Sollecitato dall'Udc, il Municipio della Città chiarisce la prassi e i rimedi. Sui casi? ‘Vige la privacy’
Ogni situazione è un caso a sé. Anche quando di mezzo c’è un dipendente pubblico finito sotto inchiesta. Non intende entrare nei dettagli il Municipio di Lugano, sollecitato da un’interrogazione Udc – prima firmataria Raide Bassi – a dare conto dei collaboratori della Città incappati in una indagine penale. Del resto, è una questione di "riservatezza" e "protezione dei dati"; in una parola ‘privacy’. E in ogni caso, si precisa, "non è possibile generalizzare e fare paragoni sommari fra situazioni che hanno peculiarità e implicazioni differenti".
Di prassi, comunque, "le misure da applicare in caso di procedimento penale, con o senza arresto del collaboratore, vengono valutate puntualmente a seconda del caso – chiarisce l'autorità comunale –. Le possibilità date dal Regolamento organico delle collaboratrici e dei collaboratori della Città di Lugano sono l'apertura di un'inchiesta amministrativa (art. 32 Roccl) o l'apertura di una procedura di disdetta (art. 86a Roccl), con o senza l'adozione di misure cautelari quali la sospensione dalla carica e/o dallo stipendio".
In occasione di un bando di concorso, d'altro canto, ai candidati viene chiesto di certificare la propria "buona condotta" e di informare su eventuali precedenti penali. Non a caso viene domandato di presentare "un estratto del casellario giudiziale ed eventualmente di un estratto del casellario specifico". In più, precisa l'esecutivo, "eventuali situazioni che richiedono approfondimenti vengono affrontate con la collaborazione del candidato con l'obiettivo di chiarire la fattispecie e quindi le eventuali implicazioni sul rapporto d'impiego". Poi, in base all'esito dell'esame "si decide se procedere all'assunzione o meno e in caso affermativo a definire eventuali misure".