Luganese

Quando i bambini si fanno ‘costruttori di pace’

L’iniziativa dell’Oratorio di Lugano porta a far riflettere le nuove generazioni sul loro ruolo di ponte di unità fra i popoli

Vittime dei combattimenti
(Keystone)
11 novembre 2022
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Costruttori di pace. Facile a dirlo, più difficile realizzarlo. Lo viviamo, in Europa, anche oggi, nel cuore di un continente che in passato è stato teatro, fra dolore e lutti, di due guerre mondiali. Il conflitto in atto in Ucraina, dopo l’invasione della Russia dello scorso febbraio, sta infatti minando non solo la sicurezza di un’intera popolazione, ma ha raggiunto anche i cuori delle nuove generazioni.

Nel cortile e negli spazi dell’Oratorio di Lugano sono molti i bambini e gli adolescenti che riversano su educatori e animatori le preoccupazioni e il disagio dei combattimenti quotidiani, a poco più di 1’500 chilometri di distanza dalle loro case, di cui sono testimoni attraverso uno schermo televisivo. «È proprio da questa loro sensibilità che vogliamo partire per un piccolo, ma significativo gesto per costruire la pace» ci introduce nell’iniziativa il direttore don Emanuele Di Marco. Perché saranno proprio i più piccoli, con le loro famiglie, domenica 13 novembre, a dire ‘Basta alle guerre’.

Edificare un mondo migliore

«La mattinata, che si snoderà dalle 10 alle 11.15 in piazza San Rocco 3, alla quale parteciperà anche l’arcivescovo di Leopoli, cittadina dell’Ucraina, monsignor Mieczyslaw Mokrzycki, vuole essere un gesto concreto di attenzione e coinvolgimento dei bambini nel processo di costruzione della pace – evidenzia don Emanuele –. Gia dai primi anni, i bambini ricevono molte notizie e ne assorbono la portata… in questi mesi di precari equilibri sociopolitici anche i piccoli vivono la continua minaccia di un futuro bellicoso. In Oratorio ce ne siamo resi conto dalla nostra ‘Prayers Box’ (la scatola delle preghiere), dove i piccoli possono lasciare le proprie intenzioni spontaneamente. Moltissime preghiere invocano la pace, chiedono "che non ci sia una guerra nucleare", che "il papà non debba andare in guerra" o altro».

Domenica mattina, dopo un momento di accoglienza e di ascolto di una breve testimonianza dell’arcivescovo, e prima della Messa celebrata alle 11.30 nella chiesa di Sant’Antonio e di una colazione offerta a tutti i presenti, verrà così promossa un’attività concreta, di circa un’ora, di costruzione della pace: «Prenderemo i giornali e ci improvviseremo tutti ‘costruttori di pace’. Ogni bambino si confezionerà un cappello ‘da operaio’ con la carta da giornale, lo indosserà e poi, con un grande mattoncino Lego sul quale avrà scritto il proprio nome, edificheremo un ponte, segno dell’unità e della pace della quale abbiamo davvero bisogno».

Paura, preoccupazione e rabbia

Oggi che la guerra è, dunque, entrata nelle abitazioni di tante famiglie ticinesi e a loro volta nei figli che frequentano l’Oratorio, quali altri riscontri, sensazioni e comportamenti vengono raccolti? «I bambini che frequentano il nostro Oratorio vivono le notizie concernenti le guerre con sentimenti diversi; inizialmente con paura, preoccupazione e in alcuni casi anche con rabbia – ci fa sapere Marinella Giovannini, educatrice –. Con la ripresa delle nostre attività, i bambini con le loro preghiere spontanee chiedono la fine delle guerre». Mostrano più paura o speranza? «Dimostrano di essere uniti all’invito che papa Francesco ha inviato dal Bahrain dove ha ribadito "di non restare indifferenti, di fare lo sforzo di capirsi e di collaborare per il bene di tutti"».

Costruttori di pace, un insegnamento importante, come farlo vivere però ai bambini nella stretta quotidianità? «Iniziando – è la risposta dell’educatrice – con il nostro impegno quotidiano all’ascolto e al rispetto dell’altro. Essere perciò dei costruttori di pace vicino a noi e pregando per la pace di tutta l’umanità. Noi tutti diciamo basta alle guerre presenti nel nostro pianeta». Certo che non è sempre facile vivere un presente incerto, fra guerre e pandemie, e guardare con ottimismo al futuro, soprattutto per i più giovani: «Il bambino è per sua natura ‘invitato’ a guardare al futuro – non manca di ricordarci Marinella –. Spesso però questo futuro assume i toni di minaccia, anche e soprattutto a motivo dell’escalation belligerante a livello globale. I piccoli sentono questo timore che incide in modo significativo sulla loro serenità».

Per questo una strada per tornare a credere, con fiducia, nel domani è la condivisione e l’incontro. Ritrovarsi insieme per concretizzare la necessità di ciascuna persona di essere per prima costruttrice di pace. Quella famosa goccia nell’oceano.