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Compostaggio, il ricorso di Torricella-Taverne e Ponte Capriasca

I due Comuni hanno inoltrato un’opposizione al Consiglio di Stato contro il Piano di utilizzazione cantonale per l’impianto sovraregionale di Caiscio

L’area di compostaggio di Caiscio con, sullo sfondo, il paese di Torricella-Taverne
(Ti-Press)
18 novembre 2022
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Quell’impianto di compostaggio non s’ha da fare. S’infoltisce il fronte dei contrari al progetto d’importanza sovracomunale del Luganese, che il Cantone vorrebbe realizzare a Caiscio, fra Torricella-Taverne e Ponte Capriasca. Tre ricorsi sono infatti stati inoltrati a fine ottobre al Tribunale cantonale amministrativo (Tram) contro il Piano di utilizzazione cantonale (Puc), approvato dal Gran consiglio lo scorso giugno. Due opposizioni sono proprio dei due Comuni coinvolti, mentre una terza è stata firmata da un gruppo di privati di Torricella-Taverne guidato dalla granconsigliera Roberta Passardi (Plr). E intanto, dopo che un gruppo interpartitico aveva già consegnato oltre un migliaio di firme nell’estate del 2021 a Ponte Capriasca, giovedì 17 novembre poco meno di 400 cittadini di Torricella-Taverne hanno consegnato le firme che ha raccolto la propria petizione.

Cattivi odori, aumento del traffico, impatto su flora e fauna

Cattivi odori, aumento del traffico pesante, impatto su flora e fauna. Questi i motivi principali dell’opposizione della cittadinanza dei due comuni, peraltro scontenti già da lungo tempo dato che lo stesso luogo ospita una società, la Caiscio Compost Sagl, che da oltre vent’anni svolge attività analoghe. Si tratterebbe dunque di potenziare e ingrandire le strutture esistenti. Ma andiamo con ordine. Il Piano cantonale di gestione dei rifiuti (Pgr) ha suddiviso il cantone in cinque comprensori nei quali individuare dei punti per costruire impianti di compostaggio d’importanza sovracomunale, in quanto vi sono la necessità e l’urgenza di assicurare lo smaltimento (e la valorizzazione) degli scarti vegetali. Il Dipartimento del territorio ha dunque promosso l’identificazione di ubicazioni adeguate, considerando anche la presenza di impianti già presenti. Per il Luganese si è pensato alla struttura di Caiscio, che secondo le proiezioni dovrebbe avere una capacità di 20’000 tonnellate all’anno. Tuttavia, per procedere mancano le basi pianificatorie a livello comunale: il Piano regolatore di Torricella-Taverne definisce la zona piazza di compostaggio ma solo parzialmente, mentre quello di Ponte Capriasca non la definisce. Pertanto, il Cantone ha pensato al Puc, per promuovere direttamente la realizzazione dell’impianto.

Il problema centrale? La tipologia dell’impianto

Il progetto viene presentato per l’informazione e la partecipazione pubblica nel giugno del 2019 e tre anni dopo passa in Gran consiglio, con un ampio consenso: dieci astenuti e cinque contrari. Fra quest’ultimi Passardi. «Quello non è il luogo adatto per tanti motivi» spiega a ‘laRegione’. «Intanto a nostro giudizio non è stata fatta una ricerca approfondita di alternative. Ad esempio, non sono state tenute assolutamente in considerazione le aree industriali, dove una struttura come questa potrebbe anche sorgere. Certo, a determinate condizioni, che qui non si sono volute vincolare». E si tocca il punto forse centrale della questione: la tipologia di impianto. Secondo il Puc, le tecniche per la realizzazione sono il compostaggio in box in capannone aperto e in box in capannone chiuso. Quest’ultima soluzione di arginare al massimo gli odori sgradevoli ma è anche la più costosa. Pertanto, il Consiglio di Stato (Cds) – e parimenti il legislativo con la sua votazione – non hanno inserito un vincolo per quell’opzione, in quanto si ritiene che inciderebbe troppo sui costi e sulle tariffe, che non risulterebbero concorrenziali. La scelta definitiva della tipologia viene demandata al secondo Rapporto d’impatto ambientale (Ria), da allestire durante la fase di progettazione della domanda di costruzione. «E questo è un errore – per Passardi –, sono aspetti che devono essere definiti adesso, in futuro vincoli di questo tipo non potranno essere inseriti».

‘La sopportabilità economica è assodata’

Anche il sindaco di Ponte Capriasca spiega che il problema principale è quello. «I rifiuti bisogna eliminarli e siamo tutti d’accordo – osserva Pietro Lisdero –. I problemi si creano quando si deve decidere su dove depositarli e smaltirli. Nel caso concreto noi contestiamo in particolare i requisiti del Puc. Come Comuni chiediamo che sia un impianto completamente al chiuso. Invece il messaggio approvato non dà questa garanzia». «In realtà anche i box a nostro giudizio non sono sufficienti – aggiunge Passardi –, si dovrebbero fare dei silos come in altre parti della Svizzera, ad esempio a Zugo. La sopportabilità economica è già assodata, perché si tratta di impianti chiusi che funzionano benissimo». Altre problematiche sollevate dai ricorsi sono quasi tutte in un modo o nell’altro riconducibili alla tipologia di impianto che si dovrebbe costruire.

Situazione attuale parzialmente abusiva

Ad esempio, il fatto che il luogo scelto confina con zone naturali protette sia a sud sia a nord, con un sentiero educativo, e pertanto eventuali ampliamenti sarebbero molto limitati «e dunque a maggior ragione sono necessarie delle strutture moderne e performanti come i silos». Impianti chiusi sono preferibili anche per l’odore: i ricorrenti contestano la vicinanza delle zone residenziali e commerciali all’area di compostaggio. «In effetti è da più di vent’anni che subiamo i cattivi odori – conferma Lisdero –, in cancelleria arrivano molti reclami, che noi prontamente giriamo alla ditta. Loro poi agiscono per far cessare queste puzze, ma il problema si ripresenta regolarmente e costantemente». E i rapporti fra i Comuni, quello di Ponte Capriasca in particolare, e la società non sono sempre semplici. «Sono stati fatti dei lavori che consideriamo abusivi» spiega il sindaco. Nel 2017 in effetti l’azienda aveva fatto domanda di costruzione per un capanno aggiuntivo. Per questioni pianificatorie, il Comune aveva dato il diniego, che la società ha impugnato. A fine ottobre è arrivata la decisione di stralcio della procedura da parte del Cds, «annullando di fatto anche la loro richiesta – spiega il sindaco –. Loro però nel frattempo questi lavori li hanno fatti e pertanto allo stato attuale li consideriamo abusivi, in quanto effettuati senza licenza edilizia». E ora? «Adesso inizierà una nuova procedura, quella dell’ordine di ripristino, in sostanza si chiederà ai proprietari di demolire il capanno in questione». «È un’attività che non ha conseguito neanche le specifiche autorizzazioni di esercizio tranne che sul mappale centrale – aggiunge la granconsigliera –, nemmeno per il disboscamento. C’è una situazione di illegalità che purtroppo è stata tollerata sia dal Dipartimento del territorio sia dal Comune di Torricella-Taverne». Non è stato possibile ottenere delle repliche da parte della società sui punti contestati.

Necessari disboscamento e lo spostamento del riale San Zeno

E proprio il dissodamento, necessario per i fini del Puc, è tra i motivi dei ricorsi. Da un lato gli oppositori sottolineano che questo è possibile solo se ci sono motivi preponderanti, che per il Cantone sono dati dalla necessità di allestire l’impianto in quel luogo mentre per i ricorrenti come visto si sarebbero potuti scegliere anche altri posti. D’altro canto, per gli oltre 12’000 metri quadrati di area boschiva che verrebbero meno il Cantone prevede di versare circa 243’000 franchi nel Fondo cantonale per la conservazione della foresta. «Ma non sono vincolati alla Valle del Vedeggio e questo lo riteniamo un problema», osserva Passardi. Sempre per la stessa ragione dei motivi preponderanti che non sarebbero tali, i ricorrenti si oppongono poi allo spostamento del riale San Zeno, che verrebbe traslato ai confini della zona interessata dagli interventi e nelle intenzioni cantonali dovrebbe essere oggetto di un progetto di rivitalizzazione. Inoltre, si contesta il fatto che sia scelto un sito inquinato per la costruzione dell’impianto invece di bonificare il sedime.

L’area è un sito inquinato. Passardi: ‘Si controlli se c’è amianto’

L’area, infatti, corrisponde al deposito dell’ex discarica Agustoni ed è iscritta nel catasto cantonale de siti inquinati. Tuttavia, stando alle analisi commissionate dal Dipartimento, per il deposito di materiali di scavo, rifiuti edili e scarti vegetali in questione non sarebbero prevedibili effetti dannosi o molesti e pertanto il sito non necessiterebbe di sorveglianza né di risanamento. «Però tra gli inerti lì depositati potrebbe esserci anche dell’amianto, bisognerebbe fare verifiche più approfondite», sostiene la granconsigliera. Contestati infine degli aspetti pianificatori e procedurali, come ad esempio che l’impianto non sia stato ancorato integralmente preventivamente a livello di Piano direttore cantonale (Pdc) e che non ne sussista un consolidamento sufficiente e definitivo sempre a livello di Pdc che possa permetterne la successiva attuazione tramite la pianificazione dell’utilizzazione.

Consegnata una petizione

Oltre ai ricorsi, come detto, vi è anche una petizione firmata da 385 cittadini di Torricella-Taverne. Questa chiede di sospendere e rivalutare la decisione sottolineando che "invece di regolarizzare gli abusi commessi, con questo nuovo progetto il Cantone intende ora estendere questo deturpamento del territorio". Si fa riferimento ai cattivi odori e alla conseguente necessità per "vari periodi dell’anno a vivere con le finestre chiuse", ma anche alla flora e alla fauna: "Oltre 12’000 metri quadrati di bosco verranno disboscati e dissodati, ostacolando tra l’altro il passaggio faunistico per il quale più a monte (zona dosso di Taverne, ndr) sono stati investiti capitali importanti". E poi si tocca il tema del traffico di veicoli pesanti. Il traffico giornaliero di quest’ultimo è stimato in 106, contro la sessantina di attuali. Per il Cantone si tratta di un impatto sopportabile, considerato anche il volume giornaliero globale sulla strada dalla quale parte l’accesso all’area di compostaggio (7’200 veicoli), mentre per la petizione "l’impatto ambientale sulle vicine zone residenziali sarà importante, mentre la viabilità dei Comuni confinanti, soprattutto considerando che il tutto sarà concentrato sull’arco delle otto ore lavorative, sarà irrimediabilmente compromessa".

Il malcontento dunque non è poco e di nodi al pettine ve ne sono più d’uno. E gli eventuali tempi di realizzazione ora con questi ricorsi, quantomeno si allungano, a fronte di una problematica – quella dello smaltimento dei rifiuti – riconosciuta da tutti e che necessita di soluzione.