Con l’introduzione delle nuove disposizioni in materia di pandemia anche parroci e sacerdoti sono chiamati a rivedere accessi e controlli alle chiese
Non solo ristoranti, cinema o palestre. Ostaggio del coronavirus sono soprattutto in queste ultime settimane anche le chiese. Con l‘introduzione del Covid Pass ‘rinforzato’, parroci e sacerdoti si vedono costretti a ripensare l’accesso alle celebrazioni dei fedeli, predisponendo maggiori controlli e scontentando, forse, anche qualcuno. È davvero così? O la fede è più forte di un vaccino? Domande che abbiamo girato al vicario generale, monsignor Nicola Zanini.
In Svizzera, dallo scorso 20 dicembre il Consiglio federale ha emanato nuove disposizioni che riguardano anche le manifestazioni religiose e i luoghi di culto, introducendo il Covid Pass 2G per celebrazioni con più di 50 persone. Come ha accolto la Curia di Lugano questa decisione?
La presentazione di un certificato Covid è una misura introdotta già il 13 settembre 2021. Dal 6 dicembre 2021 si è aggiunto l’obbligo per tutti i partecipanti a una celebrazione al chiuso, di indossare una mascherina facciale. Dal 20 dicembre 2021, invece, alle celebrazioni con più di 50 persone, l’accesso è limitato alle persone vaccinate o guarite (2G). Sin dall’inizio della pandemia, la Curia ha accolto le misure decise dalle preposte autorità federali e cantonali con spirito di collaborazione e in modo propositivo. Soprattutto considerando che queste misure, pur difficili, sono volte a garantire ai fedeli, compresi i non vaccinati, l’accesso ai luoghi sacri e l’esercizio della libertà di culto con la necessaria prudenza, dato il contesto di insicurezza sanitaria. Siamo convinti che anche per le autorità civili non sia facile compiere tali scelte. Chi ha un compito di responsabilità, come il nostro, sa che in questo momento storico, una volta di più, ci viene chiesto di collaborare pensando al bene di tutti. È anche questo un modo per esprimere la carità del Vangelo.
Avete avuto riscontri da parte dei parroci su questa imposizione.
Abbiamo ricevuto domande per meglio comprendere come applicare talune direttive a casi concreti. In generale, i parroci e i Consigli parrocchiali prendono molto sul serio questa situazione. Sono molto rari i riscontri negativi da parte dei sacerdoti.
Credete che possa influire negativamente sulla partecipazione alle Messe?
Alcuni fedeli ci hanno espresso le loro perplessità. A noi il compito di far comprendere l’importanza di adeguarsi alle normative vigenti. Desideriamo che queste norme non diventino un pretesto per non partecipare alle Celebrazioni. Anche per chi non può o non vuole vaccinarsi, sono garantite le Sante Messe – e sono tante – al di sotto delle cinquanta persone.
In Italia, diversamente, non serve alcun Pass per entrare in una chiesa. In Svizzera, e dunque in Ticino, con meno di 50 persone vige comunque l’obbligo di tracciamento dei contatti. Vi è difficoltà nel reperire personale per questo scopo?
La responsabilità di controllo è di competenza della Parrocchia. Sappiamo che sono tante le persone che si sono messe volontariamente a disposizione per aiutare i Consigli parrocchiali nell’osservanza delle disposizioni. Siamo grati a tutti!
Vi sono stati casi di parroci che hanno preferito non celebrare la Messa?
Assolutamente no. Abbiamo casi – molto rari – in cui i sacerdoti hanno potuto celebrare solo con un massimo di 50 persone. Per celebrazioni con un maggior numero abbiamo chiesto loro di trovare un sostituto adeguato, garantendo così celebrazioni regolari nelle parrocchie.