Luganese

Sedici indagati per il fallimento del casinò di Campione

Tra loro, accusati a vario titolo di bancarotta, ci sono anche ex sindaci e membri del precedente Consiglio d’amministrazione della casa da gioco

La casa da gioco
(archivio Ti-Press)
10 marzo 2023
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Una nuova inchiesta giudiziaria si abbatte su Campione d’Italia. Nelle ultime ore sedici indagati sono stati raggiunti da un avviso di chiusura delle indagini: sono accusati a vario titolo del reato di bancarotta, legata alla disastrosa situazione finanziaria in cui si era venuta a trovare la casa da gioco dell’enclave. Ci sono anche alcune operazioni più recenti. È la conferma dell’anticipazione de ‘laRegione’ dello scorso 26 gennaio.

A firmare l’accusa è il pubblico ministero Antonia Pavan, lo stesso magistrato inquirente che ha ereditato la vasta indagine scaturita da un esposto in Procura di Roberto Salmoiraghi e Alfio Balsamo quando erano consiglieri comunali di minoranza. Fra coloro che hanno ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini ci sono gli ex sindaci Maria Paola Mangili Piccaluga e Roberto Salmoiraghi e l’ex amministratore delegato Marco Ambrosini, al quale nei giorni scorsi è stato revocato l’incarico. Fra gli indagati anche i componenti del precedente Consiglio d’amministrazione della casa da gioco, un consigliere delegato, il vicedirettore generale, un istruttore fidi della Banca Popolare di Sondrio, un ex direttore della filiale di Campione d’Italia dello stesso istituto di credito.

Per tutti l’accusa sarebbe quella – stando al documento del magistrato inquirente – di aver effettuato operazioni finanziarie che hanno comportato la distruzione d’ingenti fondi e dissipato il capitale della società di gestione del Casinò dell’enclave. Nel mirino dell’accusa anche l’operazione Villa Mimosa, per cui la casa da gioco sei anni fa aveva acceso un mutuo per acquistare l’immobile. Un’accusa non nuova che era stata lasciata cadere dopo la revoca del fallimento del Casinò, ma che è tornata d’attualità dopo l’ammissione della Casinò di Campione al concordato preventivo che ha permesso la riapertura della casa da gioco.

All’ex ad Ambrosini l’accusa contesta il pagamento di una decina di migliaia di euro a una società di viaggi per acquisto di biglietti aerei da destinare a clienti che non avrebbero mai frequentato il Casinò, l’omesso incasso di crediti per 300mila euro, il valore delle fiches in precedenza acquistate da un giocatore (debitore della casa da gioco), e di aver disposto pagamenti per 15mila euro per operazioni che gli investigatori considerano inesistenti.

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