Ventidue mesi all’uomo che ha ottenuto indebitamente 350’000 franchi avendo dichiarato una cifra d’affari della società che gestisce più che doppia
«L’ho fatto per non lasciare a casa nessuno, ero in buona fede». Si è giustificato così, dinanzi alla Corte delle Assise correzionali di Lugano presieduta dal giudice Amos Pagnamenta, il 47enne accusato di truffa e falsità in documenti. L’uomo è stato condannato a ventidue mesi sospesi condizionalmente per due anni per aver ottenuto indebitamente 350’000 franchi nel 2020, nell’ambito dei crediti concessi per far fronte all’emergenza Covid.
Secondo l’atto d’accusa stilato dalla procuratrice Veronica Lipari, l’imputato – per conto della società di Lugano di cui è socio e gestore – ha inoltrato una richiesta di credito a una grande banca elvetica di 350’000 franchi: il 10% della cifra d’affari dichiarata per il 2019, ossia il massimo consentito per questo tipo di aiuto. Il problema è che la reale cifra d’affari della società non era di 3,5 milioni di franchi, bensì di poco inferiore a 1,4 milioni. Il 47enne, uno svizzero residente in città e difeso dall’avvocato Luca Bernasconi, si è giustificato dicendo che l’ha fatto per «andare avanti con la società, per pagare i dipendenti: non ho mai licenziato nessuno e spero di non doverlo mai fare». Oltre alla pena detentiva sospesa, durante la procedura di rito abbreviato l’uomo è stato pure condannato a una multa di 1’000 franchi.