Luganese

Assolto assistente di cura accusato d’aver soffocato paziente

Proscioglimento alle Criminali di Lugano. I giudici credono alla versione dell’imputato. La pubblica accusa ricorrerà in Corte di appello

Prosciolto dalle accuse il 50enne di Lugano
(Ti-Press/Archivio)
20 giugno 2022
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Prosciolto dall’imputazione secondo il principio ‘in dubio pro reo’ un assistente di cura 50enne del Luganese accusato di esposizione a pericolo della vita altrui nei confronti di un utente (deceduto un mese dopo per cause naturali) di una casa per anziani di Lugano il 23 marzo del 2018. La vicenda è approdata in aula penale oggi davanti alla Corte delle Assise criminali di Lugano, presieduta dal giudice Marco Villa (giudici a latere Aurelio Facchi e Luca Zorzi). Corte che non ha però raggiunto il massimo convincimento nella tesi esposta dalla procuratrice pubblica, Valentina Tuoni. Le ragioni dell’assoluzione? Mancanza di credibilità e coerenza nella versione dei fatti presentata dalla collega dell’imputato che ha dato via alla denuncia. Secondo la pubblica accusa, l’imputato, mentre stava mettendo a letto l’ospite di 92 anni, avrebbe posto in imminente pericolo di vita l’anziano. Il 50enne era accusato di aver messo sul volto dell’ospite un cuscino e di averlo tenuto premuto per almeno venti secondi, precludendone quindi la respirazione e facendolo diventare paonazzo, cagionandogli così il gonfiore delle vene della fronte.

Versioni divergenti

L’imputato, rappresentato dall’avvocato Nadir Guglielmoni, si è ripetutamente dichiarato innocente, contestando i fatti e l’imputazione. Durante l’interrogatorio da parte del presidente della Corte, il 50enne ha raccontato la propria verità: «Quel giorno ho aiutato una collega a mettere a letto l’anziano. Sapevamo che era un caso delicato e difficile. Lo abbiamo messo a letto e spogliato: la collega gli reggeva le gambe, io mi sono occupato di tenergli i polsi mentre gli venivano sfilati i pantaloni. Solo che all’improvviso l’uomo ha alzato il busto e io, per paura di essere morsicato, d’istinto, ho preso il cuscino e l’ho infilato tra i polsi e il viso dell’anziano. Il mio è stato un gesto di pura difesa istintiva. Il tutto è durato tra i cinque e i sei secondi al massimo e il paziente si è subito tranquillizzato sentendosi a letto».

‘Colpa grave e disprezzo per la vita altrui’

A riferire alla direzione l’accaduto sarebbe stata un’altra collega che avrebbe invece visto l’imputato premere il cuscino sul volto del paziente. A questo punto è poi partita l’inchiesta che ha visto il 50enne sospettato di esposizione a pericolo della vita altrui. Una segnalazione che, secondo la procuratrice pubblica Valentina Tuoni, era «dettata da uno stato emotivo di shock compatibile con quanto dichiarato nella denuncia. L’imputato nell’ambito dell’inchiesta ha riconosciuto di aver usato il cuscino ma non nelle modalità descritte dalla testimone, ma per difendersi da eventuali morsi durante la fase d’allettamento. L’utente, in quel momento – ha precisato la pp –, non indossava neanche le protesi dentali, e questo indica la scarsa credibilità dell’imputato. Si tratta di una colpa molto grave e di un totale disprezzo nei confronti della vita altrui, soprattutto delle persone affette da declino cognitivo. Il movente era assolutamente futile se si considera il pericolo creato e non si potevano certo intravedere motivi di inimicizia tra la testimone e l’imputato» tali da far credere a una denuncia per motivi personali. La proposta di pena richiesta dalla pp è stata di tre anni di detenzione, dei quali sei mesi da espiare e i rimanenti 30 mesi sospesi condizionalmente per un periodo di prova due anni. Alla requisitoria si è allineato anche l’accusatore privato, ovvero il figlio dell’utente ormai deceduto, che, una volta venuto a conoscenza dei presunti gravi maltrattamenti inferti a suo padre, non ha esitato a denunciare il caso al Ministero pubblico.

Vittoria della difesa, rappresentata dall’avvocato Nadir Guglielmoni. Il legale durante il suo intervento ha messo in rilievo molte incongruenze nelle dichiarazioni e nelle tempistiche del presunto maltrattamento. «Venti secondi senza respiro, per una persona anziana e in quelle condizioni sono troppi. Inoltre l’organico della casa di cura ha dimostrato insufficienza nel gestire un reparto e soprattutto mancanza di formazione». L’imputato ha dal canto suo dichiarato di non aver svolto nessun corso o serata informativa per la gestione di pazienti difficili ed è pertanto possibile – come ha pure concluso la difesa – che non abbia saputo reagire nel modo più adatto, ma senza incorrere in un reato.

Il verdetto di proscioglimento

In sede di sentenza, sulle tempistiche dell’accaduto, il giudice Villa ha accolto la tesi difensiva: «Venti secondi sono inverosimili. La dichiarazione dell’imputato è stata lineare e non peregrina, con una certa logicità. Per una pena di tre anni sono necessarie prove più concrete e non solamente un verbale di una testimone. Con un cuscino come quello della casa di cura è difficile riuscire a vedere il volto nascosto sotto di esso. In più, la testimone, in quanto operatrice sanitaria, sarebbe dovuta intervenire, cosa che non ha fatto. Si tratta di omissione di soccorso sanitario e inoltre non ha verificato le condizioni di salute del 92enne». L’imputato è stato così assolto. Contro il verdetto, la pp Tuoni ha preannunciato di voler ricorrere in Corte di appello.