Luganese

Poretti: ‘La promozione dei bitcoin è essenziale’

Un esperto replica alle critiche di una mozione della sinistra, che chiede alla Città di smettere di pubblicizzare l'uso di criptovalute

Giacomo Poretti, presidente della Ticino blockchain technologies association e ricercatore Supsi
(Grafica laRegione)
25 ottobre 2023
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Se c’è una cosa che sembra mettere d’accordo la sinistra luganese, è la sfiducia verso il Lugano Plan B o, più precisamente, verso le criptovalute. Sì perché, il 28 settembre è stata presentata l’ennesima mozione – primo firmatario Raoul Ghisletta (Ps) –, che critica aspramente il cripto-progetto nato dalla collaborazione tra la Città (senza che sia stato interpellato il Consiglio comunale (Cc), altro pomo della discordia), e la società privata Tether. In risposta, è stata inviata una lettera aperta da parte della Ticino blockchain technologies association (Tbta), associazione che riunisce università, aziende e finanziatori che operano nel settore, e di cui abbiamo raggiunto il presidente Giacomo Poretti, docente e ricercatore al Dipartimento tecnologie innovative della Supsi.

‘Bitcoin antietici e antiecologici’

La mozione, giunta a poca distanza a un’altra interrogazione sul tema, chiede sostanzialmente la modifica del Regolamento comunale, e di sancire la fine alla “promozione di criptovalute private in atto dal 2022 da parte del Municipio di Lugano”. Questa modifica non vieterebbe di continuare a utilizzare i Luga Points, che nella mozione vengono definiti “dei semplici buoni sconto (come i punti dei supermercati, che vengono trasformati in franchi per ridurre l’ammontare del pagamento di merci degli empori), vengono impropriamente (e ridicolmente) associati alle criptovalute”. A giustificazione di questa richiesta, nel testo si legge che “la promozione di (alcune) criptovalute da parte di una Città come Lugano è un atto sconsiderato e antietico, che cozza con le messe in guardia da parte di autorità monetarie e antiriciclaggio. Inoltre le criptovalute sono un mezzo di pagamento antiecologico, che necessita di enormi risorse energetiche per il loro funzionamento e che è agli antipodi dello sviluppo sostenibile”.

‘La blockchain non è solo criptovalute’

Meno di un mese dopo la mozione, è stata inviata una lettera aperta ai consiglieri comunali da parte della Tbta, che, come si può intuire, difende a spada tratta l’operato della Città in relazione al Plan B. In sintesi, nella lettera viene sostenuto il progetto, in quanto è riuscito a rendere Lugano “un punto di riferimento nel panorama internazionale della blockchain e degli attivi digitali”. Tra i pregi elencati, vengono menzionati la possibilità di creare posti di lavoro specializzati molto attrattivi, così come l’accordo firmato tra le università luganesi e la Città “per consolidare attività di formazione e ricerca congiunta“ dato che “un numero sempre maggiore di studenti dimostra interesse per una formazione nell’ambito della blockchain”.

Viene inoltre specificato come le criptovalute, non siano che solo una delle molte applicazioni possibili della tecnologia blockchain. “ A tale proposito – si legge nel testo –, giova citare progetti legati all’identità digitale, alla cartella clinica digitale, al traffico dei pagamenti bancari, alla certificazione, alla semplificazione di processi”.

Entrando nel merito della mozione, la lettera – firmata da Poretti e dall’avvocato Lars Schlichting, membro del comitato direttivo della Tbta –, definisce fuori luogo le affermazioni in essa contenute. Nello specifico viene detto che ”anche se le criptovalute sono utilizzate per riciclare denaro, esse lo sono in maniera molto limitata rispetto alle valute ufficiali”, e che “e la blockchain sia un elemento fondamentale nel perseguimento degli obiettivi di sostenibilità delle Nazioni unite”.

L’intervista

Abbiamo raggiunto Giacomo Poretti, che per la Supsi svolge il ruolo di technology transfer, ossia si occupa di «travasare la ricerca nei progetti dell’economia privata», per chiedergli se sia ragionevole cessare la promozione delle criptovalute private (in particolare dei bitcoin), e quali effetti avrebbe sull’intero progetto del Plan B.

Le criptovalute sono solo una delle tante tecnologie legate alla blockchain, significa che il Plan B potrebbe esistere anche senza di esse?

«In realtà il Plan B si è detto interessato solo al bitcoin, quindi loro promuovono quello. Grazie a quello però bisogna approfondire una serie di tecnologie che poi servono anche ad altre cose. Alla città e all’università, fa comodo che qui ci siano aziende che portano avanti questo discorso nel loro settore, ma per farlo hanno bisogno studenti, hanno bisogno di altre aziende, e aprono le porte a tutta una serie di altre iniziative».

Dato che quasi nessuno in pratica paga in bitcoin, si tratta solo di marketing?

«Certamente, anche perché le persone che hanno i bitcoin non li spendono, ma li tengono sperando che il prezzo salga. A Lugano, di tutti i negozi che hanno le macchinette (per incassare i bitcoin ndr.), ce ne saranno tre che vengono pagati così, peraltro in tether, nemmeno in bitcoin. Si tratta più di un esercizio intellettuale per testare l’infrastruttura. È tutto un discorso di prova e di studio, per capire come potrà funzionare se fra qualche anno tutta l’economia implementerà questo tipo di transazioni. Perché le banche già lo stanno facendo tra di loro, perché più veloce, più sicuro e più economico».

Ora che l’infrastruttura è testata e presente, non si potrebbe smettere di promuovere i bitcoin, anche solo come compromesso per andare incontro all’opposizione?

«A livello mediatico non avrebbe senso. La strategia di Lugano è attirare aziende dicendo ’vieni qui che ti faccio vedere come pago il caffé in bitcoin’, perché non è una cosa che puoi fare in tutto il mondo, e ci dà una visibilità internazionale. Le duemila persone giunte a Lugano (per il Plan B Forum ndr.), sono arrivate perché hanno letto che qui si poteva pagare la pizza coi bitcoin. Se togli quella parola il trend finisce. Cosa promuovi, l’Usi, la Supsi e i Luga Points? Non gliene frega niente a nessuno. È l’opportunità, per una volta, di essere quasi i primi della classe. Poi chiaro c’è Zugo, c’è l’America, eccetera, ma Lugano si sta ritagliando un posto tra questi luoghi. Ed è questa la novità, che porta 2mila persone da chissà dove a vedere cosa succede a Lugano».

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