Inflitte una pena sospesa e l'espulsione dalla Svizzera nei confronti della coppia che nel 2022 ha gestito un giro di prostitute cinesi in vari luoghi
«La prostituzione cinese è un fenomeno nuovo alle nostre latitudini, e funziona con modalità diverse da quelle a cui siamo abituati, ma questo non vuol dire non debba essere punito». Ha esordito così il giudice Siro Quadri, presidente della Corte delle Assise correzionali di Lugano, come premessa alla lettura della sentenza nei confronti della coppia di coniugi – lei principale colpevole, lui complice –, che nel 2022 aveva portato in Ticino almeno sette donne di origine cinese allo scopo di farle prostituire.
Nei confronti di entrambi gli imputati è stata inflitta una pena detentiva sospesa, con la condizionale, per tre anni – 16 mesi per la 44enne cinese, 11 per il 50enne italiano –, alla quale va aggiunta una multa di mille franchi ciascuno, per i reati di promovimento e sfruttamento della prostituzione, incitazione all’entrata e impiego di stranieri senza permesso. Tutti e due sono stati prosciolti, invece, dall’accusa di usura, in quanto la Corte ha stabilito che, malgrado la 44enne trattenesse il 50% dei guadagni delle prostitute, al netto dei costi che sosteneva per mantenerle, non è stata raggiunta la soglia minima del 35% di maggiorazione, per essere legalmente riconosciuta come tale. Per entrambi è stato anche predisposto l’ordine di espulsione dalla Svizzera, rispettivamente per 5 e 3 anni. Ricordiamo che la procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis, aveva proposto pene di 24 e 11 mesi.
Durante il dibattimento, che si è celebrato mercoledì, la difesa, rappresentata dagli avvocati Elisa Lurati e Massimiliano Parli, avevano sostenuto la tesi che le donne ingaggiate fossero già attive nel settore, e che la 44enne fornisse loro supporto logistico e pubblicitario. Tesi che non ha convinto la Corte. «Veniva organizzato tutto da lei – ha detto infatti il giudice Quadri –: l’albergo o l’appartamento era scelto da lei, i clienti li portava lei, e le donne dovevano rendere conto a lei dei loro guadagni. Fossero davvero state così libere, non avrebbero dato all’imputata il 50% del ricavato. Le prostitute erano persone deboli e non avevano altre possibilità in Europa, non parlavano la lingua italiana, non avevano casa o averi».
Non senza contraddizioni, durante il dibattimento, il marito aveva a più riprese sostenuto la propria innocenza e di essere estraneo ai fatti, venendo smentito dallo stesso giudice, che aveva citato diversi messaggi che lo inchiodavano, se non come correo, quantomeno come complice. «Ha dimostrato un serio attaccamento a quanto stava accadendo – ha detto Quadri –, accompagnando i clienti ed esultando quando gli affari andavano bene. In un caso, via messaggio, la moglie gli aveva detto che una delle ragazze non avesse un bell’aspetto, lui aveva risposto che ‘a meno che non sia un mostro, basta che abbia la forma del corpo a clessidra e tutto va bene’».
Durante l’inchiesta era emerso come la 44enne attirasse le donne attraverso annunci pubblicati su un sito cinese. Provenienti dall’Italia o da altre città svizzere sprovviste di regolare permesso, venivano poi ‘piazzate’ in appartamenti e camere d’albergo, che venivano prenotate dai coniugi, che si occupavano anche del loro mantenimento, provvedendo a cibo, vestiti, e strumenti del mestiere, come vibratori, preservativi e simili. Le tariffe venivano decise dalla 44enne (150 franchi per mezz’ora), mentre l’unico margine di manovra concesso alle prostitute era la libertà di scegliere che genere di prestazione fornire. I clienti venivano trovati con annunci su siti locali, e condotti dalle donne da uno dei due coniugi. In certi casi, i proprietari delle strutture erano al corrente di quanto stesse avvenendo nei loro stabili. In un caso, un motel di Mezzovico, il proprietario aveva persino indicato di utilizzare la prima stanza al primo piano, in modo che fossero “più facili da trovare”.
Il sistema è stato portato avanti tra l’ottobre e il dicembre del 2022, dopodiché è stato sventato dalla Polizia grazie alla segnalazione del custode di uno stabile in via Crocetta a Viganello, che aveva notato un viavai sospetto di uomini da un appartamento in cui risiedeva una donna asiatica.