La Pretura penale ha condannato due poliziotti della Città di Lugano per abuso d'autorità. I fatti risalgono al 28 dicembre 2020
Potrebbe finire davanti alla Corte d’Appello e revisione penale il fermo muscoloso al Quartiere Maghetti di Lugano, per il quale nei giorni scorsi, come riferito dal ‘CdT’, sono stati condannati due agenti della Polizia della Città di Lugano. Un appuntato e un poliziotto (all’epoca dei fatti, era il 28 dicembre 2020, ancora in formazione) che il giudice della Pretura Penale Simone Quattropani ha condannato a pene pecuniarie, sospese, da 60 e 20 aliquote giornaliere per abuso d’autorità e vie di fatto (solo per l’appuntato) nei confronti di un giovane iracheno. L’udienza si è tenuta alla metà di maggio. Difesi dagli avvocati Roy Bay e Maria Galliani, i due agenti si sono opposti ai decreti d’accusa firmati dal procuratore generale Andrea Pagani. Come detto, l’iter giudiziario potrebbe non essere ancora terminato. A convincere il giudice sulla loro colpevolezza è stato un video che ha documentato quanto avvenuto quella sera. Dallo stesso, ha spiegato Quattropani, non emergono situazioni di tensione, minaccia o altro che potesse mettere in difficoltà gli agenti. A mente del giudice l’appuntato ha quindi perso le staffe, agendo senza motivo e in modo sproporzionato.
L'iter giudiziario potrebbe però non essere terminato. Da noi contattato, il comandante della Polizia Città di Lugano Roberto Torrente ha spiegato che «prima di esprimerci, vogliamo capire bene le motivazioni di questa sentenza». Nei prossimi giorni verranno quindi contattati i legali dei due agenti «per capire se ci sono gli estremi per inoltrare un ulteriore ricorso o se dobbiamo prendere atto di quanto successo. I filmati – conclude il comandante – li abbiamo visti anche noi. Il giudice è arrivato a questa interpretazione, cercheremo di capire perché». Da questa decisione dipenderanno verosimilmente anche le eventuali decisioni che potranno essere prese dal Municipio: in virtù del principio d'innocenza, i due agenti sono sempre rimasti al servizio della polizia della Città.
Come ricostruito dalla Polizia pochi giorni dopo i fatti, i controlli delle pattuglie al Maghetti sono avvenuti a seguito di rumori molesti di un gruppo di giovani che stava facendo una festicciola senza rispettare le norme sanitarie allora in vigore. Alcuni si sono opposti ai controlli. Sempre stando alla versione del dicembre 2020 fornita dalla polizia, il giovane iracheno si è dimostrato poco collaborativo, ha strappato la giacca di un poliziotto ed è stato atterrato e bloccato a terra. A scatenare la reazione dell'appuntato sarebbe stata una sigaretta fumata senza permesso dal giovane. Ne sono seguiti una sberla verso la sigaretta per allontanarla dalla bocca (gesto per il quale si è scusato durante l'udienza), e le mani alzate dell'iracheno. Un gesto istintivo di difesa secondo la tesi accusatoria; una minaccia per l'appuntato. Da lì la decisione di allontanarlo, metterlo a terra e ammanettarlo.
Per il momento la municipale e capodicastero Sicurezza pubblica Karin Valenzano Rossi preferisce non entrare nel merito della decisione della Pretura. «Non ho ancora avuto modo di leggere la sentenza – spiega, contattata da ‘laRegione’ –. In ogni caso una sentenza si impugna e non si commenta». Facendo un'analisi generale, sottolinea però che «quello che mi preoccupa è il disagio generale sul fatto che la categoria di chi fa tutelare l'ordine viene sempre messa sul banco degli imputati e non viene sufficientemente protetta, anche quando ci sono situazioni che degenerano». Valenzano Rossi tiene a sottolineare che «se ci sono degli agenti che vanno oltre è giusto intervenire con le procedure del caso, anche amministrative. I nostri agenti vengono sistematicamente sbeffeggiati e scanzonati: sono formati anche per questo, però mi sembra di capire che tutto sia lecito per chi commette reati ma manca un'attenzione particolare verso chi deve tutelare l'ordine. Mi piacerebbe vedere lo stesso zelo anche nei confronti dei delinquenti, magari di quelli che uccidono le donne». La municipale teme che il rischio, a lungo andare, sia quello di «non avere più poliziotti o di avere agenti che, per paura di avere una sanzione che si ripercuote sulla loro vita e sulla loro carriera, si gireranno dall'altra parte proprio per evitare di incappare in procedure». Una soluzione? «La bodycam in ogni uscita – conclude la capodicastero –. A tutela del fermato o della potenziale persona oggetto di una misura, degli agenti stessi e di una sana procedura».