Luganese

Bianchetti: ‘La perdita di Borradori ci ha disorientati’

Assieme a scuola e in politica, vicini di casa. A un anno dalla morte dell’ex sindaco, il ricordo del primo cittadino: ‘La Lega di Lugano sta soffrendo’

Gian Maria Bianchetti, presidente del Consiglio comunale di Lugano in carica
11 agosto 2022
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Un’amicizia, non intima, ma rispettosa. Un rispetto dettato dalla figura istituzionale che Marco Borradori ha rappresentato per un trentennio. Il filo che lega l’ex sindaco di Lugano e l’attuale primo cittadino si snoda per oltre cinquant’anni, dai banchi di scuola alla politica. Il ricordo di Gian Maria Bianchetti, a un anno dalla morte di Borradori.

Quando ha conosciuto l’ex sindaco?

Avevamo entrambi 10 anni. La mia famiglia abitava a Mendrisio, mio padre era primario di pediatria all’Ospedale Beata Vergine. Nel 1969 ci siamo trasferiti a Lugano, in via Gerso 3. Frequentavo la quinta elementare, la scuola era a poche centinaia di metri da casa, in via Massagno (negli stabili che oggi ospitano il Centro professionale commerciale, ndr). Ricordo che avevamo un docente molto particolare, Eliseo Polli di Brusino Arsizio, portava il pescato in classe per le lezioni di ambiente. Ed è lì a scuola che mi sono ritrovato in classe con Marco. Io non conoscevo nessuno. Non legammo subito, ognuno aveva la propria compagnia di amici, ma avevamo un amico in comune: Guido Castelli. In ogni caso ho un ricordo vivo di lui da bambino.

E che bambino era?

Era il classico bravo bambino. Un ragazzo tranquillo, molto posato. Ha sempre avuto questo modo di fare molto elegante, fin da piccolo, e l’ha mantenuto da adulto. Credo avesse preso il carattere dalla mamma, dalla famiglia Pelli: persone affabili, educate, con un bel modo di fare. Ed era particolarmente gentile, tutte caratteristiche che ha mantenuto con l’età adulta. Abbiamo frequentato poi lo stesso ginnasio, ma in classi differenti. Ci siamo ritrovati alcuni anni dopo.

Ossia?

Marco e la sua famiglia – papà Elio, mamma Claudia e fratello Mario – abitavano in via Pioda. A fine anni Settanta si trasferirono nel condominio Luisella dove abitavamo noi in via Gerso. Noi eravamo al quinto piano, i Borradori si insediarono al terzo. Al quarto c’erano i Castelli. Diventammo vicini di casa e le nostre famiglie fecero amicizia. I rispettivi genitori in particolare erano molto amici. Spesso si andava a cena o a pranzo gli uni dagli altri. C’era una bella compagnia, una gran convivialità nel condominio.

Ed è lì che avete fatto amicizia?

Sì. La nostra era un’amicizia rispettosa, ma non intima. Dovuta probabilmente anche a diverse personalità. Io ero un po’ uno ‘scavezzacollo’, lui era più studioso e diligente. Ci incontravamo comunque spessissimo, abitando nello stesso palazzo. Spesso ci si fermava alla sera, di rientro dalle uscite, a parlare con un altro amico in comune, Sebastiano Pellegrini. Marco all’apparenza era timido, discreto e riservato, ma in realtà aveva un carattere forte e deciso ed era in grado di imporsi quando era necessario farlo. Poi le nostre strade si sono separate di nuovo: lui ha terminato brillantemente gli studi di giurisprudenza a Zurigo mentre io, dopo qualche ripensamento, mi sono laureato nello stesso ambito a Milano.

Vi siete ritrovati però una terza volta, da adulti, in politica.

Proprio così. Peraltro, devo il mio interessamento alla Lega proprio ai Borradori. Fu in particolare il papà Elio ad avvicinarmi al ‘Mattino della Domenica’. Mi diceva: "lecc chesto", "varda chi". La mia famiglia non ha mai fatto politica attivamente, e oltretutto eravamo tradizionalmente vicini al Ppd. La conoscenza coi Borradori, la lettura del ‘Mattino’, gli ideali per certi versi molto innovativi e di rottura che portavano ossigeno a una politica che all’epoca era un po’ stantia e dettata sempre dai soliti, mi attirarono inducendomi a farmi avanti.

Come ricorda il Borradori politico degli inizi?

Ho seguito con entusiasmo la sua carriera politica, di fatto esplosa fin da subito. Il Nano (Giuliano Bignasca, ndr), che secondo me aveva un fiuto impareggiabile, aveva capito dal primo istante le sue potenzialità. Aveva capito che un profilo come il suo fosse adatto anche alla Lega della prima ora, che radunava diverse personalità particolari, spesso non contente del sistema e con un’indole volta al cambiamento. In questo contesto, Marco ha sempre mantenuto l’aplomb. E pur essendo molto giovane, riusciva a farsi rispettare. Così è diventato una delle giovani promesse della Lega. Secondo me, quando è entrato in politica, ha capito che era effettivamente la sua strada. Si è dimostrato pragmatico, capace, ragionevole, rispettoso degli altri. E calmo: l’ho visto arrabbiato davvero poche volte. Queste doti sono alla base del suo riscontro.

Doti che, dopo il Consiglio nazionale e il Consiglio di Stato, lo hanno portato al sindacato di Lugano.

Come ha ben detto Claudio Zali l’anno scorso, Marco era una delle figure di riferimento della vita luganese. Lo si vedeva frequentemente in città, in molti lo conoscevano e dimostrava quasi sempre grande disponibilità. Proprio la sua presenza fisica in centro città secondo me è una delle cose che più mancano e che a tanti è rimasta impressa di lui, più delle sue uscite pubbliche o degli impegni istituzionali.

A proposito di istituzioni, quanto si fa sentire la sua assenza nel Municipio attuale?

Non amo fare paragoni. Michele Foletti sta facendo bene e ha dato dimostrazione di aver ben lavorato con le finanze. C’è una differenza di approccio fra i due sindaci. Marco viveva il sindacato quasi come una missione, era coinvolto in numerosissimi enti e progetti, al punto da essere costantemente sollecitato. Foletti è un po’ più schivo, ma non ha responsabilità del vuoto lasciato da Marco.

La sua, è una scomparsa che si è andata ad aggiungere ad altre di peso negli ultimi anni, tra le fila della vecchia guardia leghista: i fratelli Giuliano e Attilio Bignasca, Michele Barra, Angelo Paparelli, per citarne alcuni.

Sono perdite che si stanno facendo sentire, che ci hanno lasciato tutti a bocca aperta. Come Marco, anche le altre citate erano figure politiche aggreganti. Secondo me, la morte di Borradori ancor oggi lascia disorientati. Ho il timore che oggi soprattutto la Lega di Lugano stia soffrendo molto. Credo sia necessario in questo momento fermarsi, riflettere e trovare una o più persone che tornino a fare da collante, che sappiano riportare entusiasmo.

Vede qualcuno che sia in grado di farlo attualmente?

Purtroppo in questo momento no.

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