Non lascia scampo la sentenza della Corte di appello: deve lasciare la Svizzera la madre accusata assieme al marito di aver maltrattato i figli
Tredici mesi di carcere sospesi, con la condizionale per due anni, sono stati inflitti in prima istanza e la pena è stata confermata dalla Corte di appello e di revisione penale nei confronti della donna di 39 anni. Le tesi della difesa non hanno fatto breccia. Nei confronti della donna, nel dibattimento tenutosi in aula penale a metà dello scorso mese di gennaio, non sono emersi elementi sufficienti per invalidare l’aggravante di furto in banda. Pertanto, è stata sancita l’espulsione dalla Svizzera a carico della 39enne, poiché non sono stati ravvisati gli estremi per concedere il caso di rigore, visto che la donna non ha nessun tipo di legame in Ticino, tutta la sua famiglia risiede all’estero e ha avviato le pratiche per divorziare dal marito. La sentenza è stata intimata alle parti la settimana scorsa.
La vicenda penale, che aveva interessato la donna e, lo ricordiamo, suo marito, era balzata agli onori della cronaca nel settembre 2021, quando entrambi vennero arrestati. La coppia di origini egiziane – lui, 65 anni, passaporto svizzero, con una decina di precedenti penali per danneggiamento e furti e lei, cittadina egiziana – era stata accusati di ripetuta violazione del dovere d’assistenza o educazione e di ruberie di capi di abbigliamento. Avevano fatto scalpore i maltrattamenti sui loro figli, continuati per quattro, dal 2017 fino a quando ai loro polsi sono scattate le manette e il carcere preventivo per due mesi. Figli che avevano riportato conseguenze: presenza di traumi precoci, sofferenze fisiche e psichiche e ritardi nello sviluppo del bambino, mentre sulla bambina, in base al rapporto del Servizio medico psicologico, erano stati riscontrati fragilità cognitiva ed emozionale e un lieve ritardo nello sviluppo.