Cinque indagati dovranno presentarsi al Tribunale di Lugano per rispondere dei reati di incendio intenzionale in Piazzetta San Carlo e tentata truffa.
Incendio intenzionale e tentata truffa che, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe potuto tradursi in un raggiro a sei zeri. Sono questi i reati principali di cui dovranno rispondere i cinque presunti autori dell’incendio scoppiato al White di Lugano il 12 febbraio dell’anno scorso. L’avvenuta estradizione del presunto autore del rogo – un 50enne campano – ha portato la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo a rinviare a giudizio, dinanzi a una Corte delle assise Criminali di Lugano, le cinque persone ritenute a vario titolo coinvolte. Il Ministero pubblico ha infatti comunicato che "gli accertamenti penali sono giunti a conclusione". Lo scopo dei presunti autori era quello di denunciare l’evento come un incendio accidentale per poi riscattare la polizza assicurativa. A confessare sono stati il commerciante, 43enne, un 34enne e un 47enne. A loro si aggiunge il 50enne campano, l’ultimo a essere arrestato a seguito di un mandato d’accusa internazionale emesso dalla Procuratrice.
Lo scopo degli autori era che l’incendio venisse archiviato dai pompieri di Lugano come un caso accidentale o scatenatosi per un sospetto cortocircuito. In questo modo, chi lo ha causato avrebbe potuto ottenere, dalla compagnia assicurativa, forse l’equivalente della merce presente all’interno del White portandosi a casa un bel malloppo. Ma i piani non sono andati come sperato. Sono infatti subito sorti i sospetti che l’incendio fosse intenzionale. Di fondamentale importanza per gli inquirenti è stato il sistema di videosorveglianza presente in centro città, come le videocamere private dei vicini commerci che confinano con il negozio di abbigliamento. Dalle immagini, come emerso durante l’inchiesta, si nota l’esecutore materiale del rogo: il 50enne campano in seguito identificato e arrestato dopo la fuga in Italia. Il mandatario, il commerciante del Luganese, gli chiese di disfarsi dei vestiti che si trovavano nel negozio, lasciandogli decidere in che modo farlo. Il 44enne gli ventilò così la possibilità di incendiare la merce. Detto, fatto. L’uomo appiccò il rogo con la classica azione delle taniche di benzina incendiate con l’accendino, bruciando senza ritegno i vestiti di marca che erano assicurati. Ad aggravare le responsabilità dell’ideatore del rogo, il fatto che il negozio era in perfetta salute finanziaria e che dunque lo scopo era unicamente quello di arricchirsi indebitamente. Il campano ha poi ammesso di aver tentato, complice del noto commerciante del Luganese, di truffare l’assicurazione per riscattare i soldi della polizza dalla copertura milionaria. E così il rogo, che avrebbe dovuto limitarsi agli indumenti di marca, si estese all’interno dell’Emporio. Infatti, vi furono anche danneggiamenti, altrettanto deliberati, al Cashmere Square di Via Nassa: un altro negozio di abbigliamento, anch’esso riconducibile alla stessa società.
Rispetto all’episodio del White, quanto accaduto al Cashmere è precedente. Si parla dell’estate del 2020. Da nostre informazioni, all’origine dei danneggiamenti vi sarebbe una contesa con la proprietà a causa di pigioni scoperte. Tensioni sfociate, sembrerebbe, in uno sfratto. Da lì a breve, i vandalismi. E come già nel caso del White, ci sarebbe il coinvolgimento di chi il negozio lo gestiva. Nello specifico, ad ammettere sostanzialmente le proprie responsabilità, sarebbe stato il figlio del noto commerciante. L’avvocato Pascal Frischkopf, legale della proprietà dello stabile che ospitava il negozio, da noi contattato nel novembre scorso, ci ha confermato che a causa dell’accaduto è aperto un contenzioso civile da diverse decine di migliaia di franchi, fra affitti non pagati e danni, che la proprietà chiede agli ex inquilini. Importi che tuttavia, secondo nostre informazioni, la controparte contesterebbe parzialmente. Anche i danneggiamenti al Cashmere Square sono oggetto dell’inchiesta coordinata dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo. È possibile che un’ulteriore ipotesi di reato si aggiunga all’atto d’accusa, qualora siano valutate delle responsabilità penali nei danneggiamenti al Cashmere.