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‘Le critiche al Plan B? Strumentalizzazione politica’

Incontro con Paolo Ardoino, l’imprenditore che sta contribuendo a portare Lugano nel mondo della blockchain, suscitando non poche polemiche

(Ti-Press)
7 marzo 2023
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Se c’è una cosa di cui va reso atto al progetto Plan B, è certamente la sua capacità di far parlare di sé. Nel bene o nel male, la decisione del Municipio di trasformare Lugano nella capitale del Bitcoin ha portato il nome della città alla ribalta nel mondo delle criptovalute. A contribuire a questa popolarità c’è certamente la partecipazione al progetto da parte di Tether, la stablecoin più utilizzata al mondo, e del suo Cto, Paolo Ardoino. Le stablecoin (letteralmente monete stabili), a differenza delle altre criptovalute, hanno il loro valore ancorato a quello delle monete reali, in questo caso del dollaro. L’intero progetto del Plan B non avrebbe certamente potuto vedere la luce senza l’expertise e il contributo di Tether, e abbiamo deciso di fare quattro chiacchiere con l’uomo che ha reso possibile l’entrata di Lugano nel criptomondo.

Partiamo dall’inizio, chi è Paolo Ardoino?

Sono italiano, i miei sono originari di un paesino vicino ad Alassio, in Liguria. Sono sempre stato appassionato di computer: ho infatti iniziato a programmare all’età di otto anni, e adesso che ne ho 38 posso dire di avere un po’ di esperienza nel campo. In generale sono sempre stato appassionato di tecnologie disruptive (stravolgenti, rivoluzionarie, ndr), e ho studiato matematica applicata all’informatica all’università di Genova, dove sono rimasto a lavorare come ricercatore per qualche tempo una volta presa la laurea. Mi sono in seguito avvicinato sempre di più al mondo della finanza, e a dire il vero la prima esperienza in questo campo è stata proprio a Lugano, nel 2009. Esperienza che non è durata molto dato che mi sono trasferito a Londra poco dopo, dove sono rimasto per molti anni e ho aperto la mia start-up, con cui offrivo servizi tecnologici legati alla finanza. Nel 2014 mi sono avvicinato a Bitfinex, un exchange di criptovalute, e tre anni dopo mi sono avvicinato a Tether, diventandone il direttore tecnico (Cto).

Quali compiti svolgeva per Bitfinex e Tether?

In Bitfinex sono entrato prima come sviluppatore, per poi diventarne Cto nel 2016, e in quegli anni mi sono occupato della realizzazione dell’intera struttura di trading all’interno della piattaforma. Come Cto di Tether invece mi occupo principalmente della sicurezza e della supervisione dei processi gestionali di questa stablecoin. La parte legata alla sicurezza è sicuramente una delle più importanti, perché data la larga adozione di questa valuta e il numero di clienti, non ci possiamo permettere problemi in questo ambito.

Come è arrivato a Lugano e perché ha deciso di stabilirsi qui?

In realtà io sono una persona che viaggia il 95% del tempo, recandomi spesso in quei Paesi dove i mercati sono più attrattivi per noi. Ho preso una residenza qui a Lugano perché è una bella base, perché oltre ad adorarla come città, è vicina all’Italia dove ho i miei famigliari, ed è ricca di potenziale, anche grazie alla sua importante componente universitaria. Inoltre, avendo io vissuto in tanti posti e avendo girato molto, ho capito l’importanza di vivere in un posto che sia bello e sicuro, ricco di opportunità di lavoro e di ricerca.

Però comunque passa poco tempo in città.

Sì, perché per noi i mercati interessanti non sono l’Europa o gli Stati Uniti. Lo sono invece il Sud America, l’Africa e l’Asia, perché è lì che vediamo il futuro delle criptovalute. L’utilizzo di Tether non vuole essere il trader di Wall Street che manda soldi da una banca all’altra, ma il normale cittadino che vive in un mercato emergente in un Paese in via di sviluppo, che grazie a questa valuta ottiene l’accesso al dollaro. Perché è questo che ha permesso a Tether di diventare un colosso da 71 miliardi: nel mondo ci sono due miliardi di persone che non hanno accesso a un conto bancario, perché a causa della povertà anche solo dieci dollari di commissioni per aprire un conto per loro è un’infinità, mentre con Tether loro possono avere, sul proprio cellulare e a costo zero, tutto il denaro che vogliono, senza che questo si svaluti come ad esempio è successo alla lira turca, che ha perso l’80% del valore rispetto al dollaro in un solo anno.

Eppure a Lugano grazie a lei ha preso vita il progetto Plan B. Com’è nata questa collaborazione?

In realtà è nato tutto un po’ per caso. Nel 2021 avevo partecipato a un evento qui a Lugano legato alle criptovalute: lì ho capito che in questa città c’era apertura verso questo mondo. Ero stato invitato come ospite, ho avuto modo di conoscere il sindaco, e poi da cosa nasce cosa. In quel periodo stavo lavorando con il governo di El Salvador, per l’implementazione del Bitcoin come valuta legale, un processo tutt’ora in corso. Portando questa mia expertise è nata la collaborazione con Lugano e il progetto Plan B.

Con queste premesse si sarebbe potuto trasferire anche a Zugo, dove la Crypto valley locale è una realtà ben più radicata, anziché scegliere Lugano e partire da zero.

Giusta osservazione. Io ho molta familiarità con Zugo, e ho notato che il 90% delle aziende sono solo caselle postali, senza una vera comunità. Certo, ho incontrato spesso persone del mondo cripto a Zugo, ma quasi nessuno vive lì. Il vero vantaggio è una tassazione favorevole, ma non c’è molto altro.

A Lugano l’idea invece è di creare un ecosistema dove ci siano start-up, aziende già avviate e università che possano collaborare in questo ambito. Un ambiente dove ci sia ricerca, educazione e comunità. Senza poi parlare della posizione strategica e del clima infinitamente migliore.

A Lugano però, forse appunto perché si tratta di una novità, vi è anche una certa ostilità da una parte della politica: come la giudica?

A me dispiace quando si strumentalizza una tecnologia o un’opportunità per fini politici, perché si va potenzialmente a togliere al cittadino una possibilità solo per dare contro all’establishment o al partito di maggioranza. Capisco che l’opposizione debba fare opposizione, ma ritenere una tecnologia cattiva o non necessaria solo perché è promossa dalla maggioranza ha poco senso. Noi siamo aperti a tutti, e non abbiamo mai voluto escludere nessuno dal Plan B, che comunque è un progetto da cui Tether non ci guadagna nulla, visto che stiamo mettendo il capitale solo per fare ricerca. Inoltre non abbiamo mai detto a nessuno d’investire in Bitcoin: sarebbe come dare la possibilità ai commercianti di accettare gli Yen giapponesi e dire che noi vogliamo farli investire nello Yen.

Però il Bitcoin non è lo Yen. È molto più fluttuante e soggetto a speculazioni.

Sì, ma la possibilità di accettare i Bitcoin non vuol dire che i commercianti riceveranno Bitcoin. Con il Pos promosso dalla Città, la conversione verrà effettuata automaticamente, senza che il commerciante rischi nulla, perché lui riceverà direttamente il pagamento in franchi. Non è sicuramente intenzione nostra o della Città spingere i cittadini a speculare, ma di far conoscere loro questo mondo, rendendo al contempo Lugano più attrattiva.

Quindi le critiche sono pura strumentalizzazione politica?

Secondo me sì, perché di certo non si può dire che Tether non stia investendo moltissimi soldi in mercati emergenti, come El Salvador, Venezuela, Argentina, Ghana, Nigeria e molti altri Paesi in via di sviluppo, senza badare al ritorno d’investimento, perché noi abbiamo avuto fortuna e riteniamo che ogni tanto sia anche giusto dare qualcosa indietro. E stiamo facendo la stessa cosa a Lugano; e sono sicuro che se avessimo la possibilità di spiegare a tutti e ci venisse data attenzione, si capirebbe che siamo in buona fede. Comprendo la diffidenza, è una reazione totalmente naturale, ma strumentalizzare quanto stiamo facendo secondo me è un peccato.

Poi mi rendo conto che questa è ancora un’industria giovane con tutto quello che comporta. Le regolamentazioni sono praticamente inesistenti, e noi in realtà siamo i primi a chiederle, perché quando non si hanno regole, è anche difficile capire come muoversi. Perché Tether, a differenza di Bitcoin, non è decentralizzato, noi siamo forzatamente legati alle operazioni bancarie, però senza delle linee guida è anche molto più facile sbagliare.

Un tema che è emerso spesso tra gli oppositori è quello del blocco di Tether dalla piattaforma cripto.com in Canada. Cosa rappresenta questo per l’azienda?

Chiariamo una cosa: io non credo che Tether abbia un solo cliente in Canada, al massimo un paio. In secondo luogo, a noi il Nord America, così come l’Europa, non interessa come mercato. È inutile che io porti ad esempio in Svizzera, un modo migliore per fare da intermediario con le banche, perché qui c’è già il sistema migliore per fare transazioni in franchi, non si ha bisogno di Tether. Il nostro lavoro non è andare a fare la predica al Papa, ma di dare accesso al dollaro, che è lo strumento finanziario più importante al mondo, a quelle persone che non possono accedervi con i mezzi tradizionali. Quindi il Canada, di fatto, a noi non interessa.

Passiamo invece all’acquisto dell’Hub, che ora sappiamo si troverà tra via Motta e Contrada Sassello: come mai avete scelto proprio quell’edificio e quali piani avete in serbo per esso?

Innanzitutto cercavamo un ambiente spazioso, che ci permettesse di accogliere più società desiderose di avere una sede fisica sul territorio (potrà ospitare un centinaio di persone distribuite su quattro piani). Abbiamo poi avuto fortuna a trovare un edificio storico, quasi inutilizzato, e che avremo l’opportunità di restituire alla Città.

L’edificio, che oltre agli uffici includerà anche un ristorante, necessita di qualche rinnovamento. Gli uffici dovrebbero aprire a giugno, mentre il ristorante dovrebbe essere operativo per ottobre.

Qualcuno ha già mostrato interesse?

Abbiamo una lista molto lunga, con richieste che arrivano sia dalla Svizzera che dal resto del mondo, e sfortunatamente l’Hub non ha 15 piani, quindi dovremo fare una selezione, andando a scegliere aziende e persone che possano effettivamente contribuire al Plan B e alla Città. L’idea è che all’interno dell’Hub vengano proposti anche dei momenti d’incontro e di educazione, quindi i futuri residenti dovranno essere disposti a dare il loro contributo.

Inoltre non vogliamo venditori di fumo e speculatori di criptovalute, ma vogliamo costruttori di servizi basati sul mondo blockchain.

Quindi l’intero Hub sarà interamente in mano a privati?

Sì, la Città non ha messo un centesimo, né tanto meno necessita uno spazio al suo interno dato che il palazzo del Municipio si trova a 50 metri.

Infine, si è da poco celebrato un anno di Plan B: quali sono i progetti futuri?

Ritengo che in un anno siamo riusciti già a fare molto. Quest’anno riproporremo la Summer school che permetterà a studenti di tutto il mondo di venire a Lugano a studiare in questo ambito: l’anno scorso abbiamo avuto 86 studenti da 29 Paesi e quest’estate puntiamo ad avere ancora più studenti. Lanceremo anche la Spring school, che presenteremo venerdì, dedicata più al settore istituzionale e lavorativo, permettendo a chi opera nel settore finanziario e legale di approfondire questi concetti attraverso una serie di corsi serali. Abbiamo poi oltre 150 commercianti che hanno aderito al progetto e utilizzano il nostro Pos, che per loro è completamente gratuito e infine questo autunno si terrà la seconda edizione del Plan B Forum.

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