Luganese

Prosciolti due ex soci di Danilo Larini

In Pretura penale cadono le accuse di reati finanziari. Il giudice Flavio Biaggi multa il più giovane imputato ma indennizza entrambi con 3'000 franchi

I soldi della società non sono stati distratti
(Ti-Press/Archivio)
18 ottobre 2023
|

“Danilo Larini è un nome sinonimo di innovazione, leadership e imprenditorialità di impatto. Come imprenditore visionario, ha attraversato territori inesplorati, ridefinendo settori e lasciando un’impronta indelebile nel panorama aziendale”. A margine del processo svoltosi in Pretura penale a Bellinzona nei confronti di due ex soci del truffatore condannato a sei anni e nove mesi di reclusione il 21 dicembre di due anni fa, emerge che il pregiudicato 50enne ha creato un suo proprio sito internet, nel quale si autocelebra e si definisce “un imprenditore non definito dal titolo, ma dalla perseverante ricerca di trasformare i sogni in realtà, dall’abbracciare le sfide come opportunità e dal plasmare un’eredità che ispiri gli altri a percorrere il proprio cammino di innovazione e successo”. Non possiamo riferire i probabili commenti poco simpatici da parte di piccoli risparmiatori e dei suoi ex clienti che hanno subito perdite economiche consistenti dalle sue operazioni truffaldine.

Resta avvolta nel mistero la motivazione che ha spinto i due imputati a intraprendere un’attività imprenditoriale con Danilo Larini, che era uscito di prigione da poco più di un anno. Forse la fiducia verso una persona che ha tutti i diritti di rifarsi una vita, dopo aver pagato con il carcere le sue malefatte. Sta di fatto che i due imputati, un 59nne e un 32enne hanno avuto la malaugurata idea di costituire una società, nel frattempo finita in liquidazione, assieme a lui, che avrebbe dovuto procacciare clienti e attività. Cosa che però non è successo, secondo quanto hanno affermato i due ex soci a verbale e di fronte al giudice Flavio Biaggi. Entrambi sono comparsi in aula penale, perché hanno contestato i decreti d’accusa spiccati nei loro confronti dal procuratore pubblico Daniele Galliano. Decreti che però non hanno fatto breccia nel giudice. Le accuse nei confronti del più giovane, tra i due imputati, sono di amministrazione infedele, conseguimento fraudolento di falsa attestazione, ripetuta falsità in documenti ed esercizio abusivo della professione di fiduciario. Accuse che sono state smontate, pezzo dopo pezzo, dall’avvocato Yasar Ravi, che ha chiesto il proscioglimento da tutti i capi d’imputazione per il suo assistito.

Per cominciare, Ravi ha precisato che il capitale sociale della società (20’000 franchi) non è sparito né è stato distratto come ha sostenuto il pp, ma è stato prelevato, poi depositato in una cassaforte di proprietà del 59enne. Sarebbe bastato procedere con una verifica, ma dalle indagini non risulta alcun accertamento di questo tipo. Le ipotesi di reato prospettate dal procuratore pubblico non hanno quindi resistito all’arringa del legale. Quei 20mila franchi, versati in un conto bancario dal 59enne per costituire la società, poi prelevati e depositati nella sua cassaforte, ci sono ancora e non c’è stata alcuna riduzione degli attivi della società, né il denaro è stato distratto, oppure usato a scopi personali. Sulla base degli atti e del dibattimento, il giudice non ha potuto fare altro che prosciogliere il 32enne da tutte le accuse, salvo infliggergli una multa di 400 franchi (che non sarà iscritta a casellario giudiziale), per negligenza nell’esercizio abusivo della professione di fiduciario. L’imputato è pure stato risarcito con 3’000 franchi per le accuse infondate che ha dovuto subire.

Più o meno lo stesso discorso, si può fare per l’altro imputato. Il 59enne ha messo il denaro per costituire la società, ma non ha commesso alcun reato. Perlomeno agli atti non ci sono le prove per sostenere che egli abbia istigato all’amministrazione infedele, né che sia stato responsabile di conseguimento fraudolento di falsa attestazione e nemmeno che abbia falsificato documenti. Peraltro, ha sottolineato, il suo legale Nadir Guglielmoni, Danilo Larini (che con la famiglia aveva gestito il Ristorante Castelgrande) era uscito di prigione da poco meno di un anno e mezzo dopo aver scontato una pesante condanna e si è messo in società con gli imputati, ma la sua versione non può essere ritenuta credibile. Non esiste alcun fatto che provi il presunto inganno né l’intenzione truffaldina nella costituzione della società.

Leggi anche: