Condanne fino a tre anni per gli uomini che hanno aiutato circa 250 persone a valicare illecitamente il confine. ‘Allarmante propensione a delinquere’
«Hanno dimostrato un’allarmante propensione a delinquere». Sono stati condannati ed espulsi dalla Svizzera i tre passatori iracheni che durante l’estate del 2022 hanno trasportato illecitamente oltre 200 migranti dal Varesotto al Luganese. «Non si può non considerare l’incredibile numero di trasporti effettuato in soli due mesi» ha detto il presidente della Corte delle Assise criminali di Lugano Amos Pagnamenta, quantificandoli in un’ottantina e condannandoli per incitazione aggravata all’entrata, partenza o soggiorno illegale. Prosciolti invece dall’accusa di usura aggravata.
Le colpe dei due 46enni in particolare sono state definite molto gravi: due anni e otto mesi (quattordici dei quali da espiare) all’imputato amico del capo dell’organizzazione criminale che gestiva il traffico dalla Germania e tre anni (sempre quattordici mesi da espiare) per quello che nel trio aveva principalmente il ruolo dell’autista. Per entrambi anche una pena pecuniaria (rispettivamente sessanta e novanta aliquote) e l’espulsione per otto anni. Pena minore infine per il 39enne, in quanto è stato coinvolto solo in una decina di passaggi: dieci mesi integralmente da espiare – a causa di una prognosi «nefasta» visti i numerosi precedenti –, una pena pecuniaria di trenta aliquote e l’espulsione per cinque anni.
Pagnamenta, e le giudici a latere Renata Loss Campana ed Emilie Mordasini, hanno giudicato medio-bassa la colpa di quest’ultimo e molto grave invece quelle degli altri due. «Tutti hanno deciso di delinquere per motivi di lucro, per ricercare un guadagno facile». Tuttavia, sono stati prosciolti dall’imputazione di usura aggravata. «La Corte ha riscontrato diversi problemi nell’accertamento dei fatti – ha detto il giudice –, in ragione di numerose imprecisioni nell’atto d’accusa. Incongruenze sulle cifre, sul numero di trasporti e di persone. Accertamenti incompleti o assenti. Incombe al procuratore pubblico stabilire cosa deve confluire in un atto d’accusa e cosa no. La problematica principale è legata agli importi, impossibile stabilire quali fossero le somme versate, se questi costi fossero per viaggio o per persona. Inoltre, come giustamente detto dalla difesa, i costi erano in linea con quelli del mercato regolare».
Proprio quest’ultimo aspetto è stato più volte sottolineato dalle arringhe di Davide Ceroni, Andrea Cantaluppi e Yasar Ravi. Sebbene le posizioni dei tre uomini siano diverse, tutti e tre i legali hanno contestato in particolare l’accusa di usura. In particolare, non sarebbero rispettate due condizioni necessarie affinché il reato si configuri. In primo luogo, le proporzioni fra il costo dei servizi (come ad esempio il trasporto o l’alloggio) e il valore delle prestazioni, che sarebbero in linea con quelle regolari di mercato, come confermato dalla Corte. Secondariamente, «affinché sussista il reato di usura, deve essere dato anche uno sfruttamento di uno stato di necessità – ha evidenziato Cantaluppi –. Le persone trasportate provenivano dall’Italia, erano dunque già al sicuro rispetto al loro Paese, non avevano necessità oggettive o gravi di spostarsi. La scelta di non affidarsi a canali ufficiali era dettata dalla volontà di raggiungere un Paese a loro più conveniente, non dallo stato di necessità».
Altro aspetto sottolineato da Cantaluppi e Ravi, legali dei due imputati principali, il fatto che parte consistente dei viaggi, e dunque dei reati, si sarebbe potuta evitare. «Nella determinazione della pena – ha aggiunto Cantaluppi –, il discrimine è il numero dei viaggi, che si è concretizzato in così elevato numero perché li hanno lasciati fare, malgrado gli inquirenti li stessero osservando da almeno un mese durante il quale sono stati fatti una cinquantina di viaggi. Si sarebbe potuto intervenire più rapidamente. È un tema etico ancor prima che giuridico». «Un intervento tempestivo delle autorità avrebbe ridotto notevolmente i trasporti» ha rincarato Ravi.
Proprio l’imputato di Ravi è stato protagonista alla mattina di un grave malore che – oltre a portare alla sospensione temporanea del procedimento – ha comportato l’intervento dell’ambulanza e il ricovero in ospedale. Nel frattempo il 46enne è stato dimesso. «Il suo ruolo non era quello del capo, i capi non fanno i trasporti – ha detto in sua difesa Ravi –. È stato arruolato (da quest’organizzazione sovranazionale, ndr) e si è prestato perché ha avuto problemi di salute ed è stato licenziato. Ma prima di quello ha lavorato onestamente per circa dieci anni nel nostro Paese. È vero, ha agito per un guadagno, ma da ricondurre alla sua difficile situazione personale. È sbagliato quel che ha fatto ma è giusto concedergli una seconda chance», ha aggiunto l’avvocato.
«Appare evidente che era in grado di lavorare, avendolo fatto per delinquere – ha però sottolineato Pagnamenta –, ha quindi percepito abusivamente l’aiuto sociale (l’Assicurazione invalidità, ndr)». L’uomo, pur essendo prosciolto dall’accusa di truffa in quanto non ne sarebbero adempiuti gli elementi costitutivi, è stato dunque espulso esattamente come il coetaneo: «Hanno entrambi famiglia qui, ma nessuno dei due è minimamente integrato nel tessuto sociale ticinese. I reati sono tali da costituire un problema per l’ordine pubblico. Su quest’ultimo aspetto si è focalizzato in particolare Cantaluppi, il cui assistito ha ottenuto nel 2018 il diritto all’asilo da parte della Segreteria di Stato della migrazione. «Un rifugiato può essere espulso solo per motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico – ha detto il legale –. Nel caso concreto si contesta che sia un pericolo per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale. Se tornasse nel suo Paese sarebbe a rischio di gravi ripercussioni fisiche».
La pubblica accusa, rappresentata dalla pp Chiara Buzzi, aveva chiesto tre anni e nove mesi e tre anni e tre mesi (per i due 46enni) e venti mesi (per il 39enne). Ceroni ha chiesto invece una pena integralmente sospesa per quest’ultimo, Cantaluppi ha chiesto ventiquattro mesi sospesi condizionalmente e, qualora la pena fosse superiore, da scontare al massimo sei mesi per il proprio assistito (quello con legami in Germania), mentre Ravi «una pena contenuta nei limiti che permetta una sospensione almeno parziale, ricordando che ha già scontato oltre sei mesi». Per i 46enni è stato chiesto, invano, il caso di rigore dato che le rispettive famiglie vivono in Svizzera. In vista dell’eventuale Appello, per gli imputati è stata predisposta una carcerazione di sicurezza di tre mesi.