Luganese

Molino: ‘L’occupazione conferma il bisogno di spazi liberi’

Gli autonomi tornano a farsi sentire dopo l’occupazione provvisoria del 25-26 dicembre all’ex mercatino Caritas di Lugano e le successive polemiche

L’edificio, quando era ancora in esercizio
(Ti-Press)
6 gennaio 2023
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"La notte del 25 e la sua ampia partecipazione confermano il bisogno reale di spazi liberi e liberati, di aggregazione e di cultura dal basso". Questa l’opinione del Centro sociale autogestito Il Molino, che torna così a farsi sentire una decina di giorni dopo l’occupazione provvisoria dell’ex mercatino della Caritas a Molino Nuovo, avvenuta nella notte fra il 25 e il 26 dicembre scorsi, e le successive polemiche.

‘Gesto di salute pubblica e trasformazione positiva’

In una nota, gli autonomi ricordano che il gesto natalizio ha permesso "a tante persone di passare una serata al di fuori della ‘normalità imposta’ e in cui qualche fuoco pirotecnico ha brevemente illuminato il triste e monotono panorama cittadino". Fuochi paragonati a quelli di Capodanno e del Primo d’agosto e che "mai disturbano". Si ricorda poi il principale motivo dell’occupazione: "Ci siamo prese un’altra notte, per ridar vita a uno stabile che da più di 10 anni giaceva in condizioni d’abbandono completo, in un quartiere che sta per essere trasformato dalle manie di grandezza e d’arricchimento della città di Lugano. Insomma, fondamentalmente un gesto di salute pubblica e di trasformazione positiva".

I molinari replicano poi parzialmente alle polemiche susseguitesi. La presa di posizione dell’Udc viene definita "consueto sgrammaticato delirio che ricorda perlomeno le altolocate responsabilità dello sgombero e della distruzione dell’ex Macello nel 2021", in quanto i democentristi hanno sottolineato che "non spetta alla polizia decidere se intervenire ma l’ordine deve giungere dall’alto a livello di Esecutivo comunale e cantonale".

‘Tre scritte facilmente pulibili su quattro armadi smontati’

Ma la replica più articolata è certamente quella nei confronti della Fondazione Vanoni, proprietaria dello stabile. Il direttore Mario Ferrarini ha infatti stigmatizzato l’accaduto, dichiarazioni che secondo il Molino "strumentalizzano subdolamente ‘le famiglie indigenti’ (alle quali sono rivolti i mobili presi di mira dagli autogestiti, ndr) per 3 scritte facilmente pulibili su 4 armadi smontati, ammuffiti, buttati lì alla bell’ e meglio e per 4 scritte all’interno di un edificio decadente la cui demolizione sembrerebbe prossima! Sconcertante davvero".

Critiche alla Fondazione Vanoni

Le critiche alla Fondazione non terminano qui. Ricordando che alla Vanoni è stato affidato il mandato di gestione del Centro educativo chiuso per minori, il Molino evidenzia che l’approccio si baserà "su misure punitive e coercitive". "Fondazione che (caso volle...) – continua la nota – pochi giorni dopo la denuncia imposta dell’occupazione del 29 maggio 2021, riceveva infine l’agognata autorizzazione per il progetto della cittadella sociale a suo tempo lanciato da Mimi Bonetti Lepori. O ‘futuro Polo sociale’ che dir si voglia, messo in stand by dopo la morte di Lepori e poi ‘improvvisamente’ tornato d’attualità dopo l’occupazione. Progetto che sorgerà (guarda caso…), proprio sul sedime tra ex Caritas ed ex Vanoni, abbattuto con una strana fretta e (guarda caso...) in assenza della necessaria richiesta edilizia (poi ottenuta a posteriori, ndr)".

‘Una corsa a riqualificare vecchi edifici dismessi’

In chiusura, la critica del Molino si allarga: "Futuro Polo sportivo, futuro Polo economico, futuro Polo culturale, futuro Polo sociale. È tutto un fiorire di Poli. Peccato che poi di effettivi luoghi di socialità e di sperimentazione al di fuori della macchina consumista e spettacolare, poco o niente. Anzi. A Lugano sembra sia in atto una corsa a riqualificare vecchi edifici dismessi o piuttosto ad abbatterli. Il tutto per non permettere nessun utilizzo altro di strutture abbandonate e lasciate deperire da anni", come l’ex mercatino Caritas "una struttura in totale deperimento. La notte del 25 e la sua ampia partecipazione confermano invece il bisogno reale di spazi liberi e liberati, di aggregazione e di cultura dal basso. Spazi politici che producono conflitto, idee, saperi, mondi altri e che mettono in discussione lo stato delle cose attuale. Né più né meno".

Infine, "al di là della solita, mentirosa e ripetitiva narrazione ufficiale, al di là delle minacce dei campi di rieducazione, al di là della perenne incapacità di comprendere" si ricorda che "con tutta questa questione (dell’autogestione, ndr) dovrete comunque farci i conti. Volenti o nolenti. Piaccia o non piaccia".

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