Ripreso il processo nei confronti del 30enne che ha infranto con due sassi le vetrate del Palazzo di giustizia di Lugano. Sentenza nei prossimi giorni
Il nodo da sciogliere resta sempre quello: il 30enne che nel marzo dell’anno scorso si è recato nello studio del suo ex avvocato con un bastone (a cui era legato un panno bianco) e ha tirato due sassi contro le vetrate del Palazzo di giustizia di Lugano va curato con un trattamento stazionario (come indicato dalla perizia) o ambulatoriale (come richiesto dalla difesa)? Dopo l’interruzione dello scorso ottobre, il dibattimento davanti alla Corte delle Assise criminali di Lugano presieduta dal giudice Mauro Ermani è ripreso oggi, lunedì. La sentenza verrà comunicata in forma scritta alle parti nei prossimi giorni.
A inizio dibattimento la Corte si è chinata sull’istanza, poi respinta, presentata la scorsa settimana dalla difesa che chiedeva di rinviare e sospendere il procedimento essendo pendente un ricorso al Tribunale federale – presentato dopo la giornata processuale di ottobre – in merito a questioni formali e alla ricusa del presidente. «Quando la legge è chiara non c’è spazio per decisioni interpretative o di opportunità – sono state le parole del giudice Ermani –. Se il procedimento venisse sospeso, ci sarebbe infrazione del diritto federale. Non è nemmeno possibile con le carte prendere una decisione diversa perché la legge impone di andare avanti». Preso atto della decisione, l’avvocato Filip Cerimanovic ha già dichiarato che «se ricorso e ricusa verranno accolti, ci si riserva fin d’ora il diritto di presentare nuove censure durante il nuovo dibattimento».
Oggi il 30enne, che soffre di un disturbo paranoide e di un delirio di tipo persecutorio, sta «tutto sommato bene» e ha deciso di iniziare una presa a carico nella forma del depot, ovvero una particolare formulazione di farmaci che consente l’accumulo nei tessuti e il graduale rilascio nel tempo della sostanza terapeutica somministrata. «Ottengo maggiori benefici – ha spiegato rispondendo al giudice –. Visto che voglio curarmi, ho deciso di seguire questo trattamento». Nel mese di dicembre l’uomo è stato nuovamente esaminato da un perito. «Dal momento dell’arresto ci sono stati miglioramenti – sono state le parole del procuratore pubblico Pablo Fäh, che ha chiesto la conferma della sua istanza e quindi un trattamento stazionario –. Soffre di una turba psichiatrica grave cronica e la situazione attuale è ancora troppo incerta». Prima di arrivare a un trattamento ambulatoriale «è importante che il lavoro terapeutico porti a una maggiore comprensione della patologia e della necessità di curarsi». Per questo, a mente dell’accusa, «è ancora necessario un periodo d’osservazione di circa sei mesi».
La pubblica accusa ha formulato altre due ipotesi di reato: tentate lesioni semplici con oggetto pericoloso e tentata coazione verso l’ex avvocato e l’impiegato della società che ha aperto la porta all’imputato. Ipotesi che la difesa ha contestato, chiedendo la «scarcerazione immediata e un’equa indennità per ingiusta carcerazione». Il legale ha inoltre ricordato che «un trattamento stazionario deve essere respinto se una misura più lieve permette di avere lo stesso risultato. Per il perito l’asserito rischio di recidiva è comunque ridotto». Il 30enne «è una persona che ha immediatamente iniziato a prendere farmaci e a seguire un percorso psicologico, ha più volte confermato di aver capito gli errori commessi e ha volontariamente e spontaneamente chiesto di seguire la terapia con depot». La volontà di farsi aiutare, ha concluso l’avvocato, «non è astratta, non sono solo parole, e il servizio psicosociale ha dato la disponibilità di prenderlo a carico».
Prima della chiusura del dibattimento, l’imputato ha affermato che «mi dispiace per quello che ho fatto, ho avuto comportamenti incivili ma volevo solo parlare con l’avvocato: in quel momento mi sentivo ingannato per il suo operato in un precedente procedimento. Mi sono recato da lui quando stavo protestando per le ingiustizie che credevo di aver subito». Come emerso nel processo di ottobre, nel 2018 il 30enne era stato condannato a 3 anni e 3 mesi per tentato omicidio. Il 4 marzo scorso ha lasciato la sua abitazione per manifestare contro le ingiustizie subite con un bastone di legno con attaccato un panno di stoffa. Raggiunto lo studio del legale, ha cercato di aprire la porta in vetro infrangibile colpendola a più riprese con un bastone. Dopo che un impiegato di una società gli ha aperto la porta, l’imputato ha colpito e distrutto una foto incorniciata appena nell’atrio, chiedendo – senza esito – di vedere l’avvocato e abbandonando poi i locali per raggiungere il vicino Ministero pubblico. L’uomo, in carcere da quel giorno, è stato arrestato dopo pochi minuti a Vezia, dove aveva rubato una bibita.