La bravata da folli di due sobri 50enni è costata una pena di due anni di prigione condizionalmente sospesa. ‘È stato un momento di euforia’
Due auto, una Mercedes-benz Glc e un’Audi Rs6, sfrecciano fino a 280 chilometri orari sull’A2 in direzione sud. No, non una scena di ‘Fast&Furious’. Non una bravata da ragazzini, ma la follia compiuta da due 50enni la sera del primo giugno 2019, in totale sobrietà. Due padri di famiglia, con alle spalle carriere rispettabili, oggi condannati dalla Corte delle Assise criminali presieduta dal giudice Mauro Ermani, con l’accusa di infrazione grave qualificata alle norme della circolazione a 24 mesi sospesi condizionalmente per due anni.
Una storia che ha del tragicomico. A incriminarli quella notte non sono stati, come si potrebbe immaginare, i controlli radar, bensì un video registrato dal figlio del 52enne residente nel Luganese finito per caso tra le mani degli inquirenti. Un filmato che riprendeva sia il contachilometri dell’Audi guidata dal 53enne del Mendrisiotto – sulla quale il figlio dell’amico era passeggero – sia la Mercedes che li seguiva e che infine li ha seminati. Immagini che hanno permesso al procuratore pubblico Zaccaria Akbas di aprire l’inchiesta e di promuovere l’accusa.
Venti minuti di «pura euforia», come li ha definiti il 52enne, l’unico presente oggi alla sbarra (il suo amico era assente giustificato), in cui i due hanno sfrecciato da Rivera a 230 km/h sul limite di 120, passando per il picco più alto a Mezzovico a 280 km/h, fino a raggiungere i 220 su un limite di 80 a Vezia. Il tutto alle otto di un sabato sera.
L’uomo, difeso dagli avvocati Yasar Ravi e Rossano Guggiari, dopo un percorso riabilitativo ha riavuto la patente, ma oggi la macchina non gli interessa più. «Non ho mai guidato così. Non sono una persona aggressiva sulla strada. Mi rendo conto che ho agito da incosciente. Oggi per me l’auto è un mezzo superfluo». Dopo aver pronunciato la sentenza, il giudice ha congedato l’imputato avvisandolo: «Dopo il cartellino giallo, arriva quello rosso fuoco, non la voglio più rivedere qui».