L’istanza arriva dalla difesa e la pubblica accusa ha acconsentito. Ora spetta alla Corte stabilire se il processo si svolgerà in presenza o meno.
Il processo in appello per l’accoltellamento alla Manor di Lugano del 24 novembre 2020 potrebbe non tenersi in presenza. La difesa della donna di Vezia, rappresentata dagli avvocati Daniele Iuliucci e Simone Creazzo, ha chiesto infatti alla Corte d’appello del Tribunale penale federale (Tpf) la procedura scritta. Questo comporterebbe dunque che le parti producano in forma scritta le proprie tesi contrapposte, evitando che si ripeta il dibattimento in aula del primo grado. L’accusa rappresentata dalla procuratrice federale del Ministero pubblico della Confederazione (Mpc) Elisabetta Tizzoni ha acconsentito all’istanza della difesa. L’ultima parola spetta ora alla Corte, che sarà presieduta dal giudice Maurizio Albisetti Bernasconi.
La Corte del Tpf – composta da Fiorenza Bergomi (presidente), Roy Garré e Monica Galliker –, ricordiamo, ha condannato la 30enne a nove anni di detenzione e a una multa di 2’000 franchi per ripetuto tentato assassinio, violazione della Legge federale che vieta i gruppi ‘al-Qaida e ‘Stato Islamico’ nonché le organizzazioni associate, come pure per ripetuto esercizio illecito della prostituzione. La condanna principale riguarda quanto ha commesso al quinto piano dei grandi magazzini luganesi oltre due anni fa, ossia quando ha intenzionalmente tentato di uccidere due donne con un coltello da cucina acquistato poco prima. Lo scopo era decapitarle, inneggiando all’Isis. Fortunatamente non è riuscita nell’intento, ferendo tuttavia in maniera seria una delle due vittime. Il caso, definito dal giorno stesso dalle autorità cantonali e federali di polizia come atto di terrorismo, ha fatto il giro del mondo. E anche la Corte presieduta da Bergomi ha definito i fatti «duplice tentato assassinio a sfondo jihadista».
E proprio questo è il principale motivo che ha portato il caso in Appello. L’Mpc – che per primo ha ricorso, mentre la difesa ha poi seguito con un appello adesivo – chiede infatti, come già in primo grado, che l’imputata sia riconosciuta colpevole di violazione dell’articolo 2 della Legge contro i gruppi ‘al-Qaida’ e ‘Isis’ anche per la duplice aggressione e non solo per alcune frasi inneggianti all’Isis. La Corte, tuttavia, ha negato quest’istanza considerando il tentato assassinio quale reato più grave rispetto al movente jihadista, non considerando dunque anche quest’aggravante. D’altra parte, la difesa chiede il proscioglimento integrale dall’articolo 2 e un’ulteriore riduzione di pena anche in virtù del tempo passato fra primo e secondo grado. L’accusa si batterà in secondo grado per un aumento della condanna: già in primo grado aveva chiesto quattordici anni.
Il processo in Appello sarebbe previsto su alcuni giorni durante la seconda settimana di luglio. L’imputata al momento si trova ancora al carcere Farera, in attesa che inizi la terapia stazionaria in sostituzione della condanna.