Dalla ‘Lugano da bere’ alla condanna per malversazioni finanziarie, passando dal dissesto Hottinger e dal volontariato in Camerun
Dai fasti e il lusso dei giorni migliori della piazza finanziaria di Lugano al ritrovarsi, oggi, senza un tetto. Tanto da richiedere di trascorrere un’altra notte in prigione alla Farera (dove si trova in detenzione da 161 giorni), nonostante la scarcerazione. È la parabola, che passa dal volontariato in Camerun, vissuta da Alfonso Mattei, 59 anni, ex dirigente bancario, già coinvolto e condannato dal Tribunale penale federale (contro cui è stato presentato ricorso), nel procedimento penale legato al fallimento della Hottinger (cfr. ‘laRegione’ del 5 febbraio 2022). L’uomo è comparso oggi di nuovo in aula penale, stavolta di fronte alla Corte delle Assise correzionali di Lugano, presieduta dal giudice Siro Quadri. Nei suoi confronti, il procuratore pubblico Andrea Gianini ha ipotizzato una serie di reati finanziari ai danni di un imprenditore brianzolo che, alla fine del 2007, gli affidò un milione e mezzo di euro (al cambio di allora, quasi 2,5 milioni di franchi), affinché il denaro venisse investito in un’operazione immobiliare a Viganello, in vista di un eventuale acquisto di un appartamento da parte del cliente. Al termine della requisitoria, Gianini ha chiesto una pena di 15 mesi di prigione, sospesa con la condizionale per un periodo di tre anni.
Il giudice Quadri ha confermato la richiesta formulata dall’accusa e ha inflitto al 59enne una condanna per appropriazione indebita, amministrazione infedele e riciclaggio di denaro. I fatti sono vicini alla prescrizione e, come detto, risalgono al periodo che va dalla la fine del 2007 e i primi mesi dell’anno successivo, quando un imprenditore brianzolo attivo nel settore del metallo gli diede parecchio denaro. Soldi che però non sono stati usati come avrebbero dovuto. Peggio: buona parte sono spariti, dopo che l’imputato li ha fatti confluire in una società offshore, con sede nelle Isole Vergini britanniche. L’operazione immobiliare avrebbe dovuto essere gestita da una società che, seppure in liquidazione da oramai il 2014, nel dicembre di due anni fa è stata condannata a risarcire l’imprenditore italiano di 1,5 milioni di euro dalla seconda Camera di Tribunale d’appello. Una sentenza rievocata diverse volte in aula penale, perché, come ha sottolineato il giudice, conferma una gestione del denaro, da parte dell’imputato, non conforme a quanto pattuito con il cliente italiano. Non solo. Quanto ha deciso la seconda Camera di Tribunale d’appello, rappresenta una prova di illecito agli occhi di Quadri, che ha riconosciuto le pretese avanzate dall’avvocato Gianluca Dosi, patrocinatore dell’accusatore privato, allineatosi alla requisitoria del pp Gianini.
Dal canto suo, in aula penale, l’imputato ha, nella sostanza, riconfermato la sua versione dei fatti fornita agli inquirenti durante l’inchiesta scattata dopo il suo arresto avvenuto il 25 novembre scorso nel Canton Turgovia, a seguito del suo rientro clandestino dall’Africa e su mandato di cattura spiccato dal Ministero pubblico. Mattei ha contestato i reati prospettati dall’accusa. Tra vari non ricordo, per via del lungo tempo trascorso dai fatti, ha comunque pure riconosciuto, almeno in parte, di aver sbagliato. Sostiene tuttavia di aver già risarcito l’imprenditore italiano. Sia con somme in contanti, sia attraverso azioni di una società mineraria australiana, la Astra, il cui nome è già ripetutamente emerso nel procedimento penale sul dissesto della Hottinger. Società che di fatto è stata dichiarata fallita nel 2015 dalle autorità australiane. Da quanto emerso, le azioni di Astra si sono dimostrate farlocche e il fatto che siano state rifilate all’investitore italiano non ha sicuramente giocato a favore di Mattei, che si è difeso affermando di aver ceduto a un amico immobiliarista luganese per portare avanti l’operazione di Viganello. Soldi peraltro prelevati in contanti, di cui successivamente si sono perse le tracce.
A contribuire al lungo tempo trascorso dai fatti è stato anche il ritardo del cliente italiano, che ha formalmente sporto denuncia penale al Ministero pubblico soltanto nel dicembre 2019. L’avvocato Marco Cocchi, legale di Mattei, nell’arringa, ha contestato la maggior parte dei reati sostenuti dall’accusa. Le sue tesi non hanno però convinto il presidente della Corte delle Assise correzionali di Lugano, che ha messo in evidenza la mancata assunzione di responsabilità di Mattei. L’imputato, ha rimarcato Quadri, aveva pure firmato contratti nulli e sottoscritto documenti a nome della società che avrebbe dovuto portare a termine l’operazione immobiliare, nonostante non fosse più l’amministratore unico della stessa.