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Divoora, un driver: ‘Le condizioni di lavoro si sono aggravate’

Un dipendente racconta dell’introduzione di un’app che dà consegne solo a chi si trova vicino al ristorante. Unia: ‘Un’ulteriore penalizzazione’

‘È una grande menzogna: la consegna la paghiamo noi’
6 dicembre 2023
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Riemerge con nuovi elementi, il ‘caso Divoora’, la ditta che paga ai suoi fattorini solo i minuti impiegati per portare il cibo alla clientela, balzato agli onori della cronaca ticinese tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022. «Posso garantirvi che la situazione da allora è ulteriormente peggiorata. Siamo disperati». Lo segnala a ‘laRegione’ un fattorino, o driver, attivo nell’azienda con sede a Lugano. Il peggioramento è confermato anche dal sindacato Unia. Ad aggravare una situazione già delicata è stata l’introduzione, da parte della ditta, di un’applicazione (Vromo) che attribuisce gli ordini sulla base della vicinanza del driver al ristorante. Se un lavoratore si trova lontano dal punto di ritiro, non riceve ordini e di conseguenza non guadagna.

‘Se non fai una media di consegne ti lasciano a casa’

«Da quando hanno introdotto Vromo – ci racconta – gli stipendi si sono ridotti del 30-40%. Dobbiamo metterci fuori dai ristoranti sperando di ricevere degli ordini. In più, hanno inserito un nuovo ‘bonus’ per cui dobbiamo fare una media di 2,3 consegne all’ora, e se non ci riesci, ti ammoniscono lasciandoti a casa per alcuni giorni. Ma sei fortunato se riesci a farne quattro o cinque nell’arco di una giornata intera. Recentemente in un mese ho cercato di farne il più possibile, ma non essendoci riuscito non sono stato più chiamato per una settimana. E in più nell’ultimo periodo mi stanno dando solo poche ore, due o tre giorni a settimana. Inoltre – aggiunge – mi stanno riducendo i turni perché non sono riuscito a mantenere questa media. L’azienda si giustifica dicendo che ci sono altri più ‘bravi’ di me e continua a dare priorità ai nuovi assunti».

Unia: ‘È un sistema che li penalizza ancora di più’

Una testimonianza suffragata da Unia. «Purtroppo – ci spiega Chiara Landi sindacalista di Unia – sappiamo che le condizioni sono peggiorate. Ad aggravare la situazione è stata proprio l’introduzione di questa nuova applicazione che attribuisce gli ordini sulla base della vicinanza del driver al ristorante. Adesso sono dunque ulteriormente svantaggiati, perché fino a quando non ritornano al punto di ritiro o nelle vicinanze, non gli vengono neanche attribuiti ordini. È un sistema che li penalizza ancora di più». La sindacalista ci rivela che alcuni lavoratori hanno informato che lo scorso anno l’azienda ha deciso di delocalizzare il servizio di smistamento degli ordini da Lugano in un call center in Albania e che i coordinatori che operavano in Ticino sono stati licenziati.

Quella di Divoora è stata definita, una ‘gig economy’, l’economia dei lavoretti, che pare accrescere i propri numeri in un frequente ricambio di personale. «In effetti – prosegue Landi – l’azienda ha anche adottato una politica di reclutamento per poter avere a disposizione un numero maggiore di fattorini per garantire la consegna just in time. Anche perché in questo modo dispongono di una moltitudine di lavoratori che non vengono pagati per il tempo effettivo di messa a disposizione, ma solo la consegna. Nel mentre aspettano, queste persone rimangono in giro, con un salario che copre soltanto una minima parte del tempo messo a disposizione dell’azienda».

‘È una sorta di dittatura’

«Una volta sotto casa del cliente – continua a raccontarci il fattorino – la ditta pretende che noi clicchiamo che siamo arrivati e il tempo si ferma, ma se ci sono imprevisti o problemi, in quei minuti non siamo pagati. È una sorta di dittatura su questo. Un mese ho lavorato per 150 ore (10 ore al giorno) e ho ricevuto 1’300 franchi. Ogni mese non mi vengono conteggiate delle ore sulla busta paga». E non si riferisce alle ormai note attese senza retribuzione, ma a «quelle in cui sono in consegna, e mi è successo almeno quattro volte. Se una corsa durava 30 minuti, me ne scalavano 27 e mi pagavano solo 3 minuti». Da dicembre, a essere venuti a mancare sono anche i turni. «Non ci danno più le turnazioni e ti ritrovi dunque senza lavoro, senza preavviso».

Per il driver, una pubblicità è la goccia che fa traboccare il vaso in un fiume di sconforto e frustrazione: «Hanno appeso un cartellone gigantesco con scritto che c’è la consegna gratuita in tutti i ristoranti in Ticino, ma è una grande menzogna: la consegna la paghiamo noi».

Falliti i tentativi di conciliazione

Il caso era esploso tra ottobre e novembre del 2021, quando ai dipendenti sono stati cambiati i contratti, con un preavviso di sole 24 ore, non riconoscendo i tempi di attesa tra una consegna e l’altra. I fattorini infatti, vengono retribuiti 35 centesimi di franco al minuto: una volta chiusa la porta dei clienti, il ‘tassametro’ si ferma. Inoltre, ricevono un rimborso spese per l’utilizzo dei veicoli privati, che è insufficiente. I dipendenti sostenuti dai sindacati Unia e Ocst avevano deciso di scioperare in piazza della Riforma a Lugano. Ne è seguita una petizione forte di 2’300 firme nella quale veniva chiesta, oltre che di essere retribuiti per il tempo messo a disposizione dell'azienda, una pianificazione dell’orario di lavoro con garanzie minime, un sistema di rimborso spese corretto per l’utilizzo del veicolo privato e una copertura assicurativa del guadagno in caso di malattia.

«Sui contratti individuali firmati dai lavoratori – ci illustra ancora Landi – sono indicate le condizioni di lavoro, ma ciò non significa che quanto sia previsto dal contratto sia automaticamente legale. Ed è per questo che alcuni lavoratori assistiti dal sindacato Unia hanno avviato delle vertenze giuridiche. Lo scopo è quello di riuscire a garantire la paga non riconosciuta ai sensi della Legge sul salario minimo, e vedere finalmente riconosciuti i diritti negati. A ogni modo, il sindacato ha preso contatto con Divoora fin da subito però purtroppo non c’è stato modo di trovare un accordo ed è per questo che abbiamo in ultima istanza chiesto la convocazione dell’Ufficio cantonale di conciliazione. Tentativo, anche questo, miseramente fallito».

Landi: ‘Una situazione di sfruttamento e illegalità’

In questi anni «si è attivato anche l’Ispettorato del lavoro. Sappiamo che c’è stata una decisione dell’Ispettorato ma non ne conosciamo il contenuto perché non abbiamo potuto accedere agli atti. Adesso aspettiamo che la politica apra gli occhi e si faccia avanti mentre la giustizia fa il suo corso. Soltanto attraverso un loro intervento proattivo si può porre fine a questa situazione che secondo noi è una situazione di sfruttamento e di illegalità».

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