Luganese

Condanna sospesa per il tassista spacciatore

La Corte ha riconosciuto ‘solo’ 150 grammi di cocaina spacciata, rispetto agli oltre due chili contenuti nell'atto d'accusa

In sintesi:
  • Inflitti 10 mesi sospesi per due anni, ai quali vanno dedotti i sei già scontati
  • L'uomo era accusato di aver spacciato in Ticino tra il dicembre 2019 e il febbraio 2023
L’uomo era molto conosciuto nel giro della droga
(Ti-Press)
7 settembre 2023
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È stato accusato di aver trafficato un ingente quantitativo di cocaina – stimato tra un minimo di 1’325 grammi a un massimo di 2’208 grammi –, ma l’imputato nega tutto: «Sono vittima di un complotto». La vicenda, approdata questa mattina alla Corte delle Assise criminali di Lugano, riguarda un 47enne cittadino svizzero di origini algerine, residente a Zurigo dove svolge la professione di tassista, accusato di aver spacciato droga in Ticino tra il dicembre del 2019 e il febbraio 2023. La Corte, presieduta dal giudice Marco Villa, ha però ridotto drasticamente il quantitativo di cocaina venduto dall'uomo, condannandolo per ‘soli’ 145 grammi. La sentenza è di 10 mesi sospesi per due anni, contro i quattro anni e tre mesi proposti dalla procuratrice pubblica, Valentina Tuoni.

‘Mi hanno incastrato per proteggere i loro fornitori’

Il caso è stato aperto dopo che il nome dell’uomo, o il suo pseudonimo, è stato menzionato nel corso di diverse inchieste legate al mondo della droga luganese. Son ben sette le persone che hanno dichiarato che il 47enne avrebbe fornito loro diversi quantitativi – tra gli 0,3 grammi fino a 80 grammi – di cocaina. Solo una di queste affermazioni è stata riconosciuta dall’uomo: una donna a cui ha dato due grammi durante una serata passata insieme. E tutti gli altri? L’imputato ha sostenuto fino alla fine che avrebbero mentito principalmente per proteggere i loro veri fornitori. A supporto delle accuse, ci sono dei versamenti che l’uomo avrebbe fatto durante il periodo in questione sul proprio conto bancario, che coincidono con molti dei suoi viaggi in Ticino. Peraltro, cifre non indifferenti: oltre 40mila franchi versati, da cui è stato dedotto l’ingente quantitativo di droga contenuto nell’atto d’accusa.

«I soldi mi servivano per concludere delle trattative in Ticino» si è giustificato l’uomo, spiegando che era denaro proveniente dall’Algeria – dove la sua famiglia possiederebbe dei terreni che gli generano un piccolo introito – e che versava sul conto «per far vedere che c’erano dei movimenti». «Una strana coincidenza – ha commentato Villa –, anche perché i soldi li avrebbe potuti versare mentre si trovava a Lugano, anziché aspettare di essere tornato a Zurigo». Mentre in merito ai soldi algerini, Tuoni ha dichiarato che non erano mai stati menzionati prima del dibattimento.

‘Dichiarazioni non lineari e contrastanti’

La pp ha chiesto la conferma dell’atto d’accusa, specificando come il nome dell’imputato fosse saltato fuori in due diversi interrogatori a persone che non avevano alcun legame. All’interno del taxi sono state inoltre rinvenute tracce di cocaina e marijuana, ma la droga vera e propria. Queste versioni, fornite dall’uomo, rendono la sua innocenza poco verosimile. «Le sue dichiarazioni sono a dir poco non lineari e contrastanti. Inizialmente, ha detto che veniva in Ticino per comprare prodotti per capelli, poi per andare a Como a trovare delle sue amiche, pur non avendo con sé alcun bagaglio. Adesso menziona per la prima volta queste trattative da concludere, senza che nessuno abbia mai confermato nessuna di queste versioni».

Vi è poi la questione delle dichiarazioni fiscali, troppo esigue per sostenere uno stile di vita «ben oltre il minimo vitale», oltre che «contrastanti» con gli ingenti versamenti effettuati sul suo conto. «Ha tutto il diritto di non collaborare – ha concluso Tuoni –, ma a un certo punto una logica la deve trovare». La pp ha dunque chiesto una pena di quattro anni e tre mesi interamente da espiare.

‘Inchiesta superficiale’

Fiammetta Marcellini, l’avvocata di fiducia del 47enne, ha criticato ampiamente l’atto d’accusa, definendolo «una forzatura». Secondo la legale, i test sul suo taxi di Zurigo hanno avuto maggiore rilievo, rispetto al mancato ritrovamento della cocaina in auto e di strumenti come bilancino o sacchettini. Un altro elemento, ha sostenuto Marcellini, non figura nell’atto d’accusa: gli esami tossicologici negativi. «Le persone interrogate che hanno menzionato il mio assistito, avrebbero potuto avere contatti in prigione dal momento che appartenevano a inchieste diverse. Anche per i versamenti non ci sarebbe uno schema lineare, e venivano effettuati solo qualche volta, e non dopo ogni viaggio in Ticino». Marcellini ha definito l’inchiesta «superficiale, con solo qualche prova iniziale». Chiesto dunque il completo proscioglimento, oltre a 200 franchi di indennizzo per ogni giorno di detenzione scontato finora. Contando che il 47enne si trova in carcere dal 14 febbraio, l’indennità corrisponde a circa 41mila franchi.

‘Mentire è un suo diritto’

La Corte non ha confermato integralmente l’atto d’accusa. «Non spetta a noi dire se l’inchiesta sia stata superficiale o meno – ha detto Villa –, ma è stata di certo carente su alcuni elementi». È stata infatti criticata la mancata perquisizione dell’appartamento dell’imputato a Zurigo, così come di uno degli appartamenti dei suoi clienti, in cui avrebbe fatto spola di frequente. «Ciò non vuol dire che crediamo alla sua estraneità, ma è un suo diritto mentire e dire le bugie». Al 47enne sono stati riconosciuti solo i quantitativi dichiarati dagli interrogati, ossia 145 grammi, in quanto l’accusa «non ha saputo dimostrare che i soldi versati sui conti fossero di natura illecita». La sentenza finale è dunque di 10 mesi, sospesi per due anni, dai quali vanno dedotti i sei mesi già scontati, per infrazione alla Legge federale sugli stupefacenti. Non riconosciuto, invece, l’indennizzo per torto morale.