La procuratrice Margherita Lanzillo propone pene da espiare nei confronti di tutti i sei imputati, cinque dei quali sono da espellere dalla Svizzera
«Tutti gli imputati che sono oggi in aula hanno preso parte all’impresa illegale, attiva nella vendita di elevate quantità di cocaina, almeno dieci chili. Soprattutto nel Sottoceneri, ma, al momento dell’arresto, l’attività si stava espandendo anche al Bellinzonese». La procuratrice pubblica Margherita Lanzillo, che ha preso parola stamattina al dibattimento in corso a Palazzo di giustizia di Lugano, non ha alcun dubbio. Al termine della requisitoria, la rappresentante dell’accusa ha formulato le richieste di pena nei confronti dei sei imputati alla sbarra da lunedì: nove anni di reclusione al 29enne, otto alla sua compagna, 7,5 alla 53enne. Chieste pene da espiare, più l’espulsione dalla Svizzera, per dieci anni, anche per i tre ‘cavallini’: cinque anni e mezzo al 40enne, quattro e mezzo al 27enne e tre anni e dieci mesi al 30enne. Tutti, ieri, hanno ammesso solo un traffico inferiore al chilo di cocaina, mentre la ex frontaliera ha dichiarato di non sapere quanta droga ha trasportato l’anno scorso in otto mesi, dall’aprile al giorno dell’arresto.
La procuratrice ha messo in evidenza l’aspetto inquietante e allarmante relativo al fenomeno in aumento del traffico di droga proveniente dall’Albania. Un traffico che, nel caso concreto, viene gestito come un’azienda dal ‘direttore’, il 29enne albanese. Una società in grado di adattarsi velocemente ai cambiamenti. Secondo Lanzillo, dal profilo penale, non ci sono ambiguità. I sei imputati si sono resi responsabili di violazione aggravata della Legge federale sugli stupefacenti. La loro modalità operativa configura un agire in banda. Tutti gli imputati hanno favorito l’attività criminale, fermata dagli inquirenti nel dicembre scorso. Anche il reato di riciclaggio di denaro, provento di attività illecita, è comprovato, per la pp. Fino al dibattimento, tutti gli imputati hanno contestato i quantitativi, tuttavia, ha continuato l’accusa, le numerose prove acquisite dimostrano il contrario. Nell’inchiesta Swiss, avviata per caso dopo alcune segnalazioni relative a movimenti strani attorno a un’abitazione di corso Elvezia a Lugano, ci sono stati innumerevoli accertamenti e verifiche. La più rilevante, evocata dalla procuratrice, è quella relativa all’intercettazione telefonica della lite tra la coppia che gestiva, nella quale il 29enne ha parlato di un guadagno di 200’000 franchi. Una cifra che dimostrerebbe come la banda abbia trafficato almeno dieci chilogrammi di cocaina sull’arco nove mesi, sostiene Lanzillo.
Le tesi accusatorie si fondano anche sulla collaborazione della 53enne italiana, nei mesi successivi all’arresto. Da questo punto di vista, la pp considera tardive e inspiegabili le ritrattazioni di lunedì e ieri da parte della donna incaricata di portare la droga in Svizzera dall’Italia e di consegnare la merce agli spacciatori sul territorio ticinese, recuperando il denaro della droga venduta. La 53enne ha addirittura allestito una tabella, nella quale ha ammesso sei chili di sostanza trasportata. La donna ha pure confermato i viaggi a Locarno e in altre località del locarnese. Ha raccontato spontaneamente praticamente tutto. Un racconto che appare sincero e coerente. Tanto che la procuratrice ha ripreso per corroborare la tesi accusatoria. La 53enne si è assunta tuttavia le proprie responsabilità. Grazie a lei, ha continuato la pp, si è potuto giungere a processo in relativamente poco tempo. La donna non ha la caratura da criminale, ma si è fatta ingolosire dal guadagno facile, mentre aveva un impiego ben retribuito.
Gli altri imputati, invece, non hanno collaborato. Il capo dell’azienda, il 29enne albanese, ha agito unicamente per scopo di lucro. In dieci mesi, ha gestito un vasto traffico di droga, eppure riconosce solo una minima parte della proprie responsabilità. Non è credibile. Ha tentato invano di sminuire la sua funzione dirigenziale. Il suo comportamento, coinvolgendo la compagna che stava tentando di uscire dalla dipendenza della cocaina, è deleterio e sciagurato, senza scrupoli, secondo la pp. Compagna che è cresciuta in Ticino, conosceva il territorio e ha riconosciuto di aver collaborato nell’attività criminosa, ma in aula penale si è allineata ai quantitativi ‘ribassati’ ammessi dal compagno, mentre durante l’inchiesta aveva parlato di un traffico di alcuni chili di droga. Anche lei, secondo la pp, non è credibile. Stesso discorso, per quanto riguarda, i cavallini’: i loro tentativi di sminuire i quantitativi non reggono, secondo l’accusa.
Ora, la parola passa ai sei avvocati difensori.