Il Tribunale federale respinge il ricorso dell’ente, che vorrebbe edificare un complesso residenziale sulla collina di Biogno a Breganzona
La collina di Biogno a Breganzona rimane off limits per la Fondazione Vanoni. Il Tribunale federale (Tf) ha infatti respinto il ricorso dell’ente, che aveva impugnato una sentenza del Tribunale amministrativo cantonale (Tram) che a sua volta aveva confermato le precedenti decisioni di Consiglio di Stato (CdS) e Municipio di negare il rilascio della licenza edilizia per costruire dieci unità abitative mono e plurifamiliari che dovrebbero contenere venticinque appartamenti in totale.
Sebbene si tratti di un progetto residenziale, la questione è di forte interesse pubblico in quanto strettamente legato alle attività della Fondazione di ispirazione cristiana, che gestisce un istituto per minorenni e giovani adulti particolarmente bisognosi. «Venticinque anni fa avevamo acquistato il terreno di Breganzona per costruirci il nuovo istituto, visto che quello storico di Molino Nuovo (nel frattempo demolito, ndr) aveva già circa cento anni – ci spiega Stefano Camponovo, presidente del Consiglio di fondazione nonché rappresentante legale della stessa –, ma purtroppo c’è stata un’opposizione popolare e il progetto è stato abbandonato». Nel 2002 infatti furono raccolte persino delle firme per andare alle urne e la maggioranza dei votanti dell’allora comune si schierò contro l’edificazione del foyer. «Abbiamo quindi deciso di rispostarci a Molino Nuovo»: il nuovo istituto verrà costruito sul sedime di quello vecchio e nel frattempo gli utenti sono provvisoriamente in via Brentani.
Accantonata l’ipotesi di costruirvi il centro educativo, la Fondazione ha optato per insediare in collina il complesso residenziale, nei pressi della chiesa. Questa, con il cimitero e la via crucis, è protetta da un Piano particolareggiato specifico (Ppcb) e dal 2005 è stata pure inserita nell’Inventario degli insediamenti svizzeri da proteggere d’importanza nazionale (Isos). Il Ppcb stabilisce tuttavia l’edificabilità dei terreni del comparto, in larga parte già costruito, compresi i terreni di proprietà della Fondazione. Nel 2017 quest’ultima ha dunque presentato regolare domanda di costruzione, alla quale si sono opposti diversi proprietari di fondi vicini. Tuttavia, in seguito al preavviso negativo dell’autorità cantonale, nel 2020 il Municipio ha negato la licenza edilizia. Decisione impugnata dalla Vanoni, ma confermata dapprima dal CdS nel 2021 e nel febbraio del 2023 anche dal Tram.
In particolare, per il Tram la licenza non poteva essere rilasciata senza che prima fosse stata riesaminata la pianificazione comunale approvata nel 1993. Da allora, ricorda il Tf nella sua sentenza, nel 2009 sono state approvate alcune varianti di Piano regolatore del quartiere di Breganzona, mentre nel 2010 come nel 2012 Lugano aveva avanzato ulteriori proposte di varianti del Ppcb, ma il Dipartimento del territorio le ha bocciate e da allora il tema è fermo. Inoltre, il Tram aveva stabilito che le norme pianificatorie vigenti non ammettevano la realizzazione di un edificio completamente nuovo su uno dei terreni in questione e che il progetto nel complesso – elaborato dall’architetto Andrea Palladino – non si inseriva armoniosamente nel paesaggio e doveva essere rielaborato. Appellandosi a violazioni del diritto federale e di quello costituzionale cantonale, la Fondazione ha impugnato anche questa sentenza.
Il Tf tuttavia ha confermato le tesi dei giudici cantonali: prima di rilasciare una licenza edilizia è necessario effettivamente procedere a un riesame della pianificazione in vigore, sia in ragione del lungo tempo trascorso dall’ultima sia in virtù dell’iscrizione del sito nell’Isos. “Il Tf – si legge nella sentenza – ha già avuto modo di precisare che l’inserimento di un oggetto nell’Isos posteriormente all’adozione del piano di utilizzazione costituisce un elemento da prendere in considerazione tra quelli suscettibili di giustificare un controllo incidentale della pianificazione”. Per la Corte suprema, inoltre, le presunte violazioni dei diritti non sarebbero state adeguatamente sostanziate.
E ora? «Il nostro è un caso molto particolare e questo ci era già stato riconosciuto dai giudici del Tram – premette Camponovo –, in quanto nella sentenza viene anche detto che quel comparto è troppo edificabile. Sono considerazioni che generalmente si fanno quando vengono revisionate le norme pianificatorie, non quando vengono presentate le domande di costruzione. Adesso ci troviamo in questa impasse: finché l’autorità politica non modificherà il Piano regolatore, non potremo costruire nulla pur avendo un terreno edificabile». La palla è passata dunque al Comune. «Dopo le feste scriveremo alla Città per chiedere di allestire uno studio pianificatorio che preveda sia di mantenere la tutela in vigore sia l’edificabilità del comparto». Anche perché, «in caso contrario il Comune dovrebbe pagare delle indennità alla Fondazione, perché questa sarebbe impossibilitata a tenere fede ai propri doveri di amministrazione oculata».
Ma questa lunga vertenza giuridica, dall’esito peraltro negativo, avrà un impatto sul progetto di costruire il nuovo istituto della Fondazione? «No, non rallenterà la tabella di marcia. Si darà ai ragazzi una nuova sede indipendentemente dalle sorti del terreno di Breganzona. Abbiamo già la licenza edilizia, nel 2024 procederemo con l’allestimento e la pubblicazione dei concorsi di costruzione e, ricorsi permettendo, magari entro l’anno potrebbero anche già partire i lavori. Sempre nel medesimo comparto di Molino Nuovo stiamo valutando proprio in questi mesi quali contenuti inserire per un quartiere sociale».