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Lugano, un nuovo altare per la basilica del Sacro Cuore

L’assemblea della parrocchia concede il credito per realizzare il presbiterio che abbraccia i fedeli e rinforza il senso comunitario della celebrazione

Il modello del nuovo presbiterio (altare e ambone)
(Don Italo Molinaro)
24 febbraio 2022
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A cent’anni dalla posa della prima pietra, il nuovo presbiterio rappresenta il completamento della basilica del Sacro Cuore. La chiesa è un bene tutelato a livello cantonale, è molto apprezzata e, dopo la cattedrale di Lugano, è il luogo dove vengono tenute le celebrazioni più rilevanti. Ieri sera, l’assemblea della parrocchia di Lugano, riunita nella cripta, ha dato il via libera, quasi all’unanimità (su 43 votanti, un solo astenuto), ai 283’000 franchi necessari per i lavori. Da diversi mesi, all’interno della basilica c’è un modello in scala 1:1 (vedi immagine) che mostra come cambierà l’area dell’altare e dell’ambone.

Ma, per quali motivi, si è voluto un intervento del genere? È il parroco don Italo Molinaro, che ieri sera ha presentato il progetto, a illustrarci i contenuti di un messaggio che non ha mancato di far discutere: «La basilica risale a un secolo fa e venne costruita in un’altra epoca, nella quale, anche il senso del culto cristiano, era diverso e meno comunitario. Questo si rispecchiava nella struttura interna delle chiese, molto verticistica, compresa la basilica del Sacro Cuore – risponde don Italo Molinaro –. Invece, con la riforma della liturgia del Consiglio Vaticano II, si è recuperato un senso più sociale e comunitario della celebrazione del culto cristiano. Da quel momento, anche le chiese presenti in Ticino sono state riadattate. Sono arrivato in questa parrocchia tre anni e mezzo fa e ho subito avvertito la necessità di riprendere questo discorso, proprio perché il mio proposito è quello di avere una comunità che sia viva in una città per certi versi anonima come Lugano. Il fatto che il culto possa esprimere o educare a questo tipo di sensibilità mi è parso importante. Per farlo, abbiamo bisogno di quest’area concepita in modo nuovo».

Alla basilica del Sacro Cuore, per svariati motivi, i passi in tale direzione sono cominciati, con l’eliminazione delle barriere interne, ma non si è mai arrivati a progettare e costruire un’area per la celebrazione adatta alle sensibilità odierne. Sono stati fatti tanti tentativi, tutti sfumati. Fino alla richiesta di credito accettata dalla maggioranza dell’assemblea ieri sera. Come nasce e si è sviluppato questo progetto? «Il progetto è nato alcuni anni fa, dopo un lungo periodo di riflessione e di confronto, con un gruppo di lavoro, l’architetto Edy Quaglia, che ha ricevuto il mandato dal Consiglio parrocchiale, e l’artista ticinese Paolo Foletti». Un iter lungo e complesso, tra esigenze di conservazione e l’elaborazione di un progetto condiviso. «Un progetto che ha superato con successo, i diversi livelli di garanzia – spiega il parroco –. Sono stati coinvolti anche l’Ufficio cantonale dei beni culturali, visto che la basilica è tutelata, e la commissione diocesana di arte sacra. La soluzione individuata ottempera sia i vincoli di salvaguardia, sia i criteri spirituali, religiosi e funzionali».

In parrocchia, alcuni si chiedono se sia davvero una spesa necessaria e se dopo la pandemia non ci si debba concentrare su altri temi. L’intervento è una priorità in questo periodo post-pandemico? «È normale che ci siano critiche, ma l’intervento non è improvvisato. Uno dei passaggi più importanti del lungo iter del progetto, è stato circa un anno fa, quando abbiamo sottoposto ai fedeli e a tutti coloro che volevano partecipare, un questionario sui vari aspetti della vita della parrocchia, tra i quali una domanda legata all’esecuzione di questi lavori che già si potevano intravvedere grazie a un modello che mostrava il risultato dell’intervento. Ebbene, su un centinaio di risposte ricevute, il 75-80% di persone hanno accolto favorevolmente la proposta. Un’indicazione incoraggiante, per noi. La costruzione della basilica venne cominciata cent’anni fa dopo un devastante periodo di pandemia (di influenza Spagnola), che in Ticino aveva causato circa 30’000 morti. Il canonico Annibale Lanfranchi ebbe il grande coraggio di costruire un edificio del genere a Molino Nuovo, in mezzo ai prati», ricorda don Italo Molinaro.

Non solo. «La maggior parte dei fondi a disposizione è destinata ai lavori e sono vincolati, per volontà testamentaria, a un progetto di presbiterio nella basilica. Non è che potremmo spendere in altro modo i soldi che abbiamo ricevuto tramite questi lasciti e le offerte specifiche (ndr. 185’000 franchi). Per il restauro di alcuni affreschi realizzati negli ultimi due anni, mi ha stupito la generosità e la disponibilità di parecchie persone che hanno donato diverse decine di migliaia di franchi in un momento complicato, a cavallo tra il 2020 e il 2021. Un buon segnale che dimostra l’interesse della popolazione per questo tipo di progetti».