco sacrificata

Il villaggio Glamping confina su tre lati con il bosco, una parte del quale (lungo via Mauri), verrebbe sacrificato per far posto a quattro casette sugli alberi. Il ricorso le contesta per “l’uso improprio e illegittimo alla luce della Legge federale sulle foreste (...). Il rosicchiamento del bosco rischia di diventare il braccio operativo, lo strumento inconsapevole di interventi fuori zona”. I ricorrenti evidenziano l’assenza di una perizia e contestano le norme relative all’edificazione nella nuova zona: “Siamo in presenza di una zona per l’edificazione di residenze secondarie non conformi alle Norme di applicazione del Piano regolatore”. Questo conflitto andrebbe risolto con l’obbligo di un piano di quartiere che definisca il limite tra la parte pubblica e quella privata. Manca pure, rilevano i ricorrenti, il calcolo del fabbisogno di posteggi pubblici, come richiesto dal Dipartimento del territorio nell’esame preliminare, e non è ancora stato risolto a Carona il problema del traffico in arrivo e in uscita.

Il parco con le piscine a Carona comprende due fondi, in totale 27’734 metri quadrati. Venne costruito negli anni Sessanta da un imprenditore privato (Giussani) e ceduto al Comune di Carona dall’Ubs, banca creditrice nel fallimento dell’imprenditore e che ne era divenuta proprietaria. Divenne proprietà della Città con l’aggregazione di Carona nel 2013.

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