Secondo il criminologo Franco Posa allievi, docenti e genitori devono poter far affidamento su una rete esterna per evitare situazioni spiacevoli
Domande e ancora domande si accumulano attorno al caso del direttore di una scuola media del Luganese arrestato a inizio mese. È accusato di atti sessuali con almeno due ragazze minori di 16 anni. Per il 39enne il giudice dei provvedimenti coercitivi ha stabilito due mesi di detenzione preventiva. L’uomo avrebbe ammesso i fatti e le giovani sarebbero state consenzienti, ma ciò non renderebbe meno gravi i fatti. Settimana prossima il Dipartimento educazione, cultura e sport (Decs) incontrerà le famiglie degli allievi che frequentano la scuola per rispondere alle loro domande e informarli sui prossimi passi che verranno effettuati per far fronte alla delicata situazione.
Negli ultimi giorni è emerso che in vari casi genitori e allievi avevano già espresso perplessità sul contenuto di alcune lezioni e su comportamenti inappropriati dell’uomo. A far discutere è principalmente un percorso formativo sull’affettività e la sessualità, proposto nell’anno accademico 2017–2018 dall’allora docente durante le ore di latino. Il tutto nell’ambito della sua tesi per l’ottenimento dell’abilitazione all’insegnamento presso il Dipartimento formazione e apprendimento (Dfa) della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (Supsi). Sempre in questo contesto aveva aperto una chat WhatsApp dove invitava gli studenti a parlare liberamente di sessualità. Da qui la domanda principale: le critiche di allievi e genitori sono state sottovalutate? Solo l’inchiesta della magistratura potrà rispondere a questo quesito e far luce sulla vicenda. Ma cosa può spingere un insegnante a oltrepassare certi limiti? Come si possono evitare queste situazioni? Lo abbiamo chiesto al criminologo Franco Posa.
Che idea si è fatto di questa vicenda?
Quella del docente è una figura professionale che ha grandi responsabilità. Questo percorso di avvicinamento empatico allo studente è francamente motivo di perplessità. Anche la scelta di aprire un gruppo WhatsApp con richieste su argomenti legati all’intimità è piuttosto discutibile. Una chat può essere uno strumento funzionale, ma anche un’arma.
Secondo lei sarebbe dovuto scattare un campanello d’allarme in occasione di quel lavoro di tesi e di quelle lezioni?
Col senno di poi è facile chiedersi come mai abbia scelto proprio un argomento legato alla sessualità. Il problema principale sta però nell’aver voluto esplorare l’intimità degli allievi. Un docente non ne ha il diritto. In questo caso è stato superato un limite. Però se non c’è uno strumento per capire che questo è un segnale d’allarme, se non c’è la struttura adeguata per sensibilizzare e contrastare ciò, diventa facile andare oltre e non dare il giusto peso alle critiche e alle segnalazioni.
Quale strumento suggerisce?
Gli insegnati devono essere formati a interpretare qual è il limite corretto da utilizzare nell’attività didattica e nei rapporti con lo studente. Per i docenti stessi, inoltre, ci deve essere una rete di supporto a cui chiedere consiglio e aiuto quando si ha il timore di star superando dei confini.
In secondo luogo è necessaria una supervisione esterna alla scuola, che in modo regolare si confronti con i docenti, con gli studenti, e soprattutto con i genitori. Questo è necessario affinché le anomalie non vivano in modo sereno e nel sommerso.
Parla di genitori, perché sono così importanti?
Spesso i ragazzi e le ragazze esprimono il loro malessere con segnali non espliciti, cambiando magari il loro comportamento o il modo di relazionarsi in famiglia, con gli amici, con la propria attività sportiva. Bisogna essere vicini ai genitori e spiegare loro che se accade ciò è un grido d’allarme che devono saper interpretare. Psicologi, psichiatri e altre figure di questo tipo sono utili per poter parlare e capire cosa sta succedendo.
Faccio un esempio: riguardo al bullismo e al cyberbullismo in tutta Europa ci sono équipes pluridisciplinari che si occupano non solo di contrastare queste situazioni, ma anche di sensibilizzare. Viene spiegato come comportarsi, a chi chiedere aiuto.
Tornando ai docenti, che tipo di sostegno può essere necessario?
La professionalità non è solo saper insegnare, è anche conoscere il buon rapporto tra studente e docente e saper riconoscere i limiti dall’una e dall’altra parte. Nel momento in cui il docente ha il timore di andare oltre a certi limiti, o non sa interpretare il suo desiderio nel farlo, deve sapere che è il momento di chiedere aiuto, di avere un chiarimento e un confronto. Questo fa parte della formazione di un docente. Quindi ci vuole una rete di sostegno, di formazione continua, di confronto con l’ambiente scolastico, con quello sociale, con gli studenti e con i genitori.
Il fatto che ci sia un rapporto non paritario tra allievo e docente, quanto può facilitare l’oltrepassare di certi limiti?
Tantissimo. Può accadere, non parlo del caso specifico, che la giusta quota di empatia che il docente utilizza per ottimizzare la propria attività diventi maligna. Cioè questo rapporto così stretto, la ricerca di intimità, di condivisione di perplessità molto personali, diventa lo strumento che a volte viene utilizzato per captare, per capire quale può essere la vittima più ideale per raggiungere un obiettivo che a volte è criminale.
Stiamo parlando di ragazzi e ragazze molto giovani.
La preadolescenza è una fase di fragilità immense: vivono dubbi, perplessità, novità, ansie da gestire. Ed è qui che la professionalità deve essere solida, rigida, rispettosa, capace di non andare oltre. Quando l’empatia viene utilizzata in un modo "maligno", si oltrepassa il confine. Si conquista la fiducia e poi la si tradisce per uno scopo personale, che potrebbe essere quello di trovare vittime.
Succede tutto in maniera conscia oppure si può parlare di una persona che ha bisogno d’aiuto?
Le vittime sono vittime e il rispetto è massimo, ma anche il soggetto autore di questi probabili reati è un fragile e una persona che ha bisogno di un aiuto immenso, che magari non è riuscito a dominare una pulsione. Il docente che si confronta con la fragilità dei suoi studenti deve prima di tutto saper cogliere le sue fragilità e saper chiedere aiuto nel momento giusto. Purtroppo questo non essere capace di identificare i propri limiti si può trasformare in un reato, che la cosa più grave in assoluto, ma può anche far parte di un bisogno d’aiuto. Per questo è necessaria, come dicevo, la giusta formazione e una rete di supporto.
È possibile che l’entourage protegga le azioni inappropriate di questa persona?
La letteratura americana indica che in ambito scolastico quando gli allievi sono molto giovani, il docente gode di buona reputazione come insegnante e come persona. Quando invece gli studenti sono adolescenti, i comportamenti inadeguati vengono già più criticati da genitori e allievi. In preadolescenza dunque il docente viene rafforzato nella sua eccellenza. Se qualcuno ha qualcosa da dire, spesso c’è subito un sistema riparativo nei confronti di questi comportamenti.
Esiste proprio un aspetto, che si chiama simulazione del gregario. Si tratta di un entourage che in modo inconscio insiste a non dare peso a certe segnalazioni perché "in fondo è una brava persona, è un bravo docente, vediamo come va".
Bisogna avere il coraggio di sottolineare fin dall’inizio questi piccoli o grandi episodi che hanno mostrato un comportamento anomalo del soggetto. Tralasciare un grido d’allarme vuol dire far crescere la dinamica di un crimine.
Nel caso in cui le vittime fossero consenzienti cambierebbe qualcosa?
Per trovare la risposta a questa domanda basta mettersi nei panni della vittima. L’etica e il rispetto tra le parti vengono prima del consenso. Stiamo parlando di una figura professionale qualificata che ha un’elevata responsabilità. È la persona con l’autorità che non deve superare il limite. Il consenso in questi episodi è qualcosa di molto virtuale: valgono altri aspetti.