L’Eoc condannato nel 2019 per l’errore medico durante la fase preparatoria di una Tac, tornerà davanti alla Corte di Appello il 13 maggio
Quintina. Il processo infinito sul caso di contagi di epatite C avvenuto all’ospedale Civico di Lugano il 19 dicembre 2013 conoscerà a breve un’altra puntata. L’ennesima. Dopo la nuova condanna (nel lungo iter c’era stato anche un annullamento della pena) a una multa di 60mila franchi per il reato di lesioni colpose per carenze organizzative, inflitta all’Ente ospedaliero cantonale (Eoc) il 31 luglio 2019 dall’ex giudice della Pretura penale, Siro Quadri, la vicenda giudiziaria approderà venerdì 13 maggio, dopo il ricorso dell’avvocato difensore, Mario Molo, che si è sempre battuto e ancora si batterà per il proscioglimento, davanti alla Corte di appello e revisione penale con nuovi giudici: Angelo Olgiati (presidente), Manuela Frequin Taminelli e Attilio Rampini (a latere).
La vicenda è nota. Rimane invece tuttora sconosciuto, perché mai individuato dall’Eoc, l’operatore sanitario del nosocomio luganese – ed è questo uno dei nodi della disputa giudiziaria – che quel gelido giorno di dicembre commise il clamoroso errore medico, che aveva avuto come conseguenza il contagio di quattro pazienti. L’operatore sanitario, nell’ambito di un esame di Tomografia assiale computerizzata (Tac) ha aspirato la soluzione fisiologica da un flacone sterile multiuso iniettandola nella vena di un paziente. Riutilizzando la stessa siringa per aspirare altra soluzione dallo stesso flacone, il misterioso operatore aveva contaminato il contenuto. Di qui il contagio, dal momento che il primo paziente era affetto da epatite C, di quattro pazienti, nel frattempo guariti dopo le cure fornite gratuitamente dall’Eoc. Ente, rappresentato in aula dal suo direttore, Giorgio Pellanda, che contesta il reato penale. Sosterrà l’accusa, il pp Moreno Capella.