Inflitta una pena di due anni e otto mesi (parzialmente sospesa) per spaccio, importazione e lavorazione illegale di farmaci
Non un caso di spaccio qualunque quello discusso oggi alla Corte delle Assise criminali di Lugano. Una sorta di rivisitazione ticinese del personaggio Walter White, o meglio conosciuto come Heisenberg della serie tv statunitense Breaking Bad. L’imputato, un 31enne luganese, studente all’Università di chimica farmaceutica, è stato processato con l’accusa principale di infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacenti per aver preso parte a un traffico illegale di farmaci tra l’aprile 2009 e il luglio 2016. La peculiarità del caso non è però riconducibile al "solo" spaccio di sostanze psicoattive, droghe e medicamenti, ma risiede nelle conoscenze chimiche dell’imputato, che gli hanno permesso di produrre e sintetizzare 25 grammi di Ghb, un acido noto per la capacità di ridurre la forza di reazione di chi lo assume. La Corte presieduta dal giudice Mauro Ermani ha condannato l’uomo a due anni e otto mesi di carcere, di cui 26 mesi sospesi condizionalmente per un periodo di prova di tre anni e sei da espiare. Da definire ancora se potrà scontare il resto della pena (aveva già trascorso quattro mesi al fresco) in condizione di semiprigionia o dedicandosi a lavori di pubblica utilità.
L’imputato, complice di un cittadino tedesco, si occupava di smerciare su un sito internet i farmaci che arrivavano a casa sua. Le sostanze variano tra metilone, fluoroamfetamine, Ghb, Oxycodone, Tramadol, 3-Dmmc, e Fentanyl. La marijuana non è esente dalla lista: veniva coltivata dallo stesso e spacciata per un totale di 235 grammi. Ma gli affari del giovane Heisenberg non si limitano al territorio elvetico. I pacchi provenivano spesso dalla Gran Bretagna, dalla Germania, dall’Italia e addirittura dalla Cina. A interessarlo in particolar modo era un farmaco importato proprio da quest’ultimo Stato, il Fentanyl, che ordinò in quantità tutt’altro che esigue. Si tratta di un oppiaceo sintetico estremamente potente, più della morfina, che sul mercato nero viene utilizzato in sostituzione di eroina e cocaina. «Se tutto è cominciato come un’autosperimentazione – ha affermato l’imputato di fronte alla Corte – è degenerato in un abuso. Assumevo Fentanyl come sostanza primaria. Mi sono assuefatto al consumo sistematico di oppioidi, il mio bisogno è aumentato, e questo mi ha spinto a ordinarne in grandi quantità».
Fu proprio per il sequestro di un sostanzioso (e sospetto) quantitativo di Fentanyl che, nel 2016, il giovane (allora 25enne) venne arrestato. Ma secondo l’accusa, rappresentata dalla procuratrice pubblica Pamela Pedretti, la sostanza era destinata alla vendita nell’ambito del progetto ideato dall’uomo e denominato Ithaca – ancora in fase di sviluppo – che prevedeva la commercializzazione online e nel deep web. «L’imputato – ha affermato la pp durante la requisitoria – ha sviluppato Ithaca in maniera cosciente e non delirante come ha invece dichiarato, immaginandosi che diventasse la sua futura attività professionale. La collaborazione con il suo socio tedesco è finita quando quest’ultimo è stato arrestato nel 2012, ma il fermo non lo ha trattenuto dal creare una nuova strategia. L’imputato, conoscendo la materia, era consapevole della pericolosità delle sostanze e le vendeva a puro scopo di lucro. Ma ciò che preoccupa è che le ha offerte ai propri amici per testare che effetto avessero su di loro».
«Non si tratta di un caso di spaccio classico e non si deve paragonarlo ad altri. L’imputato non ha mai venduto sostanze a terze persone che non fossero parte della sua stretta cerchia di amici, i quali erano interessati alle droghe che egli procurava loro. Inoltre, egli deteneva sempre un certo controllo e vendeva loro solo determinate quantità. Non è mai stata sua intenzione mettere le loro vite in pericolo, era estremamente preparato riguardo a cosa vendeva. La sua passione per la chimica gli permetteva di conoscere molto bene i rischi», ha invece evidenziato l’avvocato della difesa Marco Cocchi. «Per quanto riguarda il Fentanyl egli era convinto che solo lui stesso potesse assumerlo e gestirlo. Sull’astuccio che conteneva la sostanza vi erano scritte chiare indicazioni come "danger", "non ingerire", e che era pericoloso, indicando perfino il suo numero di telefono nel caso in cui qualcuno lo avesse trovato. Questo perché era assolutamente cosciente della pericolosità del farmaco».
La difesa ha inoltre sottolineato che l’imputato «si è avvicinato al Fentanyl per motivi di salute, e gli è stato prescritto da un medico. Da lì è iniziata la discesa verso gli inferi che si è fatta particolarmente ripida. Oggi è una persona nuova, e un ulteriore periodo di prigionia avrebbe effetti devastanti sulla sua persona e romperebbe l’equilibrio che si è creato. Non ha l’animo criminale ed è pentito di quello che è successo». Parole che a priori sono state pronunciate dallo stesso imputato: «Se sono qui oggi è anche grazie a quello che è successo. Ho visto la carcerazione e la condanna come un’ancora di salvezza. È stata – come la definisco io – una sberla morale che sicuramente mi ha spinto a effettuare un cambio di carreggiata totale. Se non fosse successo la mia vita sarebbe stata a rischio. Ho fatto fatica a sopportare la detenzione ma con il senno di poi mi rendo conto che quei mesi sono stati terapeutici: ho avuto tempo per pensare e ridimensionarmi. La prigione è stata il fulcro del mio cambiamento e sono grato che le cose si siano allineate in questo modo».
Il presidente della Corte ha inflitto la pena affermando che l’imputato «disponeva di tutti gli strumenti intellettuali ed economici per non imbarcarsi in attività illecite. La sua colpa è grave. Egli ha venduto, prodotto e offerto sostanze non comunemente note, esponendo quindi maggiormente a rischio il cliente che non conosceva i rischi correlati all’assunzione o ai dosaggi. L’attività illecita è stata importante, e ha investito tutte le sue energie nel commercio illegale».