L'ultimo capitolo della vicenda è rappresentato dall'esplosione dei costi per l'aggiramento di Agno: problemi di natura geologica alla base
Tutti in fila. Il destino è segnato, come succede da decenni: se circoli in auto in Malcantone, resti e resterai in colonna. Soluzioni viarie all’orizzonte non ce ne sono. O meglio, tante idee sono state proposte e dibattute, ma tutte, finora, sono rimaste lettera morta. La recente notizia relativa alla rinuncia del Dipartimento del territorio a finanziare la nuova strada di aggiramento di Agno nell’ambito della Circonvallazione Agno-Bioggio ha suscitato ulteriori proteste.
Questa nuova strada, anche se fosse realizzata completamente, non risolverebbe gli intasamenti viari nel basso Malcantone. Eppure, per individuare il tracciato lungo la pista dell’aeroporto, poi interrato ad Agno verso il lago, sono stati necessari anni di trattative e approfondimenti. Al di là delle critiche, la tanto agognata circonvallazione rimarrebbe comunque un’opera monca, come ci ricorda l’ex segretario della Regione Malcantone Daniele Ryser. Giusto un piccolo aneddoto: oltre dieci anni fa, l’allora sindaco di Agno Mauro Frischknecht ci rimproverò per un articolo nel quale azzardammo che la realizzazione dell’intervento avrebbe subito ritardi. Sul tema del traffico in Malcantone e sulle ipotesi di soluzione si potrebbe pubblicare un libro, dopo le tante proteste e proposte della popolazione, che risalgono addirittura agli anni Sessanta.
L’ultimo capitolo della vicenda, i costi lievitati di quasi il triplo dell’aggiramento di Agno, deve essere chiarito. Qualcuno in effetti ha sbagliato i compiti. Secondo il Dipartimento del territorio, la grossa differenza con la spesa prevista di 216 milioni di franchi nel progetto di massima, è riconducibile all’ultima fase di progettazione, quella relativa al preventivo, quando è emerso il significativo sorpasso. Un sorpasso dovuto ai sondaggi geologici effettuati di recente, che hanno fatto emergere gli impatti della costruzione e dell’opera sulla falda circostante e hanno comportato la necessità di rivedere il progetto originale. Le ipotesi iniziali non sono state confermate dai progettisti e il costo lievitato in maniera così importante difficilmente troverebbe l’auspicato consenso in Gran Consiglio.
Tale rinuncia ha suscitato ulteriori critiche e le reazioni sconcertate. Però, la vera questione da risolvere è quella di sbloccare il ‘tappo’ a Tresa. Sì, perché, alla luce dei risparmi decisi a livello cantonale, la doppia galleria (variante C2) nel basso Malcantone rischia di restare sulla carta per ancora tanto tempo. E non è per nulla sicuro che tale soluzione, con una inevitabile valenza di collegamento internazionale, porterebbe quel beneficio tanto atteso. Anzi, potrebbe addirittura peggiorare la situazione, attirando nuove vetture che sceglierebbero questo tracciato piuttosto che stare in colonna lungo le autostrade italiane vicine al confine. Una situazione che è già oggi realtà, visto che rispetto alle 10mila auto che entrano in Svizzera da Ponte Tresa, la sera ne escono tremila in più dallo stesso valico.
Sbrogliare la matassa, al di là delle divergenze comunali, bisogna riconoscerlo, appare complicato. Per trovare una sistemazione viaria, si dovrebbe perlomeno tentare di riallacciare il discorso tra Italia e Svizzera e tra le autorità locali. Qualunque sia l’esito della perizia esterna voluta per chiarire come siano potuti lievitare a quasi il triplo i costi della strada interrata in falda ad Agno nell’ambito della circonvallazione, si è rafforzata la rassegnazione della popolazione residente in Malcantone, che si sente vieppiù presa in giro.