Luganese

‘Ero costretta a rubare’, condannata a 18 mesi una 22enne

Inflitta una pena da espiare alla giovane che vive in un campo nomadi e arrivava in Ticino per rubare. Sarà espulsa dal Paese per sette anni

Il giudice non fa sconti
(Ti-Press)
23 gennaio 2024
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La realtà nei campi nomadi del Nord Italia sfugge a ogni controllo. Una realtà nella quale i crimini sono all’ordine del giorno e i giovani crescono senza un’istruzione scolastica. Uno spaccato di questa situazione è emerso nel processo a carico di una 22enne originaria della Croazia, ma senza documenti e con alcune domande ancora aperte sulla sua reale identità, che è stata condannata dalla Corte delle Assise correzionali di Lugano (presidente Amos Pagnamenta) a 18 mesi di carcere interamente da scontare e all’espulsione per sette anni dalla Svizzera. A suo carico sono stati confermati i reati di furto aggravato, danneggiamento (ripetuto), violazione di domicilio (ripetuta) e infrazione alla Legge federale sugli stranieri e la loro integrazione (ripetuta).

Non era la prima volta

La giovane croata è stata ritenuta colpevole di sei furti: tre commessi nel periodo tra aprile e maggio 2023 e altrettanti nella prima metà di ottobre dello stesso anno. Dopo i primi casi, fu incarcerata preventivamente per otto giorni, ma poiché non c’erano reali certezze sulla sua età e si era finta una 13enne, venne prontamente liberata. Come ci spiega il procuratore pubblico Pablo Fäh «non è facile identificarli. Queste persone non sono registrate da nessuna parte, neanche nei loro comuni di residenza sanno della loro esistenza. Come succede con i migranti, fingono di essere minorenni per ricevere una pena minore».

Ritornando al caso in questione, il modus operandi è stato simile: «camminavamo per strada (lei e la sua correa), guardavamo che non ci fosse nessuno in casa e poi per sicurezza suonavamo il campanello. Se nessuno rispondeva commettevamo il furto». A quel punto le due avevano un ruolo distinto, prosegue la 22enne: «Io dovevo guardare che non arrivasse gente, solo se c’era bisogno entravo anche io in casa». Prima scassinavano le serrature o rompevano le finestre, poi arraffavano quanto potevano, per un totale di poco oltre i 112mila franchi di refurtiva, la maggior parte di questi in gioielli che in un secondo momento «li abbiamo dati a un marocchino in stazione a Milano e abbiamo incassato 100 euro», precisa la croata.

‘Una versione non credibile’

Durante la requisitoria il pp ha affermato di non credere a quanto è stato detto fino a quel momento in aula dalla giovane: «Queste sono dichiarazioni create per diminuire la sua responsabilità. In corso d’inchiesta aveva affermato che faceva tutto insieme alla sua correa». Per Fäh nulla la trattiene dal delinquere: «il furto è la sua unica fonte di reddito, è un’esperta del mestiere; lo si evince dalla sistematicità dell’agire e dalle diverse tecniche adoperate. Nella sua situazione personale non c’è nulla che la trattenga a delinquere». Data la recidività e la situazione della giovane senza legami in Svizzera, il pp ha chiesto alla corte una pena di 18 mesi interamente da scontare e 8 anni di espulsione.

Una pena ritenuta eccessiva per l’avvocata della difesa Cristina Faccini, data la situazione personale della croata. Pertanto ha richiesto l’immediata scarcerazione, ma non si è opposta all’espulsione dalla Svizzera. La ragazza, che vive in contesto difficile, dice Faccini nella sua arringa, «è nata e cresciuta in un campo nomadi. Fatica a leggere e a scrivere e non è mai andata a scuola. Vive in una roulotte insieme alla nonna e non vede i suoi genitori che non si sono mai interessati a lei. Una situazione difficile che si è conclusa con un triste epilogo». L’avvocata prosegue dicendo che «non si vuole sminuire quanto ha fatto, è consapevole. Ha anche scritto una lettera di scuse a una delle vittime». La giovane ha anche sottolineato che era costretta a rubare.

La sentenza del giudice è stata più vicina alle richieste del pp. «I fatti sono stati ammessi. Non solo voleva percepire un reddito accessorio, ma era anche la sua attività principale. Sono fatti gravi perché commessi in modo reiterato, con intensità e anche dopo il primo fermo». Ora, l’avvocata Faccini ha 10 giorni di tempo per un eventuale ricorso tramite il quale potrebbe richiedere una pena parzialmente sospesa.